I nostri speciali: “Il calcio dei socialisti dell’Est tedesco”
Gen 1, 2025

Il 9 novembre 1989 veniva abbattuto il Muro di Berlino, che di fatto pose fine alla Cortina di ferro che aveva diviso le democrazie occidentali dal blocco comunista.

Quell’ostacolo di cemento aveva diviso in due parti contrapposte non solo Berlino, ma un intero continente, sport compreso.

La Germania Est è ancora ricordata con l’acronimo di DDR, per quanto riguarda il calcio il suo massimo campionato si chiamava Oberliga.

Tante ombre si sono sempre addensate sulla DDR, spiata e dominata dalla polizia segreta Stasi, che di fatto proteggeva la Dynamo Berlino, che doveva sempre vincere. Ma a volte non ci riusciva, perché di mezzo c’erano anche il forte Carl Zeiss Jena e il Magdeburgo, che riuscì a vincere la Coppa delle Coppe contro il Milan.

C’erano anche calciatori che tentarono di scappare da quel regime, alcuni ci riuscirono, ma poi morirono in situazioni molto dubbie, come Lutz Eigendorf. Oppure dimenticati come Jürgen Sparwasser, che segnò la rete che permise alla Germania dell’Est di sconfiggere la Germania dell’Ovest in casa sua, al Mondiale del 1974. Quell’impresa fu dipinta come un colpo al cuore del capitalismo.

Con questo speciale, vi proponiamo un breve ma interessante viaggio nella DDR di allora, attraverso una serie di articoli pubblicati in questi anni

a cura di Mario Bocchio

Il Planitzer SC era una società sportiva tedesca con sede nell’allora sobborgo di Planitz a Zwickau. La sua squadra di calcio giocò nella Gauliga Sachsen dal 1933 al 1944 e raggiunse i quarti di finale del campionato tedesco nel 1942. Il club utilizzava l’impianto Westsachsenkampfbahn, che aveva una capacità di 30.000 spettatori.

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Il Vorwärts Berlin era la squadra dominante nel primo calcio della DDR e, sino alla metà degli anni Sessanta, è stato il club che aveva il maggior numero di titoli vinti. Oggi solo poche persone conoscono i grandi successi. Anche durante il periodo di massimo splendore del Vorwärts, altre squadre erano più popolari a Berlino Est.

Le squadre di calcio berlinesi hanno stabilito record (alcuni negativi), prodotto innumerevoli professionisti e assicurato partite indimenticabili. Alcuni di questi club berlinesi oggi non esistono più. Oggi parliamo del poco conosciuto Vorwärts Berlin.

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Di questa partita è già stato detto tutto, ma permetteteci di aggiungere un altro tassello. È il 22 giugno 1974 ad Amburgo. Il Volksparkstadion ospita l’ultima partita del Gruppo I. Si affrontano le due Germanie (già qualificate alla fase successiva). La questione non riguarda solo l’ambito sportivo per i leader della Germania dell’Est, che cercano così di stabilire la superiorità del blocco dell’Est sull’orco imperialista occidentale, prendendo il calcio come testimone e-o in ostaggio. Il nemico dell’Occidente, più calcolatore e subdolo nella conquista del Graal, si prende poco gioco della politica e del muro che separa i due blocchi. I tedeschi dell’Ovest vogliono vincere la Coppa del Mondo in casa. Ma per questo vorrebbero evitare Brasile e Olanda al secondo turno.

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Grazie al suo storico gol contro la Germania Federale durante il duello fratricida tra le due Germanie ad Amburgo, durante i Mondiali del 1974, Jürgen Sparwasser divenne una sorta di eroe. Un simbolo della lotta contro il fascismo e il capitalismo come ci piace immaginarla nei paesi dell’Est nell’era dei due blocchi. Non proprio un vantaggio per chi compone più che collabora con il regime – il SED (il Partito Socialista Unificato di Germania)  – che sfrutta temporaneamente questo successo, essendo l’impatto delle Olimpiadi più importante agli occhi dei dirigenti della DDR con la presenza di atleti americani, visti come il male assoluto del capitalismo.  “Si diceva che fossi stato riccamente ricompensato con un’auto, una casa e un bonus in denaro, ma questo non è vero” dice ancora oggi Jürgen Sparwasser, che ha sempre preferito il calcio alla politica, non era un sostenitore del partito né dei suoi metodi e ha pagato a caro prezzo la sua mancanza di lealtà poco prima della caduta del Muro, 15 anni dopo la sua impresa perduta negli archivi della Stasi per molto tempo.

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Il Wacker Berlin era un grande protagonista negli anni ’70. Anche perché a bordo campo a Reinickendorf c’erano spesso allenatori di successo. Ma nella gara decisiva per la promozione in Bundesliga si è verificata una “catastrofe”, dice il biografo del club Markus Franz.

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Il 31 luglio 1976, il calcio della Germania dell’Est ha vinto il suo più grande titolo, ai Giochi Olimpici di Montreal. Al centro del nostro racconto c’è Reinhard “Mäcki” Lauck, colui che spense Overath e Netzer.

“Il paziente è morto tre settimane dopo l’operazione senza mai riprendere conoscenza”. Così in modo pratico venne comunicata la morte di Lauck nell’ottobre 1997 dal dottor Rainer Klötzer dell’ospedale di Berlino-Friedrichshain. Lui era ancora nel sentire comune il campione olimpico con la nazionale di calcio della Germania dell’Est nel 1976. All’epoca lo chiamavano solo “Mäcki”, ora era solo “il paziente”.

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Dopo la prima partita alle Olimpiadi del 1976, i calciatori della DDR erano ancora considerati “una vergogna per il Paese”. Ma solo pochi giorni dopo, i superiori furono finalmente soddisfatti, grazie a un trionfo inaspettato.

Il torneo più importante nella storia del calcio della Germania dell’Est era iniziato da poche ore quando Manfred Ewald si fermò davanti ai contriti giocatori della nazionale. Il presidente capo del Comitato olimpico della Germania Est  aveva visto un pareggio a reti inviolate tra la sua nazionale e il Brasile all’inizio della competizione olimpica di calcio del 1976, e minacciava di porre fine all’intera squadra, che “è stata una vergogna per il paese “, con il rischio di vedere la squadra estromessa. Certo, i giocatori sapevano che non sarebbe stato possibile, ma non era comunque divertente vedere l’uomo più potente dello sport della Germania dell’Est così arrabbiato.

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Harald Irmscher ha sempre con sé la sua macchina fotografica. Sud America, Londra, Vienna, come calciatore della RDT ha avuto il privilegio di viaggiare tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, “e volevo mostrare ai miei genitori e fratelli che erano a casa come sono questi paesi”. Prima le foto in bianco e nero, poi le diapositive a colori. Con le sue foto, Irmscher porta a casa questo mondo irraggiungibile.

Ha anche fotografato con questa macchina fotografica il 6 settembre 1972. Ha fotografato un evento mondiale, momenti che rappresentano una profonda svolta nella storia dei Giochi Olimpici. La sua macchina fotografica cattura gli eventi dell’attentato olimpico a Monaco.

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Quando Chérif Souleymane viaggiò dalla Guinea alla Germania dell’Est per studiare architettura nel 1962, l’allora 17enne non aveva idea che entro un anno avrebbe rimodellato il calcio della DDR. Né che sarebbe diventato il primo guineano a giocareall’estero, e anche uno dei primi africani.

Oggi considerato uno dei grandi del suo paese, aveva viaggiato oltre la cortina di ferro attraverso un programma di scambio con la Germania dell’Est, allora paese comunista con stretti legami con l’Unione Sovietica.

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Mentre mi trovo nel museo della DDR di Berlino, nella sezione dedicata allo sport ai tempi della Repubblica Democratica Tedesca, colpisce la mia attenzione un pannello con una foto che ritrae un momento di gioco di una partita della DDR-Oberliga. Mi avvicino lasciando tutti gli altri turisti radunati difronte alla teca contenente la maglia blu della nazionale che disputò i Mondiali del 1974, quelli dove ci fu la storica partita Germania Ovest – Germania Est a Amburgo, vinta dai tedeschi orientali con il gol di Sparwasser. Leggo che la foto è stata scattata durante un derby negli anni ‘70 tra le due squadre simbolo di Berlino Est: l’Union e la Dynamo.

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Ddr, ossia Deutsche Demokratische Republik, anima orientale di una Germania ormai divisa e anima occidentale del blocco sovietico. 22 marzo 1986, Lipsia, città che oggi deve la sua fama calcistica alla Red Bull mentre all’epoca era soprattutto la casa della Lokomotive, corrispettivo teutonico delle sovietiche Lokomotiv.

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Sparwasser, 74 anni. I tifosi di calcio sorridono leggermente quando sentono questa combinazione. Lui è Jürgen Sparwasser, l’autore del gol nella storica vittoria per 1-0 della Germania Est sulla Germania Ovest ai Mondiali del 1974.

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Non gli è mai piaciuta così tanto quella che sembra essere la più grande lode. Dixie Dörner viene spesso definito il “Beckenbauer dell’est”. Il suo rifiuto non si basava sul fatto che queste parole di apprezzamento per un’icona del calcio della Germania dell’Est avessero e abbiano ancora una prospettiva “Wessi”, ma perché poteva affermare con sicurezza: “Ho creato il mio stile”. Eleganza, più tecnica per fare raffinatezza e visione d’insieme. Il confronto con Beckenbauer non è affatto fatto dal nulla. Lo suggeriscono altri parallelismi. Entrambi hanno quasi lo stesso numero di presenze internazionali. Dörner ha giocato 100 volte per la selezione della nazionale della DDR e per molto tempo ha interpretato a modo suo la posizione del libero, che la sua controparte della Germania Ovest, il 103 volte nazionale, aveva inizialmente inventato solo per sé stesso.

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Un incidente che nasconde un omicidio? O una semplice casualità che il tempo, le coincidenze e i buchi neri della storia hanno coperto di significati sinistri? Se lo è anche chiesto Alessandro Mastroluca nel suo libro “La valigia dello sport”. Ma questa è soprattutto la storia di Lutz Eigendorf, una promessa del calcio della Germania Est morto per dare un’occhiata al di là del Muro. L’autobus della Dynamo Berlino si ferma a Giessen, nella Germania Ovest. È il 19 marzo 1979. La sera prima la squadra della Germania Est ha giocato, e perso 4-1, un’amichevole con il Kaiserslautern. Per i giocatori è stata un’occasione unica: per la prima volta hanno potuto vedere com’è il mondo dall’altra parte del Muro. Per questo, prima della partenza, tutti i giocatori sono stati sottoposti per due giorni a seminari, letture, indottrinamenti e probabilmente anche minacce da ufficiali, politici e poliziotti. In passato, infatti, l’allenatore Jorg Berger, il centrocampista Norbert Nachtweih e il portiere Jurgen Pahl avevano defezionato ed erano passati “al nemico”.

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I nazionali della squadra della DDR Gerd Weber, Matthias Müller e Peter Kotte  giocano per la Dynamo Dresden, il club della polizia della Germania dell’Est, la molto funky Stasi. Il loro ruolo, oltre a difendere i colori della propria squadra sul campo, è anche quello di garantire la difesa nazionale attraverso l’intelligence e lo spionaggio sui nemici interni del Popolo. Gerd Weber è quindi un agente della terribile polizia segreta della DDR incaricato di denunciare i suoi compagni di squadra durante i viaggi all’estero, in particolare durante i Giochi Olimpici di Montreal del 1976. Weber (24 anni), Kotte e Müller (26 anni ciascuno) sono giovani e talentuosi. I loro leader ripongono in loro grandi speranze, ma suscitano anche l’interesse dei gruppi occidentali. Come i loro giovani connazionali amanti della libertà che cercano di sistemarsi, anche i nostri tre calciatori della Germania dell’Est sognano segretamente di arrivare dall’altra parte del muro.

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La storia turbolenta del Newport  County ha sicuramente avuto più alti che bassi. La sua storia è piena di problemi fuori campo, bancarotte, incidenti sfiorati, delusioni e disperazione. Ma c’è stata anche l’euforia, il 1980 fu l’anno della promozione e della vittoria nella coppa nazionale, grazie a uomini come John Aldridge, Keith Oakes e Tommy Tynan.

Una delle pagine più intriganti della storia a volte surreale del Newport è la lfamosa corsa nella Coppa delle Coppe del 1981. Solo cinque anni prima, nel 1976, i problemi finanziari dei gallesi erano così gravi da sfiorare spaventosamente la bancarotta. In aggiunta alle loro sventure, le prestazioni in campo erano state scarse per tutta la stagione, il che significa che il club finì al 22esimo posto nella vecchia Quarta Divisione.

Il campionato 1976-‘77 non fu molto migliore, con il County che finì 19°, ma ci furono lenti segnali di miglioramento. La nomina di Len Ashurst come allenatore nel 1978 si rivelò un punto di svolta per gli uomini in nero e ambra. Un 8° posto nella stagione 1978-‘79 aveva risollevato il morale del club e dei tifosi, ma fu la stagione successiva che fece sognare l’Armata d’Ambra.

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Fuggire al controllo della Stasi, nella Germania dell’Est, non era di certo cosa facile. Non si muoveva foglia, ad est di Berlino, senza che il Ministero per la Sicurezza di Stato – Ministerium für Staatssicherheit in tedesco– comunemente conosciuto, per l’appunto, come Stasi, ne fosse a conoscenza. Un’organizzazione capillare costituita da una fitta rete di funzionari, collaboratori ed informatori: si dice che negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso circa un tedesco orientale ogni sessanta  fosse al soldo della Stasi. Fuggire all’occhio vigile del Ministero per la Sicurezza della Ddr, insomma, era quasi impossibile. Una rete che aveva allungato le sue maglie inserendo spie e informatori anche all’interno della totalità delle società calcistiche della parte orientale della Germania. Il partito socialista non teneva in grande considerazione il calcio – posizionato infatti appena al quattordicesimo posto nelle discipline sovvenzionate dallo Stato – ma era perfettamente consapevole della sua rilevanza popolare, motivo per il quale si riteneva necessario mantenervi un certo controllo. I calciatori, anche in Germania Est, erano considerati dei privilegiati, economicamente, rispetto al resto della popolazione “normale”.

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La storia di Jürgen Croy l’abbiamo letta e riletta mille e più volte nello splendido libro di Karlheinz  Mrazek “Die Besten Torhüter Der Welt” (I Migliori Portieri del Mondo). Portiere leggendario della DDR, (Germania Est)  Jürgen Croy  ha passato tutta la sua carriera sportiva con i colori dello Zwickau, squadra della sua città natale. Dal 1956 al 1965 come portiere dell’Aktivist Karl-Marx Zwickau e poi dal 1965 al 1981 (data del suo ritiro) nel Sachsenring Zwickau.

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Suhl, Turingia. A partire dal 2019, la locale squadra di calcio, il Suhler SV, gioca nella Kreisoberliga, l’ottavo livello del sistema del campionato di calcio tedesco. Ma andiamo indietro nel tempo per raccontare un record che, in fondo, ancora oggi non piace ai tifosi di questa comnpagine.

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Erano in finale della Coppa delle Coppe, a volte costituivano metà della nazionale ed erano tra sempre nei piani alti nell’Oberliga della DDE. Oggi il Carl Zeiss Jena sta cercando di ricostruirsi sulle macerie del suo grande passato.

Il calcio di Jena non ha svolto un ruolo importante nella DDR fino agli anni ’50. All’improvviso il campionato, seguito dalla vittoria della Coppa nazionale. Come è nato questo boom?

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Pochi giorni prima del suo compleanno, a Rüdiger Schnuphase è stato chiesto se fosse soddisfatto della sua carriera da calciatore. Fu sorprendentemente onesto e anche sorprendente: “Le mie capacità calcistiche erano sì modeste, ma la mia volontà e il mio irrefrenabile spirito combattivo erano più grandi di tanti altri giocatori”.

Schnuphase, che vive nella sua città natale, Erfurt, ha molto da offrire quando si tratta di calcio.

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Il torneo olimpico di calcio era un ibrido: da un lato i “dilettanti statali” dei paesi del blocco orientale (URSS, Ungheria, DDR, ecc.), che erano puri professionisti, dall’altro i “veri” dilettanti degli stati occidentali, cioè giocatori che non avevano (ancora) un contratto da professionista, con gli scandinavi, che mandavano il meglio, ma che erano tutti dilettanti, così come le squadre del cosiddetto Terzo Mondo.

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50 anni fa, l’icona dell’ Hallescher Bernd Bransch scrisse un pezzo di storia del calcio. Guidata dal capitano di Halle, la squadra della DDR vinse 1-0 contro la Repubblica Federale Tedesca ai Mondiali del 1974. Esattamente il 22 giugno. Jürgen Sparwasser di Magdeburgo ha segnato il gol della giornata al 77′ davanti a 60.000 spettatori, tra cui 1.500 turisti della DDR. È stata la prima ed è rimasta l’unica partita internazionale ufficiale tra i due stati tedeschi. Ed è stata l’unica sconfitta che i futuri campioni del mondo hanno dovuto accettare in quel cammino per il titolo, interamente nel loro paese. I due liberi Franz Beckenbauer e Bernd Bransch si sono stretti la mano prima dello storico incontro al Volksparkstadion di Amburgo. La foto di questo gesto ha fatto il giro del mondo e ovviamente ha trovato il posto che le spetta nel libro dei Mondiali.

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Il rettangolo verde era il suo nido, la sua casa, il suo parco giochi su cui Eberhard Vogel amava spiegare le ali per rubare qualche minuto di libertà a un paese che difficilmente gliene lasciava alcuno. La colpa è di un regime e di una dottrina che, in una patria divisa in due, compaiono perfino sulle insegne delle città del settore sovietico. Karl Marx Stadt.

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Le sue parate, i suoi voli in area di rigore, la sua incredibile calma: chiunque lo abbia visto non lo dimenticherà. Dopo Harald Fritzsche e Wolfgang Blochwitz, è stato il terzo portiere nella storia del Carl Zeiss Jena e uno dei principali in quella dell’intera DDR. Ha raggiunto la soglia degli 80 anni. Stiamo ovviamente parlando di Hans-Ulrich Grapenthin.

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Quando cadde il Muro, Georg Buschner cominciò a viaggiare. Isole Canarie, Egitto, Sudamerica. Diceva di sentirsi come un topo uscito dalla gabbia. Niente più Stasi, né Trabant, né tantomeno Honecker.

Una nuova vita, senza però rinnegare la precedente. Del resto non si poteva certo lamentare. Nella DDR era una delle persone più stimate dalla gente. Pochi potevano vantarsi, come lui, di aver contribuito a migliorare l’immagine del proprio Paese all’estero.Buschner lo aveva fatto guidando la Nazionale di calcio della Germania Est, condotta a un bronzo olimpico nel 1972 a Monaco di Baviera e ad un oro quattro anni dopo a Montreal. Ma soprattutto era sua la Germania Est che sconfisse i nemici dell’Ovest al Mondiale del 1974, nella partita della famosa rete di Jürgen Sparwasser

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“Hai più pensato a quel progetto di esportare la piadina romagnola?”. Lo stravagante e insolito progetto imprenditoriale è venuto in mente al cantautore riminese Samuele Bersani nel 1995. Sì, forse è fattibile. Ma l’idea non è così originale come potrebbe sembrare.


Settembre 1976. In Italia c’è il terzo governo Andreotti, presidente della Repubblica è il democristiano Giovanni Leone. L’Europa dell’Est è ancora un luogo lontano, quasi in un altro mondo. Perché c’è la cortina di ferro, che la tiene separata dall’occidente. E c’è il muro.


Sì, il muro di Berlino, quello che taglia in due una città, una nazione, un continente e il mondo intero.

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