Dopo i primi tre scudetti di inizio secolo, la media dei trionfi tricolori rossoneri si era azzerata dal 1907 in poi. Negli anni cinquanta, invece, la grande impennata: quattro scudetti in un solo decennio. Negli anni sessanta, oltre ai due titoli italiani per rimanere in media, ne erano arrivati anche quattro internazionali. Tutto giusto e tutto bene. Ma il problema nasce negli anni settanta: tre secondi posti-beffa nel 1970, nel 1971 e nel 1972 prima della fatal Verona. Il 16 maggio 1973, il Milan arriva da capolista all’ultima giornata di campionato ma paga gli sforzi della finale di Coppa delle Coppe di quattro giorni prima. Il Verona, con il quale nasce il concetto di bestia nera, segna cinque gol al Milan e sull’autostrada del ritorno le bandiere rossonere vengono mestamente ripiegate dai tifosi. Si tratta di un pomeriggio di cui il Milan porterà il peso per diversi anni. Dal 1974 al 1978, i campionati del Milan o sono negativi oppure sostanzialmente mediocri rispetto alle tradizioni, con pochi guizzi e tanti rimpianti.
Nell’estate del 1978, in ritiro all’Aquila Nera di Vipiteno, si ritrova un Milan tutto del Barone Liedholm e un po’ meno del Paron Rocco, passato a un ruolo di supervisore tecnico. Dall’alto, dalla sua Trieste, dove registrarne gli umori e i colpi di tosse, nel corso della stagione, diventerà sempre più arduo.
Ma si ritrova soprattutto un Milan a secco di scudetti da dieci anni netti. Nel 1968 sembrava ormai alla portata la Stella del decimo scudetto. E invece, dopo una brutta trasferta a Manchester in Coppa Uefa nelle precedenti settimane invernali, Nereo Rocco scompare il 20 febbraio 1979 senza averla conquistata. La morte del Paron, del padre sportivo di Gianni Rivera, diventa un ulteriore stimolo per la squadra di Liddas. Dedicargli la Stella che lui tanto aveva inseguito e sognato. Un dodicesimo giocatore che non tifa e che non urla, ma che protegge la squadra.
Ad esempio dai tanti infortuni del girone di ritorno, ma anche trasformando in altrettanti pareggi in extremis tante partite di Perugia e Inter che sembravano vinte e che invece diventavano assist importanti per il Milan incerottato della seconda parte della stagione. Una volta recuperati tutti i giocatori, il vero acuto del Milan diventa la doppietta Perugia-Torino. Due trasferte consecutive, con gli avversari che speravano in una caduta dei rossoneri per poterli superare al vertice. Ma, dopo il pareggio sul campo della squadra di Castagner, arriva il rombante 3-0 del sabato di Pasqua sul campo del Toro.
Reti di Albertino Bigon e Stefano Chiodi, due dei volti di quel Milan che andava in gol più col collettivo che con il bomber. Gli altri volti erano quelli di Enrico Albertosi paratutto, di Fulvio Collovati giovane talento, di Walter De Vecchi uomo dei due gol nel derby di ritorno, di Novellino e Antonelli croci e delizie.
Per non parlare dei due capitani, quello uscente, il grandissimo Gianni Rivera e quello entrante, l’Ufo (cit.) Franco Baresi. C’era la firma di tutti su quello scudetto griffato a Torino e poi rafforzato dalle vittorie contro Verona e Catanzaro, raccolte in un finale di campionato con qualche gol in meno di Aldo Maldera, l’Aldone protagonista a tal punto della stagione da esserne comunque il capocannoniere. Lo scudetto di tutti, assolutamente anche del corridore Ruben Buriani e delle riserve extralusso come Fabio Capello, Simone Boldini e Giovanni Sartori. Il 6 maggio 1979 si concludeva, al termine di un Milan-Bologna 0-0, una grande ed emozionante cavalcata.
Con alti e bassi, ma alla fine trionfale. Con il Paron nel cuore e con “lo spettacolo è finito”, celebre titolo di “Forza Milan!” dedicato, pochi giorni dopo la conquista del decimo scudetto, all’addio al calcio di Gianni Rivera. Ricorrenza importante, per tantissimi cinquantenni fra i tifosi milanisti, per il quale “quello” è stato il loro primo vero scudetto. Ma per tutto il Milan che deve trarre dalla propria storia i giusti slanci per arrivare alla seconda Stella.