Baby-talento al Chelsea, promessa mantenuta a metà al Milan, poi un peregrinare tra piccole e medie squadre, compreso il Napoli di serie B, fino al rischio depressione nel finale di carriera. Samuele Dalla Bona le ha vissute tutte le facce del calcio, cercando di non identificarsi mai troppo nel mondo tutto dorato del pallone.
Era considerato un mezzo intellettuale perché leggeva il Sole 24 ore e si informava delle vicende di attualità su quello che accadeva fuori dal rettangolo di gioco. Il Milan lo prese dal Chelsea (dove aveva giocato 73 gare con 6 gol) nel 2002 per un milione di sterline. In rossonero non trova lo spazio sperato, chiuso da Gattuso, Seedorf e Pirlo. Contribuisce a vincere la Champions con 6 presenze e la Coppa Italia (segnando anche un gol al Chievo) poi viene dato in prestito. Prima al Bologna, poi al Lecce (ottima stagione con Zeman), quindi alla Sampdria. Nel 2006 il Napoli lo prende a titolo definitivo dal Milan: parte col botto – un eurogol al Treviso – ma si perde strada facendo e finisce col non giocare quasi mai.
“A Napoli stavo da Dio, – ha rivelato Dalla Bona in un’intervista a La Gazzetta dello Sport – questo fino alla promozione in A, ma con Reja il rapporto non è decollato. Non mi ha considerato, senza un perché”. Nel 2009 riprova con la Premier, si allena con il Fulham, poi prova con il West Ham di Zola ma non gli va bene. Il Napoli lo dà in prestito ai greci dell’Iraklis, poi passa al Verona fino a tornare al club dove era cresciuto, l’Atalanta. A Bergamo ai problemi fisici che avevano iniziato a tormentarlo si aggiunge un grave dolore. Il padre Luigi si ammala gravemente e nel 2011 per restare quanto più possibile vicino al genitore rescinde il contratto col Napoli e va a Mantova, la città più vicina a Portogruaro dove vive la famiglia. Sempre alla Gazzetta il centrocampista rivelò: ”I medici gli avevano dato 5 mesi di vita. Ero legato a lui, non sono riuscito a farmene una ragione. Ero all’Atalanta in prestito, ma avevo ancora un anno di contratto con il Napoli. L’ho strappato per una sistemazione più vicina, a Mantova. Poi a ottobre papà è morto, io non c’ero più con la testa, mi è venuta la depressione. E, in pratica, ho smesso di giocare…”.
Il mondo del calcio non gli piace più, anzi. “Oggi non faccio niente. – ha detto Dalla Bona – Tempo fa ho incontrato Grella, ex centrocampista australiano di Empoli e Torino, mi ha proposto di andare al Melbourne Heart, ma per problemi personali ho dovuto dire di no. Penso che la mia carriera a certi livelli possa considerarsi terminata, ma ho il patentino Uefa B per allenare. Nel calcio c’è troppa ipocrisia, se fai tardi la sera o rilasci interviste non autorizzate ti multano. Se vendi le partite, ti perdonano subito, la giustizia sportiva fa sconti a tutti. Io ho guadagnato bene, ma c’è gente che fatica ad arrivare a fine mese. Se potessi tornare indietro, resterei per sempre in Inghilterra. Da noi il calcio è uno schifo. Soprattutto quello che c’è attorno. Le pressioni, la mentalità. Io non sono allineato alla ‘cultura italiana’ e ho pagato anche per questo”. E che fa Dalla Bona oggi? Guarda tante partite, sia dal vivo che in tv, viaggia (Miami, Dubai). E legge. Forse davvero è una mosca bianca del pallone.