A guardarlo così, col sole che picchia sugli scogli e il mare calmo, sembra il posto di una beata gioventù. Di drink e ragazzi, della spensieratezza di cui si fa tanto spesso portavoce Massimiliano Allegri.
E chissà: se non fosse stato per lui, in quanti conoscerebbero questa parte livornesissima della vita? La gabbionata è figlia del Gabbione, quindi di un’estate a Livorno. Su questa costa italiana, a suo modo, il calcio ha fatto il proprio corso e la propria parte. Nobilissima. E andiamo dagli anni Sessanta ai giorni nostri: perché proprio un anno fa, mentre il tecnico della Juventus veniva annunciato alla nuova e vecchia squadra, come primo atto ufficiale se n’è tornato a casa sua per giocare un match di beneficienza. E per casa sua intendiamo proprio il Gabbione.
Maglietta amaranto e via: Allegri, con altri grandi nomi del calcio come Protti e Lucarelli, a una promessa con accento livornese non ha saputo dire di no. Nemmeno nei giorni più caldi della grande avventura che l’aspettava. L’ha fatto per un altro mito del calcio toscano: quell’Armando Picchi a cui si devono storie mitiche e incredibili. Persino sul Gabbione. Un pezzo di “bagno” issato a mito.
Dove nasce il Gabbione? Ecco: proprio ad Armando Picchi, leggenda dell’Inter degli anni Sessanta – come scrive Cristiano Corbo – è dovuta la nascita del Gabbione di Livorno. Fu lui a inventarsi questo campetto senza limitazioni, spazi e falli laterali. Un campetto ben più corto del solito calcetto, con porticine minuscole quanto le due aree di rigore. Problema: il portiere coprirebbe tutto e non darebbe modo di segnare. Soluzione: i portieri non esistono nella gabbionata. Che è tutta estro e corsa, fantasia e sfrontatezza. Ecco perché Allegri ci si trovava così bene, ecco perché non ha “mai perso neanche un torneo”.
Ha ragione lui: nella vita e tra gli uomini ci sono le categorie, ma non sono solo quelle che distinguono il vincente dal perdente. Esistono persino quelle per i campioni dei gabbioni. Battute a parte, Picchi è stato un mito assoluto del calcio prima e del Livorno prima ancora. Il difensore era un frequentatore assiduo dei bagni Fiume, dove da sempre risiede questo campo speciale. Speciale anche perché non contemplava minimamente il calcio, almeno agli albori: era stato progettato per le partitelle di basket tra un tuffo e l’altro.
Poi arrivò Picchi e fece costruire un campo recintato da una rete metallica alta circa cinque metri: è che il pallone finiva in mare ogni santa volta. E le partite con Enrico Capecchi, Mauro Lessi ed Enrico Falorni – amici storici – si interrompevano spesso sul più bello. Da qui nasce la storia del gabbione. Pardon: dei gabbioni. Perché poi ogni bagno livornese decise di farne uno proprio, a immagine e somiglianza del mito (anche a Pisa se ne trovano, a onor del vero).
Leggenda vuole, inoltre, che questo nuovo sport si diffuse freneticamente anche tra i big del calcio. Picchi portava a Livorno i compagni della Grande Inter: Facchetti, Suarez, Corso. Tutti trascorrevano le vacanze estive in Toscana. Giocando al gioco di Livorno, destinato a segnare una vera e propria era.
Il detto è sempre valido: le chiacchiere le porta via il vento, le biciclette i livornesi. Anche questo, uno stralcio di tante conferenze stampa che hanno rasentato lo show. Tra le più belle frasi di Allegri alla Juventus, certamente quella sul gabbione ha un posto particolare nel cuore di tutti, anche perché arrivò nella conferenza d’addio, piena di pathos e libera da ogni vincolo futuro.
“Ci sono giocatori che vincono le Champions, i campionati, che si salvano. Poi ci sono quelli che non vincono mai e ci sarà un motivo – aveva raccontato Max -. Nel gabbione a Livorno ho perso solo un torneo. Ci sarà un motivo. Non c’è più mestiere, è tutta teoria… Quelli che vincono sono più bravi degli altri. Ora vorrei fare un esempio ma se lo faccio viene giù tutto“.
Chiaro: l’esempio sarebbe stato certamente Maurizio Sarri (Allegri conosceva già le intenzioni della società al momento dell’esonero), ma evitò di lasciare con toni diversi da quelli di un addio da vincitore. Non c’è stato solo lui ad elevare il mito del gabbione, comunque. Un altro nome è quello di Leonardo Pavoletti, centravanti del Cagliari, che proprio ai bagni Lido ha giocato e deciso tante partite.
Attenzione anche a una chicca tattica: in tanti si sono ispirati a questo calcio indoor voluto tanto tempo fa da Armando Picchi. Sacchi, Orrico, Maifredi: tre nomi con un’idea di calcio diversa dalla solita che hanno sperimentato sulle proprie squadre il concetto di gabbia. Che sia arrivata proprio dall’influenza di Livorno, di Picchi, da una grandissima rete metallica? Ci piace pensare, supportati da tante prove, che sia andata proprio così.
Fonte Pokerstars