Moreno Longo ha esordito da in Serie A con i granata contro il Milan del suo idolo Maldini. Un ko al crociato l’ha portato a interrompere la carriera a 30 anni. Il ragazzo del Filadelfia, per tutti “il mister del futuro”, si è preso l’Alessandria in Serie C e l’ha portata in Serie B dopo quarantasei anni.
Moreno Longo, è stato scelto per prendere il posto di Angelo Gregucci all’Alessandria in Serie C, e restituire coraggio e identità a una squadra reduce da una fase di icampionato decisamente complicato.
La scelta è ricaduta su un uomo profondamente legato al Toro dalla nascita: Longo è uno dei ragazzi del Filadelfia e ha esordito in Serie A proprio con i colori granata sul petto. 23 aprile 1995, campo neutro di Bologna, Milan-Torino 5-1: Longo in campo da terzino con la maglia numero 2, ancora oggi custodita con gelosia. Di fronte Paolo Maldini, il suo “punto di riferimento”. Nato a Grugliasco il 14 febbraio 1976, al debutto in Serie A con la maglia del Torino Longo ci era arrivato dopo una trafila di otto anni nelle giovanili granata, dove era arrivato dal Lascaris, società dilettantistica cittadina. Le presenze complessive in granata sono 31 (nel mezzo anche due presenze con l’Under 21 azzurra) fino all’addio nel’estate 1997, direzione Lucchese. Dai rossoneri toscani, dei quali è stato anche capitano e dove ha giocato anche come centrale di difesa e centrocampista, la sua carriera è passata per il Chievo: quattro stagioni a Verona con la storica promozione in A. Annate di gioia e dolore, nelle quali riporta però anche la rottura dei legamenti. Sliding door di un percorso che lo ha riportato in B, a Cagliari, in C1 a Teramo e infine in C2 con le maglie di Pro Vercelli e Alessandria, con cui conclude la carriera all’età di 30 anni. Carriera da giocatore interrotta anzitempo, trasformata però in opportunità: quella di studiare da allenatore. Una sintesi della filosofia di Longo, riassunta anche dalla frase che ti accoglie sfogliando il suo account Twitter: “Non farti seguire da nessuno che stai seguendo”. Da precursore, andando oltre i risultati.
Via gli scarpini, sotto con la tuta. E l’abito, che Longo indossa sempre in panchina. I primi passi da allenatore sono stati con il Filadelfia Paradiso, nei Giovanissimi, con cui ha vinto il campionato regionale. Un anno prima di passare al Canavese e toccare i sedicesimi di finale con i Giovanissimi Nazionali. Traguardo che rappresenta il pass per tornare nel Torino: nel 2009 gli affidano gli Allievi Nazionali, dove rimane fino al 2012. È l’avvio di una scalata al successo nelle giovanili: approdo alla Primavera dopo l’addio di Antonino Asta e doppia finale scudetto in quattro anni, prima perdendo contro il Chievo e poi battendo la Lazio di Simone Inzaghi, superata anche nella stagione 2015-’16 nella finale di Supercoppa. La prima chance nel calcio che conta è arrivata sempre in Piemonte. Estate 2016: chiama la Pro Vercelli, all’epoca in B. Longo accetta e conquista la salvezza con una giornata di anticipo, con 10 vittorie, 19 pareggi e 13 sconfitte e quindi 49 punti. Biglietto da visita che vale la panchina del Frosinone: 74 punti, terzo posto in regular season e promozione in A centrata attraverso i playoff. Nella massima serie, però, l’ex terzino del Toro ha conosciuto l’amaro sapore dell’esonero. Comunicato il 18 dicembre 2018, dopo un ko per 0-2 ottenuto contro il Sassuolo.
La Serie A tornerà a far parte del suo presente a 14 mesi da quell’addio: merito (anche) di Massimo Bava, legato a un filo invisibile a Longo dal 2009. L’ex direttore sportivo del Torino lo aveva voluto alla guida delle giovanili del Canavese e una volta che lo ha ritrovato nelle giovanili granata lo ha proposto a Urbano Cairo per la guida della Primavera.
Chissà quanto l’eco di quello scudetto Primavera centrato nel 2015 a 23 anni dall’ultima volta ha inciso nella scelta della dirigenza granata di puntare su Longo per la sostituzione di Mazzarri. Di certo quello che in casa Toro era definito “il tecnico del futuro” gode della stima del responsabile dell’area tecnica della prima squadra.
Grande motivatore, poco incline all’utilizzo dei social, Longo ne fa uso per comunicare le basi del suo credo da allenatore e sull’account ufficiale si limita a condividere i suoi successi professionali.”Tattica, schemi, organizzazione: tutto importantissimo ma non dimentichiamoci mai dell’importanza fondamentale della coesione del gruppo, del senso di appartenenza, dell’empatia. Sono le chiavi che ti permetteranno di raggiungere l’irraggiungibile e superare l’insuperabile”. Il tutto accompagnato da sei hashtag: #squadra, #coerenza, #regole, #disciplina, #rispetto, #storia. Pochi valori, ma necessari: Belotti e compagni ne hanno fatto tesoro.. La sua squadra ideale è “il Torino della prima metà degli anni Novanta”, in grado di arrivare in semifinale di Coppa Uefa contro l’Ajax.
Primo ad arrivare al campo, ultimo ad uscire dopo il lavoro sul campo. Potrà sembrare banale, ma il Longo sin qui visto in panchina è tutto studio e sostanza. Predilige il 3-4-3 ma si sa anche adattare ai giocatori che ha a disposizione. Li studia con video che prepara insieme al suo staff e nei mesi senza panchina ha studiato tanti colleghi in A, B, Spagna e Inghilterra.
Amante della lettura, in particolare dei romanzi, si rilassa ascoltando Eros Ramazzotti e Vasco Rossi, Longo è soprattutto un grande motivatore, tanto che quando la squadra fa stretching prima della partita lui è nel cuore del cerchio: per parlare con tutti i giocatori e caricare i suoi ragazzi. A ottobre 2018, lasciando i cronisti granata che l’avevano raggiunto in hotel alla vigilia di Torino-Frosinone, persa per 3-2 dal team laziale, li salutò così: “Non diciamoci addio ma solo arrivederci. Perché prima o poi io ritornerò”. Quel giorno è poi arrivato: lo scorso anno subentra a Mazzarri alla guida del Torino e riesce a portare i granata alla salvezza nella finestra estiva ottenendo 3 vittorie e 4 pareggi nelle 16 partite giocate. Anche questa volta, per sostituire Giampaolo, Urbano Cauiro lo ha cercato, ma lui si è defilato. Adesso riparte dalla corazzata Alessandria che tenta a prendere il largo e che si scopre con le poveri da sparo umide. La sfida lo stimola e lo entusiasma. Vuole capire meglio se davvero è “il mister del futuro”.