Toshack indossò una tuta rossa del Catania. Entrò in campo per primo
Mar 28, 2021

Marbella, Spagna, 5 novembre 2002, mezzogiorno, interurbana dall’Italia. John Benjamin Toshack alzò la cornetta. Ascoltò. Rispose: “Yes“. Riagganciò. Pensò: “Italia” e cercò di farsi venire in mente qualcosa che avesse a che fare con quella parola lì: “Italia“. 

Roma, piazza Esquilino, palazzo d’epoca, terzo piano, ufficio elegante, primo pomeriggio, 7 novembre 2002. “Duecentosessanta”, scrisse su un foglio bianco Luciano Gaucci. Poi fece scivolare il foglio dall’altra parte della scrivania. E aspettò. Toshack guardò il foglio, alzò gli occhi e disse “ochei“. Lo disse da gallese, era un “ochei” detto con la calcolatrice tra i denti. Quindi sorrise. E nel suo impasto di inglese e spagnolo disse. “Duecentosessantamila euro?” Gaucci lo guardò. “No, duecentosessanta milioni di lire“. Silenzio. L’inizio fu questo, un equivoco.

Luciano Gaucci

Aeroporto di Fiumicino, sala d’attesa, le otto della sera, 8 novembre 2002. Pensò che non conosceva Catania, pensò che non conosceva la B italiana, veniva dopo la A quindi sarà un po’ peggio, no? Pensò che aveva cinquantatré anni, pensò che poteva mettersi in gioco. Un’altra volta. Pensò che aveva allenato in cinque paesi. Pensò che l’Italia sarebbe stato il sesto. Si ricordò giovane, dopo un tackle nel fango di Anfield Road, a Liverpool. Faceva il centravanti, l’aveva fatto per nove anni. Gli venne in mente di quella volta al Bernabeu, quando sulla panchina vinse la Liga con il Real Madrid. I ricordi gli fecero compagnia e gli diedero coraggio.

Toshack sulla panchina del Real Madrid

Pedara, Catania, campo di allenamento, ore quattro meno dieci del pomeriggio, 13 Novembre  2002. Toshack indossò una tuta rossa del Catania. Entrò in campo per primo. Salutò un uomo curvo con un sorriso simpatico. L’uomo era Francesco Graziani, detto Ciccio, era lì per dargli una mano. Erano anni in cui il generoso Ciccio allenava. Da lì a poco sarebbe diventato, occhiale techno-style e faccia da duro, un uomo da reality show. Fu quando decise di allenare in tv il Cervia, prima squadra da telenovela delle nostre esistenze telecomandate.

Poche settimane dopo, superstrada aeroporto Catania, direzione Pedara, undici e quaranta della sera. Tornando in albergo in taxi ripensò alla partita persa poco prima con il Napoli. Guardò fuori dal finestrino, squillò il cellular. Lasciò suonare per un po’, sapeva chi era, sapeva cosa gli avrebbe detto, infine rispose: “Ho capito“, disse con la voce incrinata.

Ipse dixit:

«Da giocatore ho iniziato tra gli amatori e sono arrivato a vincere tutto. Da tecnico ho cominciato in serie C e poi ho conquistato la Liga con il Real. Gaucci è il presidente giusto. Che la pensa come me».

John Toshack, il giorno della presentazione al Catania. Novembre 2002.

Un undici del Catania 2002-’03

“Dopo la partita contro il Napoli, non pensavo di dover lasciare la squadra. Quando però ho letto le dichiarazioni del presidente sui giornali, ho pensato che fosse davvero troppo. In 25 anni da allenatore, non ho mai incontrato un presidente che mi dicesse quale squadra mettere in campo”.

John Toshack, il giorno del suo addio al Catania. Gennaio 2003.

Furio Zara

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