Osvaldo Piazza è nato il 6 aprile 1947 come Patrick Hernandez o Franck Black. Nonostante il suo taglio di capelli da cantante nato per essere vivo e il suo temperamento chiassoso e schietto, Osvaldo si distingue facilmente dal look da “surfer “ della costa basca e non gli interessano i commenti piatti come un mare di petrolio. Osvaldo è alto 1 metro e 83 per 82 chili di carne senza clenbuterolo nonostante la sua origine, è piuttosto taciturno, e il suo nome è scritto con la V come nella serie delle lucertole a sangue verde. Bene, il verde gli sta benissimo e lo indosserà meravigliosamente per sette stagioni al Sainté.
Piazza in Argentina nel Lanús
Originario di Buenos Aires, Osvaldo ha iniziato in uno dei tanti club della capitale argentina. Nell’Independente. Aveva 12 anni, ma la sua carriera calcistica iniziò a prendere realmente forma quando firmò per il Lanús nel 1967. Il club della periferia di Buenos Aires impallidisce in confronto al River Plate, al Boca o all’Argentinos Juniors, ma lì ebbe così tanto successo che ottenne la sua prima selezione con l’Albiceleste all’inizio degli anni ’70. Il suo stile e la sua grinta non lasciano indifferente nessuno nel suo paese. L’Huracán, l’Independiente – che lo aveva lasciato andare qualche anno prima – vogliono strappargli la firma. Ma è in Francia, con i Verdi non ancora maturi del Saint-Etienne, e attraverso Pierre Garonnaire che Piazza prosegue la sua carriera. L’inizio di una grande epopea per lui e la sua futura squadra.
Direzione Saint-Étienne e la firma del contratto
Osvaldo arrivò al Forez nel 1972 per sostituire Robert Herbin, divenuto allenatore, come difensore centrale. Robby sta cercando di mettere insieme una squadra tipo attorno a giovani in uscita dal centro di formazione e ad alcuni giocatori esperti come Ćurković, arrivato a St-Etienne contemporaneamente a Piazza. Quasi subito titolare, Herbin decide poi di associarlo al centro della difesa con Christian Lopez e i suoi baffi ispanici affinché l’argentino non perda il suo gusto latino. È piuttosto spagnolo. Questo è l’inizio di una cerniera difensiva quasi inespugnabile. Uno contrasta, l’altro salta dalla sua superficie per sferrare contrattacchi danteschi. È appena nata una squadra che domina il calcio francese. In sette stagioni all’ASSE, Osvaldo – che ha anche diritto alla sua canzone come Rocheteau (Mon copain l’Argentin– Bernard Sauvat) – ha vinto tre scudetti (1974, ‘75 e ‘76) e altrettante Coppe di Francia (1974, 75 e 77 ). Ma è in Coppa dei Campioni che Piazza e il Sainté stupiscono tutti.
All’epoca, superare un turno della coppa dalle grandi orecchie o giocare una fase finale della Coppa del Mondo era una sfida per le squadre francesi o per i Tricolores. Ma il St-Etienne cresce ogni stagione. Il detonatore?
Il doppio confronto contro lo Spalato nel 1974-‘75. Poi l’epopea, Rocheteau, Kiev, i Verdi, i pali di Glasgow e Piazza in ginocchio davanti all’arbitro, Roth e la sua punizione schifosa, gli Champs-Elysées il giorno dopo, la cena da Giscard e tutto il resto. La sua storia. In verde e contro tutti. Poi il Liverpool e la fine dell’exploit europeo (1977).
Al servizio dell’ASSE
Piazza compie 30 anni. Menotti lo vuole assolutamente per il Mondiale in Argentina ma Osvaldo rifiuta. Totalmente in disaccordo con la situazione politica del suo paese.
Foto a sinistra: Piazza, Rocheteau e Ćurković. A destra: nel Corbeil-Essonnes 1982-’83
Detesta il dittatore Videla. Un sentimento condiviso in particolare da Carlos Bianchi, connazionale che gioca anche lui in Francia, e che lo ha poi raggiunto al Vélez Sarsfield dove Osvaldo Piazza ha deciso di concludere la sua carriera professionistica, in casa a Buenos Aires.
Tre stagioni (1979-‘82) condotte a ritmi infernali ma non immacolati come quelli di Geoffroy-Guichard. Amando ancora il verde – maglia e prato – Osvaldo decide poi all’età di 35 anni di tornare in Francia.
Osvaldo Piazza in azione nel Vélez Sarsfield
Nella regione di Parigi. Corbeil-Essonnes stai scherzando o cosa? Una posizione di giocatore-allenatore in D2. Basta con le grandi salite a terra, Osvaldo lotta per non scendere. All’inferno. Ma ovviamente ancora verde. Chi sono i più forti? Beh, non proprio i Verdi in quel momento. Per via dei fondi neri e di Brice Lalonde che predica nel deserto.
Mario Bocchio