C’è chi lo paragona a Umberto Eco. Perché come lui Alessandro Gazzi parla della nebbia, che permette anche a chi non è nato in questa città e qui è arrivato dopo un lungo percorso sportivo e umano, di capire cosa significa essere grigio.
“La nebbia è uterina. Ti protegge. Ti concede una felicità amniotica”, scriveva Eco. Per Gazzi la felicità è essere “onorato di essere entrato a far parte di un piccolo pezzo di storia grigia. E non è una emozione da poco”. L’ex capitano dell’Alessandria (un passato che conta soprattutto nel Bari e nel Torino) racconta la stranezza del debutto in C a Pontedera.
Nelle sue parole, sul suo sito, c’è l’intelligenza di calarsi in una categoria che non frequentava da tempo, c’è “la convinzione che le scelte sarebbero state ripagate”, c’è l’intelligenza, dopo il ko con il Como (che fu un nuovo inizio) di capire che “il senso della mia esperienza alessandrina, in un modo o nell’altro, avrebbe segnato la chiusura di tutti i cerchi”. Alla fine del viaggio c’è una certezza, da vero grigio, che della città, della squadra e della gente ha capito il valore più profondo. Come? “Impara a riconoscere le sfumature della nebbia alessandrina. Solo allora sarai in grado di apprezzare gli aspri spigoli del popolo grigio”. Gazzi lo ha fatto, quel popolo sarà sempre il suo.
Mimma Caligaris su “Il Piccolo”