C’ era un tempo in cui gli abitanti del Vomero trascorrevano la domenica pomeriggio insieme. Erano migliaia le persone che, unite, invocavano ad alta voce i nomi dei loro beniamini, i loro eroi che dovevano, a suon di goal, portare in gloria il nome del proprio quartiere. Erano le domeniche sportive degli anni ’60, le mitiche domeniche della squadra dell’ Internapoli, squadra di calcio che per anni si è fatta conoscere in tutta Italia grazie al suo gioco che ricordava le grandi della Serie A.
L’Internapoli nella stagione 1968-’69 con Giorgio Chinaglia e Pino Wilson (foto Laziowiki).
L’Internapoli Football Club ha radici antichissime, basti pensare che deriva dall’Albanapoli, gloriosa formazione che fino agli anni della guerra disputò soltanto tornei minori. L’Albanapoli attinse molti ragazzi dalle giovanili della squadra Flegrea, per rinvigorire il proprio organico. Il Cral Cirio ottenne la fusione con l’Albanapoli e in poco tempo raggiunse la serie C rimanendovi per due anni.
L’Internapoli con allenatore Vinicio (foto Laziowiki).
A quei tempi il campo di calcio era a Barra e l’allora presidente, Peter Signorini, investì molte energie per assicurare una formazione degna per quei dodicimila tifosi che ogni domenica seguivano la squadra. Con la sede a Barra e la maggior parte dei tifosi al Vomero, il club decise di far giocare le partite di campionato nello stadio Collana. Rosario Rivellino, ex allenatore e calciatore del Napoli e della Cral Cirio, ricorda con nostalgia quei tempi: “Ricordo che, quando dovevamo scontrarci con le altre squadre campane, i tifosi si riunivano in migliaia fuori lo stadio per darci la giusta carica. Lo stadio del Vomero era un bello stadio, ma erano i tifosi così numerosi che mi rendevano orgoglioso. Il Cral Cirio, l’Internapoli, non erano squadre rivali del Napoli Calcio, erano consorelle”.
Ma è nel 1964 che nasce la società di calcio Internapoli, per volere di Giovanni Proto e Carlo Del Gaudio, prendendo spunto dal nome di un’antica squadra cittadina degli anni dieci: l’Internazionale Napoli. I due giovani imprenditori vomeresi avevano in mente di costruire una squadra fortissima, una seconda squadra della città che dava il giusto lustro al quartiere. Del Gaudio ebbe molto successo all’interno della FIGC, difatti divenne capo delegazione della nazionale italiana di calcio di mister Bearzot, vincitrice della coppa del mondo. Che il suo zampino vomerese abbia dato la svolta alla conquista della Coppa del Mondo, non c’è dato saperlo. Comunque sotto i due presidenti ci fu un decennio d’oro per la squadra del Vomero, che va dal 1964 al 1973, dove il pubblico internapolino riempiva costantemente le panchine di legno o i seggiolini improvvisati dell’allora stadio Collana. Questo nacque come stadio di calcio alla fine degli anni venti, e inizialmente aveva il nome di Stadio XXVIII Ottobre.
Ancora l’Internapoli ai tempi della Serie C (foto Laziowiki).
Fu denominato anche campo sportivo del Littorio. Ospitò saltuariamente le partite interne del Napoli calcio, divenendone in seguito il campo ufficiale durante la stagione 1933-’34 a causa dei lavori di ristrutturazione dell’Ascarelli, scelto per ospitare la coppa del mondo italiana nel 1934. Nel corso della seconda guerra mondiale il Napoli vi tornò a giocare solo nel 1942 e per breve tempo: dopo l’8 settembre 1943 fu requisito dalla Wehrmacht e utilizzato dalle SS come campo di concentramento nel quale rinchiudere i napoletani da inviare in Germania, provocando la reazione dei cittadini, sfociata poi nelle Quattro giornate di Napoli. Dopo due anni passati in serie D, l’Internapoli fu promossa in serie C, sfiorando più volte la qualificazione in serie B, arrivando sempre al terzo posto.
Due fasi di gioco dell’Internapoli al Vomero (foto Laziowiki).
Chi c’era, chi ha dei ricordi di quei tempi, ha il luccichio negli occhi tipico della nostalgia dei tempi andati, dove andare allo stadio e tifare la propria squadra del quartiere, era un vero orgoglio per ogni cittadino. Di domenica piazza Quattro Giornate era invasa da migliaia di persone che non aspettavano altro che sostenere quegli undici ragazzi che potevi incontrare e scambiarci una chiacchiera in qualsiasi momento della giornata. Il bel gioco offerto dalla squadra del Vomero fu offerto da leggende del calcio italiano che hanno mosso i loro primi passi proprio in questo piccolo quartiere. A quell’epoca i finanziatori locali della quartiere avevano permesso la costruzione di una piccola palazzina che doveva ospitare i calciatori della squadra con le loro famiglie, e solo dopo fu trasformata negli spogliatoi: oggi, quell’antica palazzina, ospita il Liceo Classico Adolfo Pansini. Nelle stagioni 1968-’69 e 1969-’70 l’Internapoli, allenato da Luis Vinicio, con Gianni Di Marzio allenatore in seconda, sfiorò la promozione in Serie B arrivando in entrambe le occasioni terzo.
Giorgione Chinaglia ai tempi dell’Internapoli (foto Laziowiki).
Un biennio che formò gli animi di molti tifosi del quartiere che si avvicinavano sempre di più agli ambienti dello stadio. Più volte ci fu il sold –out, e i tifosi entravano tutti con i colori bianco- azzurri d’appartenenza. Nella stagione 1968-’69, si misero in luce alcuni giovani, tra i quali Giorgio Chinaglia, Giuseppe Massa e Pino Wilson, che nell’estate successiva furono acquistati dalla Lazio; Chinaglia e Wilson furono anche i protagonisti dello storico primo scudetto vinto dalle Aquile nel 1974. Onnipresenti erano gli striscioni che inneggiavano alla mitica coppia d’attacco Porro e Chinaglia, “Porro e Chinaglia Internapoli a mitraglia”. Anche l’allenatore Di Marzio visse eclatanti soddisfazioni grazie ai ragazzi dalla casacca bianco-azzurra. La breve vita dell’Internapoli diede false speranze a chi si augurava di poter avere una doppia squadra cittadina come Milano, Torino, Genova, Roma e Verona. Ancora Rivellino insiste: “A quei tempi all’interno del quartiere si respirava un’aria di rivalsa, dove i cittadini si sentivano appartenenti ai colori bianco azzurri dell’Internapoli. Chiaramente era il Napoli Calcio la squadra più acclamata, anche perché era quella che vinceva di più, e si sa, i tifosi seguono chi porta vittorie… ma il sogno di una seconda squadra stava diventando piano piano una realtà molto solida”. Stava nascendo una sana competizione in città e i tifosi del Vomero furono sempre spalleggiati dai fratelli maggiori tifosi del Napoli Calcio. Era la squadra del Vomero, era una squadra di quartiere, eppure era seguitissima e aveva un seguito di tifosi di tutto rispetto. Vista come la Cenerentola del calcio italiano, innescava nei cuori dei tifosi di calcio una luce di speranza. Chi vestiva i panni del tifoso dell’ Internapoli, viveva la domenica in maniera più agguerrita, perché doveva sfidare non solo i temibili avversari domenicali, ma anche le malelingue giornaliere dei tifosi del Ciuccio. Era una domenica di passione. Era facile incontrare sugli spalti dello stadio qualche supporter del Napoli, che con eguale passione sosteneva la seconda squadra della città. Infatti agli ultimi due campionati classificatosi al terzo posto, seguì il declino, con due retrocessioni consecutive. Dopo un misero fallimento è il presidente Di Fede che riprende in mano la società e gli restituisce il suo nome originale Internapoli, al posto del povero Nuovo Vomero A.C. che ebbe solo tre anni di insuccessi. Col nuovo presidente la parola d’ordine è affiatamento; compra, vende, investe e nel frattempo costruisce un gruppo più solido che grazie a bomber Iacono vince addirittura la finale della coppa Italia Dilettanti nel 1980.
Grazie alla storica vittoria per 1-0 contro la Mobilieri Ponsacco, il club riuscì poi a tornare in Serie D nella stagione 1981-’82. A causa di problemi con lo Stadio “Arturo Collana” l’Internapoli si spostò a Pozzuoli e divenne parte del club Puteolana 1909. E’ l’inizio della fine. Tante cessioni di lusso, troppi debiti e diversi presidenti succedutesi che non avevano la stessa vena positiva dei predecessori. Campagne di abbonamento mai portate a termine, un campo di calcio fatiscente che mai è stato rimesso a nuovo (servirebbe tuttora un campo di calcio in erba sintetica) e giocatori che non avevano più la stessa voglia: questi erano solo alcuni dei problemi per il quale si è dissolta la formazione vomerese.
Vomero Magazine