Dal Dersim alla Hafenstraße
Ago 16, 2022

Il 6 novembre 2014 un calciatore del Gençlerbirliği, squadra di Ankara, viene fermato per strada da tre ragazzi, offeso e preso a pugni. Uno di quei momenti in cui la rivalità calcistica supera ogni limite e dà vita a scene che mai vorremmo vedere nel calcio, penserete. Tutto questo se stessimo parlando di un normale calciatore. Tutto questo se non stessimo parlando di Deniz Naki.

Nel Bayer Leverkusen
Nel Rot Weiss Ahlen

Deniz Naki nasce nel luglio dell’89 a Düren, Germania, cittadina sulla E40 a metà strada tra Aachen e Köln. I genitori però non sono originari del posto. Vengono dalla provincia di Tunceli, sarebbe meglio dire Dersim, e sono dei curdi-aleviti.

I problemi per la provincia di Dersim, antico nome curdo del luogo, iniziano con gli anni ’30 del ventesimo secolo. All’epoca Mustafa Kemal Atatürk, primo presidente della Turchia, disse: “La questione del Dersim è la questione prioritaria della nostra politica interna. È necessario che il governo sia dotato di un’autorità ampia e illimitata e per eliminare a ogni costo questa ferita interna, questo repellente ascesso“. Che stava succedendo in quel lembo di terra dimenticato da Dio? Nel Dersim hanno sempre vissuto svariate etnie in pace ed armonia tra loro. Incontravi curdi, armeni, aleviti, sunniti e cristiani. Tutti con una particolarità: non avevano nessuna intenzione di sottomettersi a qualcuno. Hanno provato ad introdurre la giurisprudenza islamica e la sharia, ma il Dersim disobbediva.

Negli anni 1937-1938 l’eliminazione del “repellente ascesso” di cui parlava Atatürk equivalse allo sterminio di più di 70.000 mila innocenti tra cui donne e bambini e alla deportazione in Anatolia occidentale della maggioranza dei sopravvissuti. Solo uccidendo i suoi abitanti, la sua linfa vitale, riuscirono a far piegare la testa al Dersim.

In azione nel St Pauli

Tra i primi anni ’80 e l’inizio del ventunesimo secolo il governo turco ha ripreso le armi contro quelle popolazioni con la scusa della lotta al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, obbligando attraverso torture e distruzioni 30.000 persone a fuggire da quelle terre. Tra loro c’erano anche i genitori di Deniz, che sfuggì a quell’orrore.

Deniz fin da piccolo riesce a legare le letture di Öcalan al pallone che rientra sul destro per chiuderla sul primo palo e a quindici anni entra a far parte delle giovanili del Bayer Leverkusen, 45 minuti da casa. Con le aspirine ci rimarrà fino al 2009, quando la società lo manda a farsi le ossa a Ahlen tra le fila del Rot Weiss Ahlen, la squadra dei minatori tanto antipatica ad Hitler, al tempo in seconda divisione. Dopo la felice esperienza con i RWA Deniz fa la cosa più ovvia da fare quando sei un calciatore comunista in Germania. Stagione 2009, Deniz Naki passa al FC St. Pauli.

Idolo dell’ “altra sponda” di Amburgo

Al Millerntorn passerà gli anni più felici, sia calcisticamente che umanamente, della sua vita diventando un leader e un beniamino dei tifosi in soli tre anni, grazie soprattutto a quella partita contro l’Hansa Rostock. Il 2 novembre del 2009 al DKB Arena di Rostock in campo ci sono i padroni di casa da una parte e il St. Pauli dall’altra, la squadra degli scarti della società amburghese. Non è una partita come le altre perché alle bandiere antifasciste e ai pugni chiusi degli ospiti si contrappone una tifoserie di estrema destra come quella di Rostock. Prima dell’inizio della partita qualche tifoso è dovuto ricorrere a qualche garza in testa.

Con la maglia del Paderborn

Il St. Pauli si porta in vantaggio con Lehmann, ma l’apocalisse arriva con il raddoppio di Deniz. Non ci vede più, è un toro impazzito. I libri di Apo gli hanno insegnato che i veri scarti della società non sono quelli che stanno impazzendo per il suo goal, ma quelli che hanno passato tutta la partita a fischiare Takyi, compagno di squadra ghanese. Deniz è cresciuto odiando i nazisti, che sia dell’Illinois, di Istanbul o di Rostock. Ha il sangue agli occhi e fa un gesto inaspettato e insensato. Va sotto la curva dei tifosi di casa, abbraccia i compagni e festeggia. Poi si volta un secondo verso i tifosi che lo stanno offendendo e si passa il pollice sul collo. “Vi taglio la gola“. A fine partita festeggerà la vittoria andando sotto la sua di curva e piazzando la bandiera con il teschio sul soffice manto erboso del fortino avversario. L’antifascismo ed il St. Pauli avevano vinto, la Federazione squalificherà Naki e la società lo multerà ma dalle parti della Hafenstraße tutti girano con la maglia del St. Pauli ed un nome sulla spalle. Naki, 23.

In Turchia nel Gençlerbirliği

Nel 2012 lascia Amburgo per Padernborn, ma è solo di passaggio dato che nell’estate del 2013 arriva ad Ankara sponda Gençlerbirliği. La prima stagione termina con 20 presenze e un po’ di fatica a trovare spazi e goal, la seconda inizia a malapena. Agli inizi di novembre arriva infatti la notizia che il giocatore tedesco ha rescisso il contratto con la società. Il motivo? C’è scritto all’inizio dell’articolo. Tre ragazzi, probabilmente ultras del Gençlerbirliği, lo hanno avvicinato chiamandolo “sporco curdo” ed offendendolo per le sue frasi anti-ISIS apparse sul suo profilo Facebook e per la solidarietà espressa ai compagni impegnati nella lotta a Kobanê. “Mi urlavano che ‘sia maledetta Kobanê, che sia maledetta Sinjar’ – racconta in un’intervista – ho provato a calmarli, ma all’improvviso uno di loro mi ha colpito in un occhio, io gli ho tirato un pugno per difendermi e sono scappato. Mentre mi stavo allontanando mi hanno urlato ‘non è stato abbastanza il primo avvertimento? Questo è il secondo e l’ultimo. Lascia il paese, questa città e questa squadra’”.

Nell’Amedspor

Naki ha immediatamente lasciato il club tornando in Germania precisando però che “anche se sto andando via, e lo faccio per la sicurezza della mia famiglia, voglio che sappiate che la paura non mi fermerà dal portare avanti i valori in cui credo”. Dopo qualche mese da svincolato arrivano le prime proposte. All’inizio si pensa ad un romantico ritorno al St. Pauli, sul web si scatenerà anche una mobilitazione dei tifosi amburghesi per riportarlo a casa, ma dalle parti di Diyarbakır, una delle città turche con la maggior presenza curda, nella società di calcio della città, il Diyarbakır Büyükşehir Belediyespor, qualcosa sta cambiando.

Senza nessuna autorizzazione da parte della Federcalcio turca infatti il nome viene cambiato in Amedspor SK, vecchio nome curdo della città.

Deniz decide di andare dove c’è più bisogno. Nel luglio del 2015 Deniz Naki è un nuovo giocatore dell’Amedspor. E qui finisce la sua carriera nel 2018.

Fonte: Minuto Settantotto

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