La squadra che doveva vincere sempre. Anche con l’inganno
Mag 9, 2022

Ddr, ossia Deutsche Demokratische Republik, anima orientale di una Germania ormai divisa e anima occidentale del blocco sovietico. 22 marzo 1986, Lipsia, città che oggi deve la sua fama calcistica alla Red Bull mentre all’epoca era soprattutto la casa della Lokomotive, corrispettivo teutonico delle sovietiche Lokomotiv.

In un tutto esaurito Bruno-Plache-Stadion va in scena il match clou della diciottesima giornata della Ddr OberLiga 1985-’86: Lokomotive Lipsia contro Dinamo Berlino, lo squadrone della capitale Berlino Est, che guida la classifica e rincorre la vittoria dell’ottavo campionato consecutivo. Uno scontro diretto da cui passa una fetta discreta della lotta per il titolo nazionale.

Il Lokomotive Lipsia contro il Milan, Coppa Uefa 1985-’86

La Lokomotive accende e alimenta le speranze del proprio pubblico conducendo per tutta la gara grazie al gol segnato dopo appena due minuti dal talentuoso centravanti Olaf Marschall. Ma via via che si avvicina la fine e il risultato rimane appeso sull’1-0, la tensione si affila e un senso di inquietudine pervade i 13 mila spettatori. Un’inquietudine che diventa paura dell’inesorabile quando all’84 viene espulso il mediano di casa Matthias Liebers. Nessuno osa dirlo, ma tutti intimamente sanno che quello è il preludio al pareggio. Come possono essere certi? Per capirlo dobbiamo fare un salto indietro. Come molti grandi fenomeni che si esprimono all’interno di regimi politici diciamo invasivi, il calcio in Germania Est veniva controllato dal potere centrale che ingabbiava alla madrepatria giocatori e allenatori e spostava a proprio piacimento collocazione geografica e sorti sportive delle squadre.

La Dinamo Berlino fu la squadra di Erich Mielke, il potentissimo fondatore della Stasi

Lo sapeva bene Heinz Krügel, allenatore del Magdeburgo e vincitore anche di una Coppa delle Coppe, ostracizzato a vita dal calcio della Ddr per un tentato accordo contrattuale con la Juventus e per il rifiuto di piazzare delle microspie nei bagagli di giocatori e dirigenti del Bayern Monaco prima di una partita di Coppa dei Campioni. Lo sapevano bene i tre giocatori della Dinamo Dresda Weber, Kotte e Müller, interdetti a vita dal calcio di alto livello nell’81 per aver tentato una fuga in Germania Ovest. Lo seppe fatalmente Lutz Eigendorf, il Beckenbauer dell’Est, che nel 79 in Germania Ovest era riuscito a fuggirci ma a causa di quella fuga e di certe sue dichiarazioni anti Ddr fu raggiunto e assassinato quattro anni più tardi dalla Stasi.

1974, il Magdeburgo con la Coppa delle Coppe

Lo sapeva bene Helmut Klopfleisch, tifoso dell’Herta Berlino, la squadra di Berlino Ovest, arrestato e interrogato a più riprese a causa del suo sostegno attivo verso l’Herta.

Lo sapevano anche giocatori, dirigenti, allenatori e staff del Wismut Aue e del Karl-Marx-Stadt, uniti forzosamente tra il 1954 e il 1963 per un mero calcolo di ottimizzazione del potenziale, formando una squadra effettivamente vincente ma senza un vero seguito e una vera identità di tifo.

Lo sapevano giocatori e tifosi dell’Empor Lauter, squadra di un villaggio al confine con la Cecoslovacchia che nel 1954 dopo essersi trovata inaspettatamente in testa al campionato fu trasferita in blocco all’improvviso da Lauter a Rostock per il capriccio di un politico locale che voleva una squadra di livello della sua Rostock, operazione dalla quale poi sarebbe nata l’Hansa Rostock. E lo sapeva bene il club del Vorwärts, spostato nel 1953 da Lipsia a Berlino per fornire una squadra competitiva alla capitale e poi ricollocato nel 1971 a Francoforte sull’Oder per levare di mezzo un parente scomodo alla Dinamo Berlino.

Ecco, la Dinamo. In Germania Est la maggior parte dei club più importanti era emanazione di organi statali e tali club istituzionali venivano più o meno esplicitamente agevolati dalle autorità statali rispetto alle altre realtà cittadine. Accadeva anche alla Lokomotive, sistematicamente favorita rispetto alle Chemie Lipsia, ma la Dinamo era un po più istituzionale delle altre. La Dinamo era la squadra della Stasi.

Stagione 1978-’79. La rosa della Dinamo Berlino al termine della gara contro la Dinamo Dresda, decisiva per l’assegnazione del titolo

Per favorire la Dinamo non solo si depredava regolarmente l’Union Berlino, e chi si opponeva andava in galera, ma si forzavano anche trasferimenti eccellenti dalla Dinamo Dresda, squadra più prestigiosa del Paese.

E se c’erano tafferugli tra tifosi, quelli della Dinamo erano gli unici a riottenere il permesso di andare allo stadio. Eppure, nonostante questo, la squadra faticava a diventare una potenza. Per decenni l’unico trofeo in bacheca fu la coppa nazionale nel 1959 e in un paio di occasioni arrivò anche l’onta della retrocessione.

Finchè nel 1978, quando la Dinamo Dresda vinse il terzo campionato di fila, il sesto in totale, un uomo si spazientì. Era Erich Mielke, capo della Stasi e presidente della Dinamo, il quale decise che da quel momento sarebbe stata la sua squadra a dominare la Ddr calcistica. E così fu.

In che modo Mike riuscì nel suo intento? Innanzitutto accesso impunito al doping di Stato, quello stesso doping che garantiva risultati allucinanti alla Germania Est nelle Olimpiadi.

E soprattutto la complicità degli arbitri, ligi spesso e volentieri a favorire direttamente con l’arbitraggio la Dinamo oppure squalificare giocatori chiave delle sue future avversarie. Uno di loro in particolare, Adolf Prokop, di mestiere agente speciale della Stasi.

La partita dello scandalo a Lipsia

Per hobby stimato arbitro di calcio internazionale, in patria implacabile protettore della squadra della Stasi. Tendenzialmente, veniva designato per le gare più delicate della Dinamo e quando non c’era lui si cercava di chiamare un arbitro della sua schiera di fiducia. Tra questi arbitri complici figura il signor Bernd Stumpf, agente della Stasi anch’egli.

Un immagine del match tra Lokomotive Lipsia e Dinamo Berlino

E’ lui a dirigere quel Lokomotiv Lipsia del 1986. E’ lui il giustiziere in giacchetta nera che il pubblico di Lipsia spera che non entri in azione. E’ lui che al 94esimo minuto sull’ultimo campanile gettato nella mischia dall’esercito granata, vedendo Hans Richter e Bernd Schulz lanciarsi in aria e cadere a terra insieme, non ci pensa due volte e assegna il calcio di rigore alla Dinamo, fiero e impermeabile alle vibranti proteste di giocatori e tifosi della Lokomotive.

L’arbitro Bernd Stumpf

Sul dischetto si presenta Frank Pastor, bomber della Dinamo, che freddamente realizza: 1-1. Fischio finale e a fine campionato Dinamo prima in classifica con due lunghezze di vantaggio proprio sulla Lokomotive.

Frank Pastor della Dinamo Berlino

La storia poi farà il suo corso, Dinamo campione ancora per due stagioni consecutivamente raggiungendo le dieci di fila finché poi il declino della Ddr segnerà la fine dell’egemonia berlinese e di lì a poco di tutto il movimento calcistico tedesco orientale, ponendo le basi per una compenetrazione tra Est e Ovest difficile ancora oggi ma regalando anche alla Germania unita il talento di giocatori come Thomas Doll, Andreas Thom, Ulf Kirsten, Matthias Sammer.

Ma quel 22 marzo 1986 rimane una data scolpita. Quello è il giorno in cui il signor Stumpf, fischietto alla bocca e potere in mano, decretò “Der Schand-Elfmeter von Leipzig”, il rigore della vergogna di Lipsia.

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