Che il suo destino fosse nel mondo dello sport era scritto nel Dna: la nonna Binta era campionessa di basket, la mamma Fatou campionessa di atletica, il papà il calciatore più famoso in Senegal. Che Ibrahim Ba dovesse poi chiamarsi Ibou – come recitava la sua maglia – era scritto invece nell’anagrafe di famiglia, perché il babbo si chiamava Iboua (“Papà mi costringeva ad allenamenti intensi: ore e ore a tirare calci al pallone fino a quando crollavo per la stanchezza”). Quando Berlusconi lo vide in campo in occasione di una partita amichevole allo Stadio Brianteo di Monza lo paragonò ad un pregiato vino francese famoso per essere di un colore molto acceso (“Ibou è come un bicchiere di beaujolais nouveau”) ma per tutti i tifosi rossoneri presto divenne la pantera bionda. È l’estate del 1997 quando il Milan lo prese per 11,5 miliardi di lire e Ba divenne presto un beniamino dei fan.
Il lento declino inizia dal 1998-‘99, con l’avvento di Alberto Zaccheroni, comincia da titolare ma già nel mese di ottobre perde il posto da esterno nel 3-4-3 e da lì in poi viene utilizzato soprattutto come subentrante, mettendo insieme 18 presenze totali tra campionato e coppa nazionale in un Milan che si laurea campione d’Italia vincendo lo scudetto. Successivamente viene dato in prestito al Perugia ed è con la maglia degli umbri che si prende le prime pagine dei giornali, anche se non per prodezze da ricordare. Il 18 settembre 1999, infatti, al debutto con la squadra umbra, è squalificato per quattro giornate dopo una testata a Fabio Macellari del Cagliari, che l’arbitro non vide né sanzionò. Ba diventa il primo giocatore del campionato italiano a essere sanzionato con la prova tv. (“È vero, ho dato una testata a Macellari ma ho ragione io, se la meritava tutta”, salvo poi chiedere scusa qualche settimana dopo).
La sua sfortunata stagione finisce a fine febbraio quando si rompe il tendine rotuleo della gamba destra in uno scontro di gioco in Perugia-Verona. Rientrato al Milan, totalizza appena 11 presenze nel 2000-‘01. Da settembre 2001 a febbraio 2002 veste la maglia dell’Olympique Marsiglia (11 presenze totali), per poi tornare al Milan, con cui scende in campo in due circostanze in campionato durante il resto della stagione 2001-‘02.
Nell’annata seguente gioca tre partite in Serie A e vince anche la Champions League, pur senza mai scendere in campo nella competizione europea. Una volta appese le scarpette al chiodo, però, è rimasto sempre in attività. Gioca sempre a calcetto con l’amico Vieri e dopo essere diventato osservatore per il Milan in Africa, ha superato a Coverciano il corso da allenatore professionista categoria Uefa A che abilita ad allenare formazioni giovanili e squadre fino alla Lega Pro e consente anche di fare l’allenatore in seconda in Serie A e B.