Viciani, la Ternana e il “calcio corto”: il genio di un innovatore
Apr 11, 2025

Nel panorama calcistico italiano, ci sono allenatori che hanno fatto la storia non solo per i successi ottenuti, ma anche per la loro capacità di innovare e portare nuovi concetti di gioco. Uno di questi è senza dubbio Corrado Viciani, che alla guida della Ternana  ha contribuito a scrivere un capitolo fondamentale nel calcio italiano degli anni Settanta. Il suo nome è indissolubilmente legato al concetto di “calcio corto”, un’idea di gioco che ha rivoluzionato il modo di concepire il gioco in un’epoca dominata dalla fisicità e dal gioco lungo.

Viciani intervistato allo stadio “Libero Liberati”, tra i tifosi della Ternana: siamo nel campionato 1972-’73

Corrado Viciani nasce nel 1929 in Libia da genitori fiorentini e, come molti allenatori dell’epoca, la sua fu un’onesta carriera da calciatore impreziosita dalle maglie di Fiorentina e Genoa. Tuttavia, proprio grazie a questa esperienza sul campo, Viciani sviluppò un’acutezza tattica che lo avrebbe portato a diventare un allenatore innovativo.

“Fai quello che sai fare, fallo bene e fallo in fretta” (storico motto di Viciani rivolto ai suoi giocatori)

Il suo approccio al calcio si distaccava dalle convenzioni dell’epoca. In un periodo in cui le squadre italiane tendevano a privilegiare un gioco basato sulla forza fisica, la velocità e l’uso del lungo passaggio per sfondare la difesa avversaria, Viciani ebbe il coraggio di proporre una filosofia di gioco completamente diversa. Il “calcio corto” di Viciani non significava semplicemente passaggi brevi, ma una filosofia complessa che poneva l’accento sul controllo del pallone, la manovra ragionata e il possesso prolungato.

Viciani arriva la prima volta sulla panchina della Ternana nel 1967 e ottiene subito la promozione in B, se ne va nel 1969 con la certezza che quella squadra avrebbe presto fatto parlare di sé grazie alla sua visione di gioco. Ritorna nel 1971. La Ternana era una squadra ben lontana dai grandi club del calcio italiano, ma proprio per questo il club rossoverde divenne il terreno ideale per sperimentare nuove idee.

Il “calcio corto” che Viciani impone alla Ternana si fondava su un gioco di passaggi rapidi, di triangolazioni veloci e di movimenti intelligenti senza palla. Ogni giocatore era chiamato a partecipare attivamente alla costruzione del gioco, in un sistema che metteva il possesso palla come obiettivo principale. La Ternana, sotto la guida di Viciani, giocava un calcio che a molti appariva rivoluzionario. La squadra si distingue per la sua capacità di mantenere il controllo del gioco anche in situazioni di pressione, evitando il ricorso al gioco lungo, che all’epoca era la norma.

Viciani a Terni nel 1972-’73, a quattrocchi con il capitano Romano Marinai

Questa filosofia di gioco non solo rappresentò un cambiamento radicale rispetto alla mentalità del tempo, ma risultò anche estremamente efficace. La squadra di Viciani, pur non avendo giocatori di fama internazionale, riuscì a creare un gioco armonioso che metteva in difficoltà anche squadre più forti fisicamente. Ottenne la Serie A. La Ternana non era più una squadra che cercava solo di difendersi, ma un team capace di proporre un calcio propositivo, dove ogni giocatore aveva un ruolo fondamentale nella creazione della manovra.

Il “calcio corto” di Viciani, diventato “il Profeta”, non si limitava a un semplice stile di gioco, ma era un vero e proprio modo di pensare il calcio. In un’epoca in cui le squadre italiane facevano affidamento su tattiche difensive solide e su un gioco fisico, Viciani pensò che il possesso del pallone fosse la chiave per dominare la partita. I suoi giocatori dovevano essere capaci di giocare con lucidità, muovendosi rapidamente e con intelligenza, per evitare la frenesia che spesso caratterizzava il gioco di quegli anni. Era un calcio di precisione, di equilibrio, ma anche di creatività.

I suoi allenamenti si concentravano sull’abilità tecnica dei singoli, ma soprattutto sull’intesa tra i compagni di squadra. L’obiettivo non era solo quello di sviluppare le capacità individuali, ma di costruire una squadra che giocasse come un blocco unico, capace di muoversi fluidamente come se fosse un corpo solo. I giocatori di Viciani dovevano imparare a interpretare il gioco non solo come singoli, ma come parte di un collettivo che si muoveva all’unisono. Un concetto che sarebbe diventato sempre più rilevante negli anni successivi, con l’evoluzione del gioco di squadra nel calcio.

“Avevo degli asini come giocatori, non potevo permettermi lanci lunghi, invenzioni, fantasie. Bisognava correre, fare passaggetti facili facili, sovrapporsi” (Corrado Viciani)

Nonostante il successo di Viciani alla Ternana – che portò la squadra a risultati inaspettati e a un gioco ammirato da molti addetti ai lavori – la sua filosofia non fu immediatamente compresa e accettata da tutti. Molti criticarono il suo approccio, considerando il “calcio corto” una strategia troppo rischiosa, troppo lontana dalla tradizione del calcio italiano. Tuttavia, la visione di Viciani si rivelò profetica.

Anni dopo, il concetto di possesso palla e di gioco elaborato sarebbe stato adottato da molte squadre di successo, soprattutto con l’affermarsi di allenatori come Arrigo Sacchi e Pep Guardiola, che avrebbero reso celebre il “tiki-taka” e il controllo del gioco. In un certo senso, Viciani fu un pioniere di quel tipo di gioco che avrebbe dominato il calcio europeo nei decenni successivi.

Oggi, il suo nome è ricordato come quello di un uomo che ha avuto il coraggio di sfidare le convenzioni del suo tempo, introducendo idee che sarebbero diventate fondamentali per il calcio del futuro. Il suo legame con la Ternana è un pezzo importante di storia, un capitolo che racconta di come l’innovazione possa nascere anche nei luoghi più inaspettati, e di come il calcio possa evolversi attraverso la visione di allenatori che non hanno paura di osare.

Viciani non vinse trofei prestigiosi, come l’Ajax del “calcio totale”, ma la sua eredità è altrettanto importante, poiché ha contribuito a cambiare il modo di giocare e di pensare il calcio in Italia e nel mondo.

Mario Bocchio

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