Il Toro prima squadra totale della storia del calcio
Mag 4, 2022

Abbiamo notato che non è mai stato aperto un topic ufficiale su quella che viene considerata la più forte squadra italiana di tutti i tempi. Su quella leggendaria squadra si è scritto molto e si è detto tanto ma sempre con toni epici e spesso irrazionali: pochi hanno affermato con razionalità quale è stata la grandezza tecnico-tattica e le innovazioni portate dal Torino. Su quanto abbiamo letto o ci è stato raccontato, cercheremo di spiegare in poche parole in cosa consisteva la grandezza di quella leggendaria squadra.

Valentino Mazzola

Se dobbiamo tracciare una linea che va dalla Juventus del Quinquennio al Milan di Sacchi notiamo che tutte le grandi squadre italiane hanno avuto all’incirca le stesse caratteristiche: forte fase difensiva, offensive affidate al contropiede o all’inventiva degli attaccanti. Il Grande Torino invece è una squadra che aveva quasi nulla d’italiano dal punto di vista calcistico pur essendo una squadra composta per 11/11 da italiani puri, questa è la prima grande anomalia, una squadra italiana ma che praticava un calcio totalmente agli antipodi rispetto a quello che di tradizione italiana (cioè difesa e contropiede, seppur speso sublimati dal talento individuale).

Eusebio Castigliano sulle figurine

L’altra cosa che salta all’occhio di quella squadra è l’alto numero di giocatori polivalenti, versatili e “totali”: Bacigalupo era un portiere moderno che usciva spesso fungendo da libero aggiunto, Maroso era più un’ala che un terzino, Grezar era un mediano ma anche all’occorrenza un difensore aggiunto, Castigliano e Mazzola giocavano a tuttocampo, Gabetto era una punta capace di svariare su tutto il fronte offensivo senza dare punti di riferimento. Insomma il Grande Torino è stata la prima squadra totale della storia del calcio, prima ancora della Grande Ungheria od ella Grande Olanda di Michels. Anche dal punto di vista tattico quella squadra era avanti anni luce rispetto alle altre squadre dell’epoca (si parla pur sempre di Anni ’40). Il successo del Torino era garantito dalla preparazione moderna che gli consentiva di correre sempre il doppio degli avversari. Ma la vera chiave del successo di quella squadra, oltre la presenza di fuoriclasse come Mazzola, Maroso, Castigliano, Gabetto, Ballarin, Loik, era la capacità di cambiare ritmo nel corso del match. Il Grande Torino era capace di miscelare gioco orizzontale a gioco verticale, momenti di calma piatta ad altri di forsennato pressing (i leggendari quarti d’ora granata) che prima stordivano e poi annichilivano gli avversari.

Guiglielmo Gabetto


Tradizionalmente si è sempre affermato che il Grande Torino giocasse con il WM di scuola inglese (in numeretti un 3-2-2-3), questo è vero solo in parte. In fase di non possesso la squadra si schierava già con un 4-2-4 (o 4-4-2) che anticipava i sistemi di gioco dell’Ungheria e del Brasile nati una decade dopo (l’eminenza grigia era Egri Erbstein, un ebreo ungherese). Questo perchè Grezar retrocedeva sulla linea dei difensori assieme a Ballarin-Rigamonti e Maroso con quest’ultimo pronto a proiettarsi in attacco (fu lui il primo fluidificante italiano della storia). A centrocampo l’ala sinistra Ossola retrocedeva a centrocampo assieme a Loik e Castigliano con Mazzola vero uomo a tutto campo. L’attacco s’imperniava sul moto perpetuo di Gabetto abile a svariare su tutto il fronte e a servire la seconda punta Menti o gli inserimenti dei centrocampisti. Per farvi un’idea il capocannoniere del Torino nel 1946 era Castigliano, che ricopriva il ruolo di mediano difensivo sinistro.

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