Il guerriero svedese ha chiuso gli occhi
Apr 18, 2023

La sua buona battaglia, parafrasando San Paolo, Klas Ingesson l’ha combattuta fino alla fine. Fisico da corazziere (un metro e 90 per 86 chilogrammi di peso forma), lo svedese è stato un vero guerriero sul campo come nella vita. Da calciatore ha vissuto stagioni molto positive anche in Italia con le maglie di Bari, Bologna e Lecce, mentre con la Nazionale svedese è uno dei protagonisti del terzo posto conquistato ai Mondiali di Usa ’94. Una volta ritiratosi, una grave forma di tumore, un mieloma multiplo, lo porterà alla battaglia più dura della sua vita. Quest’ultima non gli impedirà di allenare in patria l’Elfsborg, ma alla fine la malattia tornerà a farsi sentire e se lo porterà via troppo presto all’età di 46 anni. Paolo Camedda nel suo articolo parla di “lotta impari con la malattia”.

Kennet Andersson e Klas Ingesson al Bari

Ingesson nasce a Ödeshög, in Svezia, il 20 agosto 1968, e inizia a giocare a calcio nelle Giovanili della squadra della sua cittadina, l’Ödeshögs IK, con cui fa tutta la trafila nelle Giovanili. All’età di 17 anni fa il grande salto nell’IFK Göteborg, una delle squadre più importanti del calcio svedese.

Con i biancoblù milita per 4 stagioni, dal 1986 al 1990, collezionando 53 presenze e 9 goal. Nel 1986 vince, pur non scendendo mai in campo, il titolo svedese e la Coppa Uefa. La sua stagione migliore è il 1989, con 21 presenze e 5 goal, e nel 1990 fa in tempo a mettere anche la sua firma sulla vittoria del campionato (8 presenze e un goal) prima di trasferirsi in Belgio con il Malines.

Nel Göteborg

I giallorossi non sono più la squadra che nella seconda metà degli anni ’80 era riuscita a vincere il titolo in patria e a sollevare una Coppa delle Coppe, ma si rivelano fondamentali nella crescita del giovane svedese, che in Belgio vive stagioni ad alto rendimento.

Devastante in fase di non possesso grazie al suo fisico e alle lunghe leve, Klas si afferma come mediano con licenza di offendere, perché riesce ad essere letale anche sotto porta e in particolare sui calci piazzati. E oltre a questo, il cuore e l’impegno che mette quando scende in campo, gli fanno raggiungere risultati importanti. In Belgio totalizza 28 reti, spalmate in tre stagioni, con 99 presenze. Il suo rendimento nella stagione 199-’93 (12 goal in 33 gare) convince il PSV Eindhoven a portarlo in Olanda. Il tecnico De Mos gli preferisce spesso l’olandese Jan Wouters, proveniente dal Bayern Monaco, e lo svedese trova poco spazio (12 presenze e un goal). Sceglie allora di assaggiare la Premier League inglese con lo Sheffield Wednesday. Anche qui non trova molto spazio (17 presenze e 2 goal in un anno e 3 mesi). Ma nel novembre 1995 l’approdo in Italia segnerà la svolta della sua carriera.

Il 31 maggio 1989, intanto, Ingesson debutta anche con la Svezia ed è subito boom: l’esordio nell’amichevole di Örebro contro l’Algeria lo vede infatti mattatore assoluto, con il centrocampista autore di entrambe le reti che danno la vittoria agli scandinavi. Partecipa ai Mondiali di Italia ’90, giocando le tre partite con Brasile, Scozia e Costarica, ma la Svezia rimedia tre sconfitte ed esce al primo turno.

Gli scandinavi hanno però modo di rifarsi e con gli interessi ad Euro ’92 e ad Usa ’94. Nel torneo continentale la squadra arriva fino alle semifinali, in cui è eliminata dalla Germania (3-2). La Nazionale del Ct. Svensson si ripete poi negli Stati Uniti con una storica cavalcata fino al terzo posto finale.

Nello Scheffield Wednesday

Ingesson gioca da titolare tutte e sette le partite che vedono protagonista la Svezia, che si arrende soltanto al Brasile in semifinale. La Seleçao per la verità è inbrigliata dal gioco degli svedesi, ma l’espulsione di Schwarz e un goal di Romario nei minuti finali portano i sudamericani in finale e gli scandinavi a giocarsi il terzo posto. La “finalina” del Rose Bowl vede però il trionfo della Svezia, che travolge 4-0 la Bulgaria e conquista il terzo posto finale, tornando sul podio mondiale dopo 36 anni. Al ritorno in patria Ingesson e compagni sono accolti come eroi. Il centrocampista conclude la sua esperienza in Nazionale nel 1998, con l’amichevole persa 4-0 a Vigo contro la Spagna, dopo aver totalizzato 57 presenze e 13 goal.

A Usa’94 contro il Brasile

Nel novembre 1995 il direttore sportivo del Bari, Carlo Regalia, in cerca di un rinforzo per la mediana pugliese, decide di puntare sul gigante dello Sheffield Wednesday. Visto il poco spazio trovato in Premier League, Klas accetta di buon grado di rilanciare la sua carriera in Italia. La stagione dei Galletti è però particolarmente travagliata. La squadra, sotto la guida iniziale di Beppe Materazzi, si ritrova presto in fondo alla classifica, e dopo la dodicesima giornata il presidente Vincenzo Matarrese affida la panchina ad Eugenio Fascetti, con la speranza di dare una sferzata alla stagione.

In Puglia Ingesson, che sarà una delle poche note liete dell’annata, ritrova il connazionale Kennet Andersson, compagno di tante battaglie in Nazionale. L’attacco biancorosso, composto da Andersson e Protti, che si laurerà a fine campionato capocannoniere del torneo a pari merito con Signori, fa faville, ma la difesa è disastrosa, e il risultato è la retrocessione in Serie B della squadra biancorossa, che si piazza al quart’ultimo posto. Ingesson gioca 24 gare, con un goal nella roboante vittoria interna per 4-1 contro l’Inter.

Il gigante svedese al Bologna

Nel 1996 ha offerte da diversi club della massima serie, ma non gli va di andarsene nel momento delle difficoltà e resta con la squadra pugliese anche in Serie B. Con 6 reti in 38 presenze, nel 1996-’97 è così fra i grandi protagonisti della vittoria del campionato cadetto e della risalita in Serie A. In biancorosso resta anche nell’anno del ritorno in Serie A. Lo svedese vive una stagione molto positiva, che lo vede collezionare 32 presenze e 4 goal, tagliare il traguardo delle 100 presenze con il club e indossare la fascia da capitano. Al di là del campo, i tifosi ne apprezzano le straordinarie doti umane che lo rendono una persona speciale e ben voluta da tutti, e per la sua stazza e una vaga somiglianza con l’attore Dolph Lundgren (l’Ivan Drago di Rocky) lo chiamano “Il Gigante buono”.

“Klas non era soltanto un ottimo calciatore, era una grande persona – dirà di lui il tecnico Eugenio Fascetti – Uno di quelli che si incrociano raramente nel calcio”.

Salvato il suo Bari, Ingesson nel 1998 accetta la sfida di una nuova esperienza in Serie A con la maglia del Bologna, fortemente voluto dal presidente Gazzoni Frascara in coppia ancora con il connazionale Kennet Andersson. Il duo scandinavo farà le fortune dei rossoblù, che nel 1998, guidati da Carlo Mazzone conquistano la Coppa Intertoto e guadagnano la qualificazione in Coppa Uefa.

“Klas non era soltanto un ottimo calciatore, era una grande persona” (Eugenio Fascetti)

Il cammino europeo dei felsinei è esaltante, cadono nell’ordine Sporting, Slavia Praga, cui Ingesson segna anche il goal della vittoria per 2-1 al Dall’Ara, Betis e Olympique Lione. Le semifinali con l’Olympique Marsiglia sono tese ed equilibrate, nel ritorno in casa il Bologna conduce 1-0 grazie a un goal di Paramatti, ma a 3′ dal 90′ un rigore trasformato da Blanc spegne il sogno rossoblù di raggiungere la finale del torneo, che sarà poi vinto dal Parma di Malesani. Anche in Coppa Italia la squadra esce in semifinale contro la Fiorentina. In campionato, invece, il duplice spareggio vinto con l’Inter di Hodgson permette agli emiliani di riprovarci l’anno successivo, ma stavolta il sogno si conclude prematuramente ai sedicesimi con il Galatasaray. Ingesson diventa comunque un beniamino dei tifosi rossoblù, anche in Emilia si fa apprezzare per serietà, impegno e correttezza e in due stagioni totalizza in tutto 96 presenze e 9 goal.

A Marsiglia

Nel 2000 a 32 anni lo svedese accetta di fare un’esperienza in Francia con il Marsiglia. Colleziona 13 presenze in Ligue 1 ma dopo appena 5 mesi, nel gennaio del 2001 decide di tornare in Italia, nella Puglia che lo aveva amato, ma stavolta con il Lecce. Lui che in maglia Bari aveva anche deciso un Derby con una doppietta, riesce nell’impresa, con il suo spessore umano, di unire due tifoserie tradizionalmente ostili. Il mediano di Ödeshög debutta con la nuova maglia il 21 gennaio nel pareggio per 1-1 contro il Parma, e totalizza 19 presenze e una rete contro l’Udinese l’11 marzo, con cui dà alla sua squadra un contributo determinante nella vittoria per 2-1, preziosa in chiave salvezza. A fine anno festeggia con i suoi compagni la conquista della permanenza in Serie A, prima di dire basta con il calcio giocato. Smessi i panni del calciatore, Ingesson qualche anno dopo decide di intraprendere la carriera di allenatore. Ma quest’ultima sarà costellata da mille difficoltà legate ai problemi di salute di Klas. Nel dicembre 2008, infatti, gli viene diagnosticato un terribile tumore, un mieloma multiplo.

Il mediano di Ödeshög a Lecce

L’ex mediano, da vero guerriero, decide di battersi da subito per sconfiggere la malattia. La notizia del tumore si diffonde nella primavera del 2009. Nel 2010 ottiene una prima guarigione. Dopo due anni torna anche nel Mondo del calcio e diventa tecnico delle giovanili dell’Elfsborg nel dicembre 2010. Il tumore però non gli dà tregua e nel gennaio 2013 Ingesson annuncia il ritorno del mieloma e che dovrà essere sottoposto a un trapianto di cellule staminali. Ma questo non gli impedisce, per il grande lavoro svolto con la formazione giovanile, di essere promosso alla guida della prima squadra.

“Ci ho pensato tanto prima di accettare la proposta – spiegherà qualche mese più tardi – ma poi mi sono reso conto che un’altra opportunità del genere non mi sarebbe mai più ricapitata e così ho detto di sì”.

Nel settembre 2013 guarisce per la seconda volta dalla malattia, tuttavia il trattamento cui deve sottoporsi gli causa ulteriori problemi, una forma aggressiva di osteoporosi, che rende le sue ossa fragili come briciole di pane. Per camminare è costretto a muoversi con un deambulatore, ma non rinuncia a fare il suo lavoro nonostante qualche critica piovuta dopo la prima sconfitta in campionato.

“Fisicamente e mentalmente non ho alcun problema per svolgere il mio lavoro – scrive in una lettera aperta pubblicata sul sito del club – e chiedo di essere giudicato come chiunque altro, ovvero sulla base dei risultati e della mia competenza e non già per via della mia condizione fisica”.

Durante le fasi del suo calvario

Ne è convinto anche il presidente, che ha deciso di affidare a lui la panchina.

“Il suo corpo é fragile ma la sua anima é più forte che mai”.

Allo stadio si presenta spesso in sedia a rotelle. Due incidenti rischiano di compromettere tutto: nel mese di aprile del 2014 si frattura un braccio cadendo nello spogliatoio dopo la partita contro l’Åtvidaberg, un mese dopo si rompe il femore cadendo dalla sua sedia a rotelle al Gamla Ullevi di Göteborg, lo stesso dove era cresciuto da calciatore. Ma nonostante tutto continua ad allenare, e i suoi ragazzi, fra cui spiccano Anders Svensson, Viktor Claesson, Johan Larsson, Marcus Rohdén, Simon Hedlund e Lasse Nilsson, danno l’anima per lui in campo. I risultati danno ragione al “Gigante buono” l‘Elfsborg chiude al quarto posto in campionato, qualificandosi per l’Europa League, gioca in quest’ultimo torneo e, soprattutto, vince la Coppa di Svezia 2013-’14 battendo in finale l’Helsingborg per 3-1. Dopo il fischio finale, Ingesson attraversa il campo in carrozzina e va sotto la curva con i suoi giocatori, che lo prendono per mano e festeggiano insieme a lui e ai tifosi il trofeo conquistato.

Saranno purtroppo gli ultimi momenti di gioia per “Il Gigante buono“. Il mostro, infatti, torna a colpire per la terza volta. Il fisico, che aveva duramente lottato per anni, stavolta è allo stremo. L’ultimo gesto, anch’esso estremamente lucido, è quello di lasciare la squadra al momento giusto, dando alla dirigenza consigli preziosi su come proseguire il lavoro che lui aveva svolto. Se ne va nelle prime ore della mattina del 29 ottobre 2014, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo del calcio e in chi lo amava o lo aveva conosciuto. Ma con la consapevolezza di aver combattuto la sua buona battaglia fino alla fine. Anche in Italia la sua morte suscita grande commozione. Viene ricordato dai club con cui era stato protagonista sul campo e dalle rispettive tifoserie, che la domenica successiva dedicano al guerriero svedese i loro cori.

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