Joseph Bowers è stato il primo uomo ad aver provato ad evadere da Alcatraz. Un giorno, dopo aver finito di lavorare presso l’inceneritore dei rifiuti della prigione, si avviò verso la rete metallica. Le guardie gli intimarono più volte di fermarsi ma lui andò avanti, fino alla discordia. Gli spararono e catapultò giù giù da una rupe alta venti metri. Joseph Bowers è morto a 39 anni e con quel gesto si è guadagnato il suo piccolo gesto pezzo di eternità. Perché a volte il tentativo di riuscire in qualcosa di totalmente anomalo va oltre il mero risultato.
Nella sua piccolezza costituita da metafore, anche il mondo del calcio ha tante storie di personaggi sconfitti che pagano giustamente le loro colpe. Nella memoria collettiva resta però il momento in cui hanno provato ad essere eroi. Perché vincere è tutto, ma non è poi così importante. Se si pensa a Milan-Venezia, stagione 1999-2000, a nessuno verrà in mente qualche cosa di particolare. Solo i milanisti più incalliti ricorderanno i gol di Bierhoff e Weah o che quella partita per i rossoneri fu un piccolo riscatto dopo una pesante sconfitta in Turchia in Champions League. Un Milan-Venezia è una partita fatta per morire nel presente, utile solo a scalfire la routine di una settimana di novembre e costituita da istanti che appassiscono il lunedì, come se fossero un fiore mal conservato. Se a più di quindici anni di distanza qualcuno si ricorda ancora di quell’incontro lo si deve solo al difensore del Venezia Fabio Alves da Silva, noto come Bilica. Il soprannome nasce dal fatto che il piccolo Fabio era noto per la sua vorace passione per i lecca lecca, i bilicas appunto, ed è risaputo quanto basti poco ai brasiliani per etichettare tutta la vita un’innocente passione infantile.
Nel 1999 Bilica ha appena vent’anni ed è in Italia da un anno e mezzo. Durante la prima stagione in Serie A il giovane brasiliano si era fatto spazio nel Venezia di Novellino, che aveva raggiunto una salvezza tranquilla guidato dalle prodezze di Recoba e dai gol di Maniero. In quella stagione 1998-99 Bilica si era distinto per un gesto: nella partita Venezia-Bari, terminata 2-1, era stato l’unico compagno di squadra a festeggiare il connazionale Tuta per il gol decisivo. Fin qui nulla di male, se non fosse che quella partita era stata palesemente combinata per un pareggio e il gol fu accolto con un misto di astio e freddezza dagli stessi giocatori del Venezia. La stagione 1999-2000 non inizia sotto i migliori auspici per la compagine lagunare: non c’è più Recoba, sostituito dall’incostante serbo Petkovic e la squadra naviga nei bassifondi della classifica. Dopo nove giornate il vulcanico Zamparini sostituisce in panchina l’emergente Luciano Spalletti con il vecchio guru Giuseppe Materazzi che esordisce proprio a San Siro nella proibitiva trasferta contro il Milan campione d’Italia in carica.
Fin dalle prime battute si capisce che il match avrà poca storia: il Milan attacca ininterrottamente guidato dal trio Bierhoff-Shevchenko-Leonardo, con quest’ultimo che si infortuna dopo mezz’ora e viene sostituito da Weah. Le occasioni per i rossoneri si sprecano, mentre il tridente d’attacco veneziano viene facilmente neutralizzato dalla difesa rossonera malgrado qualche sporadico tentativo di Valtolina. I lagunari resistono nel primo tempo ma è un fuoco di paglia poiché dopo dieci minuti della ripresa il Milan passa, con un gol di Bierhoff, viziato probabilmente da un fallo di Weah. Passano altri dieci minuti e i rossoneri raddoppiano, con Weah che approfitta di un pasticcio di Luppi e dello stesso Bilica per involarsi verso la porta avversaria, scartare il portiere Casazza ed insaccare il 2-0. A questo punto come fa il nostro Bilica ad essere il protagonista assoluto del match? Siglando una doppietta e consentendo ai suoi di pareggiare? No, il brasiliano non è mai stato un difensore con il vizio del gol e nelle sue stagioni con i lagunari ha siglato una sola rete.. e il Milan non avrà problemi a vincere la partita.
Il momento in cui si fa la storia giunge all’improvviso, come un delitto in Shining, nel bel mezzo di una sbadiglio: a risultato oramai ampiamente acquisito, Shevchenko si invola verso la porta veneziana e si trova a tu per tu con Casazza che lo sbilancia, facendolo cadere. Calcio di rigore ed espulsione del portiere, come da regolamento. In una situazione normale entrerebbe il portiere di riserva ma Materazzi ha già esaurito le sostituzioni a sua disposizione e quindi deve subentrare in porta un giocatore di movimento. Si opta per il buon Bilica, fino a quel momento disastroso in fase difensiva. La scena è comica perché il difensore indossa la maglia di Casazza di almeno tre taglie superiori e sembra un bambino che per gioco indossa i vestiti del padre ad una festa di Carnevale. Sul dischetto va Shevchenko, in quel momento uno dei migliori attaccanti del mondo. Un’utilitaria contro una Ferrari, una punta di primissimo livello che tira un calcio di rigore contro un portiere improvvisato, messo lì con una maglia che lo fa sembrare un rapper travestito da nano. Shevchenko va sul dischetto con scioltezza, probabilmente pensa che quello potrebbe essere uno dei gol più facili della sua carriera. E’ come rubare lo stipendio, se nella clausola del suo contratto è previsto un bonus a gol. E’ un ricchissimo presidente di seggio che deve mettere la firma per un Referendum con quorum al 13%. Sheva va e calcia debolmente, alla sua destra.. Bilica si butta sulla sua sinistra e respinge.. agli increduli spettatori sembra di avere avuto una visione. Davvero quel difensore scarso e un po’ goffo, con quella maglia enorme ha parato un calcio di rigore ad uno dei più grandi attaccanti del mondo? Ciò che avviene dopo è assolutamente trascurabile: sulla respinta Boban prova un pallonetto, ma Bilica respinge ancora, finchè la palla arriva ad Orlandini che da pochi metri calcia un tiro imparabile, anche per un difensore che per pochi secondi aveva personificato Zamora.
Per il Milan è 3-0 e Orlandini, che in quell’occasione aveva giocato una delle sue poche partite da titolare in una carriera da eterna promessa mai sbocciata, esulta come se avesse fatto un gol in una finale di Champions League. Anche Shevchenko ha il coraggio di gioire alzando le mani. Come se il più bravo della classe prendesse due in un’interrogazione ma festeggiasse il fatto che l’insegnante è stata sollevata dall’incarico. Bilica è sconsolato per il gol subito e ha il volto triste anche in seguito, dopo aver parato un altro tiro di Boban sul finire di partita. Ma d’altronde anche Joseph Bowers probabilmente ha sorriso poche volte nella sua vita e con il celebre evasore, il difensore brasiliano ha in comune il fatto di essere un antieroe con diversi guai con la giustizia.
La carriera di Bilica subirà infatti un rapido declino. Dopo aver raggiunto l’ apice con la partecipazione alle Olimpiadi di Sydney con il Brasile girerà il mondo (giocherà tra le altre per Palermo, Brescia, Ancona e Fenerbache), senza più toccare i fasti raggiunti a Venezia. Avrà poi diversi problemi fuori dal campo. Il primo episodio a 21 anni con la condanna per corruzione di minorenne e poi un susseguirsi che gli farà conoscere due volte i bassifondi della galera per non avere pagato gli alimenti all’ex moglie e per un’accusa di stupro ai danni di una vicina di casa. Una carriera travagliata, con protagonista un delinquente con un gran fisico e la capacità di attaccarsi all’attaccante avversario e all’occorrenza parare i calci di rigore. E se la vita l’ha portato in sentieri in cui nessun essere umano vorrebbe mai trovarsi resta sempre quel cimelio che ha regalato un sorriso nel mezzo di un inutile momento in un’inutile partita di novembre. “Ah, hanno arrestato Bilica, quello che ha parato il rigore a Shevchenko”.. e pazienza se la partita è finita 3-0, pazienza se Joseph Bowers alla fine è stato freddato.
Valerio Zoppellaro