21 giugno 1987, bomber Giuliano Fiorini, gol. Minuto 37 della ripresa, ero in curva Nord perché non potevo mancare quel giorno. Caldo atroce eppure mi presento con la sciarpetta di lana al collo, scaramanzia allo stato puro che pagherà con un sfogo di bolle per una settimana.
Tant’è, quella resta l’emozione più grande da laziale. Né gli scudetti, né le vittorie internazionali durante l’epopea cragnottiana mi hanno dato quella gioia. Olimpico stracolmo, l’altoparlante trasmette “Un amore così grande”, sessantamila cuori a cantare, sperare, sognare di evitare l’incubo del fallimento con la retrocessione in terza serie.
Ci mancava Dal Bianco, portiere carneade del Vicenza che para tutto, sembra un destino crudele ma i ragazzi del meno nove non ci stanno mentre Fascetti chiama l’ultimo assalto.
Tanta rabbia e finalmente la festa finale con la puntatina di Fiorini e il boato più lungo della storia, otto secondi per liberarsi da un tragico epilogo. E poi le ambulanze, gli infarti di due tifosi come ricordava sempre il povero Giuliano: “Capii l’importanza di quel gol quando sentii le sirene delle ambulanze per i malori avuti dai tifosi mentre ritornavo a centrocampo”. Tanto perché la Lazio non ha mai una gioia senza dolore, lui, l’eroe di quel pomeriggio fantastico che poi porterà agli spareggi di Napoli, è morto a soli 47 anni. Nel cuore dei laziali ci sarà sempre bomber Fiorini e ogni anno, il 21 giugno, non resta che dirgli sempre grazie.
Luigi Salomone