Mazembe, una finale per tutta l’Africa
Feb 2, 2024

14 dicembre 2010, è il giorno più importante nella storia del calcio africano, almeno a livello di club. Il TP Mazembe interrompe la tradizione europeo-sudamericana del Mondiale per club (al tempo della Coppa Intercontinentale il trofeo opponeva direttamente la vincente della Coppa Libertadores ai campioni d’Europa) centrando contro pronostico la finale. In congolesi battono 2-0 in semifinale i brasiliani dell’Internacional di Porto Alegre, e approdano alla finale contro l’Inter.

Una fase della sfida con i brasiliani

Gli africani sono una squadra tatticamente molto evoluta rispetto al passato. Giocano molto chiusi in fase difensiva, ripartono velocissimi in contropiede ed hanno 3-4 elementi di buon livello. Emblematiche in tal senso le reti del trionfo, giunte nella ripresa. La prima di Kabangu: stop in area e destro a piazzare la palla con assoluta precisione dopo sponda aerea elegante di Ekanga. La seconda di Kaluyituka a quattro minuti dal termine: una azione personale, conclusa con una conversione da sinistra al centro e destro sul primo palo. E poi c’è il portiere Kidiaba: a volte un po’ troppo “piantato” sui cross, ma tra i pali ha una reattività eccezionale. Sobis, la punta di riferimento dei brasiliani, si è visto negare in tre circostanze la rete da balzi prodigiosi, al pari di Giuliano, entrato in campo quale mossa della disperazione.

In questa foto tutto il significato di un’atentica impresa per il calcio africano



Ma a parte il successo sportivo, quella del TP Mazembe rappresenta la vera svolta del calcio africano. Vero, sono arrivate in passato le vittorie olimpiche di Nigeria e Camerun nel 1996 e nel 2000, il Ghana ha sfiorato la prima entrata in una semifinale Mondiale pochi mesi fa. Ma si trattava di squadre formate da fior di professionisti strapagati nei campionati europei. Stavolta è diverso. Il TP Mazembe (TP sta per Tout Puissance, tutta potenza), fondato nel 1939 dai frati benedettini, è formato esclusivamente da giocatori africani, quasi tutti indigeni fatta eccezione per due zambiani (Singuluma e Sunzu) e per due camerunensi (Ngome e Ekanga). Il club è di di Lubumbashi, la seconda città dopo Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. E’ un particolare importante, perchè il calcio africano, in particolare quello della parte “Nera”, trova la sua consacrazione da dove aveva cominciato.

Il Mazembe campione d’Africa nel 1968, con Bwanga e Kazadi. In seguito, anche Ilunga e altri nazionali del 1974 avrebbero vestito la maglia dei bianconeri di Lubumbashi

Facciamo un salto indietro nel 1974, e la Repubblica Democratica del Congo, che allora si chiamava Zaire, è il primo paese dell’Africa Nera a partecipare alla fase finale del Mondiale. Il disegno sulla carta geografica al paese lo hanno fatto Muhammad Alì e George Foreman, protagonisti del match probabilmente più famoso della storia della boxe, svoltosi a Kinshasa pochi mesi prima. I risultati del calcio però sono sconfortanti: un accettabile 2-0 contro la Scozia, a cui segue un catastrofico 9-0 rimediato dalla Jugoslavia e un 3-0 dal Brasile.

Il Mazembe nel 1980

Di quest’ultima partita, a coloro che hanno superanto i quaranta, rimane impressa la apparente follia di Ilunga Mwepu. Punizione Brasile sul 3-0, il difensore dei Leopards esce dalla barriera e calcia via il pallone sotto lo sguardo attonito di Rivelino e Jarzinho. Perchè lo fece? Non conosceva il regolamento?

Per la prima e sinora unica volta, una squadra africana raggiunge la finale della Copa del mondo per club

A lungo in molti lo hanno pensato, ma tanti anni dopo la Bbc trovò Mwepu a Kinshasa, e dalle sue parole uscì fuori una testimonianza drammatica, terribile: “Pensavamo che saremmo diventati ricchi, appena tornati in Africa – disse – ma dopo la prima sconfitta venimmo a sapere che non saremmo mai stati pagati e quando perdemmo 9-0 con la Jugoslavia gli uomini di Mobutu (il dittatore dello Zaire di allora, ndr)  ci vennero a minacciare. Se avessimo perso con più di tre gol di scarto dal Brasile, ci dissero, nessuno di noi sarebbe tornato a casa”.

In quel gesto c’era dunque angoscia, paura. La sconfitta con il Brasile fu contenuta, ma per i giocatori non ci fu gloria, e lo stesso Mwepu finì a fare il contadino. Ecco, possiamo dire che, a distanza di 36 anni, i vari Lasongo, Kazembe, Kasusula ecc, hanno veramente giocato anche per lui.

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