Ci sono gesti tecnici che restano, e resteranno per sempre, indissolubilmente legati ai giocatori che li hanno resi celebri. È così, per esempio, che quando un calciatore esegue il cosiddetto “elastico”, la mente di ogni appassionato va a Ronaldinho, tra i più formidabili esecutori del gesto. E così per tante altre finte, tanti altri movimenti che ogni giorno vanno in scena sui campi del pianeta. C’è però un gesto tecnico, una giocata, che ha visto il nome del suo “padre” scivolare via, quasi dimenticato tra le pagine di storia del calcio. È il gol segnato direttamente da calcio d’angolo: si usa chiamarlo “gol olimpico”, soprattutto nei paesi dell’America Latina. Questo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non perchè fu segnato durante un’Olimpiade. Per risalire alla genesi di questa definizione serve riavvolgere il nastro del tempo fino al 2 ottobre 1924. Lo scenario è quello dello stadio “Iriarte y Luzuriaga” di Buenos Aires, impianto oggi demolito, allora casa dello Sportivo Barracas, società che fu capace anche di vincere un titolo nazionale, prima di scomparire nel 1936. Su quel campo, quel giorno, si gioca un’amichevole tra l’Argentina e l’Uruguay, ammesso che tra Argentina e Uruguay, in un campo di calcio, possa esistere qualcosa di amichevole. Le due nazionali si sono già incontrate pochi giorni prima a Montevideo, è finita 1-1. Non è esattamente “da amichevole” il pubblico: sugli spalti, secondo il quotidiano La Nación, si sistemano 52 mila persone, in uno stadio dalla capienza massima di 40 mila spettatori.
Ci sono tifosi anche a bordo campo, dov’è stata piazzata per l’occasione una speciale barriera anti-invasione. Secondo le cronache dell’epoca – riportate da “Libero Pallone” – per la prima volta in Argentina si vedono i cosiddetti “bagarini”, che fuori dallo stadio rivendono i biglietti per la partita a prezzi esorbitanti. È anche la prima partita trasmessa in diretta dalla radio argentina: la cronaca è affidata ad Atilio Cassime, giornalista de El Diario Crítica. Insomma, la gara è sentita, è partita vera.
Poi si gioca: al 15′ del primo tempo l’Argentina batte un calcio d’angolo da sinistra, sul pallone va Cesáreo Onzari, guizzante ala dell’Huracán. Nato nel 1903, Onzari spende con la “camiseta” dei “Quemeros” l’intera carriera, – ad eccezione di una parentesi di un anno al Boca Juniors – vive il passaggio dal dilettantismo al professionismo del calcio argentino, tra il 1921 e il 1933 colleziona 157 presenze e 61 reti, eppure tutti questi numeri, tutto ciò che sarà in grado di dimostrare in più di dieci anni di militanza, verrà oscurato da ciò che Cesáreo sta per fare, in quel pomeriggio di ottobre del 1924, con la maglia albiceleste.
Onzari, dicevamo, si incarica di battere il corner: dal suo destro nasce una parabola arcuata, che prende uno strano effetto e improvvisamente rientra verso la porta uruguagia difesa da Mazali. Nessuno tocca, la sfera termina la sua corsa in fondo alla rete. Ne nasce un parapiglia: l’Uruguay, passato lo stupore per quanto appena visto, protesta furente, sostiene che il gol non sia valido, che sia da annullare per una spinta nei confronti di Mazali. L’arbitro non li ascolta, allora gli uruguaiani sostengono che il gol non sia valido perchè il pallone è stato sospinto in porta dal vento. Nulla da fare, il gol è convalidato, l’Argentina è in vantaggio. Non lo sarebbe stato fino a cento giorni prima: tanto è passato dal giorno di giugno in cui l’International Board della Fifa ha sancito che è possibile realizzare un gol calciando direttamente dal calcio d’angolo. La modifica è stata decisa dopo un gol realizzato da tale Sam Chedgzoy, calciatore inglese dell’Everton che poco tempo prima ha evidenziato una “falla” nel regolamento. Le norme, infatti, stabilivano che il gol, dopo il calcio d’angolo, fosse valido solo dopo il tocco di un secondo giocatore, ma non specificavano quanti tocchi erano consentiti a chi batteva.
Su suggerimento di un giornalista di Liverpool, Chedgzoy un giorno è partito palla al piede dalla bandierina, tra lo stupore di arbitro, compagni ed avversari, è arrivato in area e ha calciato in porta: dopo quest’episodio l’Ifab ha deciso di mettere mano al regolamento. Ai giocatori della Celeste, però, delle modifiche al regolamento importa zero: la partita da tesa diventa incandescente, la contesa si trasforma in una corrida. Sulle pagine de El Gráfico si parla di “guerriglia”. Gli uruguagi si sentono defraudati, vittime di un’ingiustizia, e passano alle maniere forti. In poche parole, iniziano a volare calci, quasi mai alla palla, e colpi proibiti in ogni zona del campo.
Ne fa le spese l’argentino Adolfo Celli, che si rompe tibia e perone e sarà costretto al ritiro dal calcio. Il pubblico di Buenos Aires ruggisce, dalle tribune dello stadio “Iriarte y Luzuriaga” partono sassi e bottiglie indirizzati ai calciatori uruguaiani. L’Argentina vince 2-1: dopo il gol di Onzari pareggia Pedro Cea, Domingo Tarascone firma il nuovo vantaggio albiceleste. Ma la cronaca sportiva è solo un contorno, è la violenza a dominare la scena. I giocatori della Celeste, non proprio dei codardi, ma bersagliati come detto dal lancio di oggetti dalle tribune, decidono di lasciare il campo cinque minuti prima della fine dell’incontro. La polizia presente a bordo campo cerca di fermarli, Scarone rifila un cazzotto ad un agente, e al posto di trovare rifugio negli spogliatoi viene condotto in commissariato, dove passerà qualche ora non esattamente piacevole. La rivalità rioplatense tocca uno dei suoi picchi più alti, ma ad essere consegnato ai libri di storia, in questo pomeriggio di follia, è il gol di Cesáreo Onzari: da quel giorno il gol segnato direttamente da corner si chiamerà “gol olimpico”. Olimpico, perchè segnato contro l’Uruguay che pochi mesi prima aveva vinto la medaglia d’oro ai Giochi di Parigi.
Quello di Onzari non è in realtà il primo gol in assoluto segnato direttamente dalla bandierina: Billy Alston, citato anche dalla stessa Fifa, il 21 agosto ne ha segnato uno analogo in una partita di seconda divisione scozzese. Il nome che passa alla storia, però, è quello di Onzari: vuoi per la risonanza di una gara tra le più sentite al mondo come Argentina-Uruguay, vuoi per il desiderio degli argentini di sventolare un primato, seppur minore, in faccia agli odiati vicini, il gol dell’ala dell’Huracán passa alla storia come “gol olimpico”.
La leggenda racconta che Onzari passerà il resto della propria vita – morirà nel 1964 – a giurare a tutti che quel gol fu gesto voluto, frutto di una sua geniale intuizione e non del caso. Non tutti ne venivano convinti.
“Mi è riuscito perchè doveva riuscirmi”, raccontava Cesareo Ciò che è certo è che a quel gol, e a tutti i “gol olimpici”, verrà per sempre legato il tuo nome. Lo hanno imitato negli anni Beckham, Recoba, Veròn, ma anche Palanca, ma il “padre” del “gol olimpico” è e sarà per sempre Cesareo Onzari.