Rubén Ayala, il baffuto attaccante argentino conosciuto come “el Ratón”, fu protagonista in Spagna con la maglia dell’Atlético Madrid. bI Colchoneros hanno sempre tenuto un vincolo speciale con i giocatori sudamericani, e negli anni 70 il club madrileno vide passare tra le sue file i brasiliani Leivinha e Luis Pereira, gli argentini Ruben Ayala, Heredia, “el Panadero” Díaz e Rubén Cano, quest’ultimo poi naturalizzato spagnolo. Baffi e chioma voluminosa che gli donavano una somiglianza con Jon Lord dei Deep Purple, Ayala in campo era agilissimo, uno stile apparentemente frenetico e scoordinato ma efficace, e per questo fu soprannominato il “el Ratón”, perché guizzava via in maniera imprevedibile come un topo che scappava dalla cattura.
La carriera di Ayala, profilico e tipico attaccante-capellone degli anni ’70, ha corso seriamente il rischio di non iniziare mai: per poter essere tesserato per le giovanili del San Lorenzo, una delle storiche cinque grandi di Argentina, era necessario un documento di identità che Ayala, ancora minorenne, non poteva ottenere senza il benestare del padre. Padre che si opponeva al desiderio del figlio di diventare calciatore professionista. Alla fine il documento saltò fuori grazie all’opera di un parente tifoso del San Lorenzo. L’esordio di Ayala in prima squadra è datato 1968 e nel 1972 arrivano i primi trionfi: il San Lorenzo vince il campionato Metropolitano e il campionato Nacional, quest’ultimo senza perdere una partita. Ayala segna rispettivamente 15 e 8 goal ed è il miglior cannoniere della squadra.
L’anno successivo Ayala attraversa l’Atlantico e va a giocare in Spagna, nell’Atlético Madrid campione di Spagna, in uno dei periodi migliori della storia dei Colchoneros. Nella stagione 1973-‘74 l’Atlético Madrid arriva in finale di Coppa dei Campioni, eliminando Galatasaray, Dinamo Bucarest, Stella Rossa Belgrado e Celtic Glasgow. Per Ayala un goal negli ottavi di finale contro la Dinamo Bucarest e un’espulsione nella semifinale contro il Celtic Glasgow che gli impedirà di scendere in campo nella finale contro il Bayern Monaco. Tra l’altro quella tra Bayern e Atlético è stata l’unica finale di Coppa dei Campioni-Champions League ad essere ripetuta. La prima finale infatti termina 1-1 ed è solo nella ripetizione, disputata due giorni dopo, che il Bayern dilaga 4-0: è il primo trionfo europeo per la squadra di Beckenbauer.
Il 1974 è anche l’anno dei Mondiali di Germania, a cui l’Argentina partecipa dopo aver “saltato” quelli del 1970; al momento della qualificazione (ottobre 1973) Ayala giura di non tagliarsi più i capelli fino alla fine dei Mondiali, un vero e proprio atto di nascita per un calciatore capellone… Ayala è titolare in tutte le partite dell’Argentina e segna anche un goal nel 3-1 contro Haiti. L’Argentina verrà eliminata al secondo turno, finendo dietro a Brasile, Olanda e Germania Est. Altro caso unico nella storia del calcio, il 1974 è l’anno in cui l’Atlético Madrid, nonostante la sconfitta nella finale di Coppa Campioni, va a giocarsi la finale di Coppa Intercontinentale contro l’Independiente: il Bayern infatti rinuncia per paura di subire violenze e intimidazioni in terra argentina (a quel tempo la Coppa Intercontinentale si giocava con partite di andata e ritorno). Ayala non ha di questi problemi ed è protagonista della finale di ritorno, quando l’Atlético Madrid ribalta l’1-0 dell’andata vincendo 2-0, con goal Irureta e del ratòn all’85’: stop di petto, controllo di palla tra due avversari in area e tocco di sinistro a battere il portiere. L’Atlético Madrid diventa la prima e unica squadra a laurearsi Campione del Mondo senza aver vinto la Coppa Campioni o la Copa Libertadores nell’anno precedente. Nel 1976 Ayala e l’Atlético Madrid vincono l’ultima edizione della Copa del Generalìsimo, come allora era denominata la Coppa di Spagna. Dall’anno successivo, sarebbe tornata a chiamarsi Copa del Rey. A conclusione di questo ciclo di vittorie e di ottimi piazzamenti in campionato arriva la Liga vinta nel 1976-‘77 dopo un duello contro il Barcellona. Per ritrovare l’Atlético campione di Spagna si sarebbero dovuti aspettare altri 19 anni (1995-‘96).
Dopo le sei stagioni all’Atlético Madrid, nel 1980 si trasferì in Messico, dove chiuse la propria carriera con l’Atlante e dove iniziò ad allenare (ha vinto due titoli nazionali con il Pachuca).
Con la nazionale argentina Ruben Ayala vanta 25 presenze e 11 reti: la leggenda dice che sia stato il giocatore con i capelli più lunghi della storia dei Campionati del Mondo. In patria è diventato famoso al pubblico non solo per le sue gesta calcistiche ma anche per la sua apparizione in uno spot televisivo di una marca di scarpe da calcio. Anche adesso, a distanza di anni, basta nominare la frase “En Europa no se consiguen” (In Europa non si trovano) per ricordarlo.