«Boscaglia e il Trapani sono cresciuti insieme: i successi sono di entrambi». La frase di Giovanni Abate, il fedelissimo dell’allenatore siciliano ai tempi del Brescia, serve per inquadrare il rapporto di simbiosi totale tra una città e un uomo. Una squadra di calcio, checchè ne pensino quelli con la puzza perennemente sotto il naso, è il biglietto da visita di una città e Boscaglia ha portato il nome di Trapani alla ribalta dell’Italia: dal debutto in Coppa Italia contro il Mazara agli ottavi di Coppa Italia contro l’Inter a San Siro, «5.000 sciarpe granata che sembravano 100 mila», scrisse Boscaglia nella lettera di commiato a Trapani e ai trapanesi, sei anni di trionfi, dai dilettanti alla serie B, «che non si possono riassumere in una frase e nemmeno in un libro».
La storia del connubio Boscaglia-Trapani nasce nel 2009. Un anno prima la società fallisce. La rileva Vittorio Morace, per tutti «il Comandante», armatore, fondatore nel 1993 della Ustica Lines, oggi leader nei trasporti veloci per passeggeri via mare sulla rotta Napoli-Ustica-Favignana-Trapani e Trapani-Pantelleria-Tunisia.
A coinvolgerlo è Mimmo Fazio, sindaco della città siciliana dal 2001 al 2012: «Ma io di calcio non so niente», la replica di Morace. Fazio lo convince così: «Prenditi gente esperta, demanda. Ma non puoi tirarti indietro».
La prima esperienza è fallimentare: la squadra retrocede dalla serie D all’Eccellenza. Morace vorrebbe dire basta, ma Fazio – che è stato consigliere regionale – torna alla carica: «Perchè non fai come in Inghilterra? Ingaggia un allenatore-manager». «Ne hai uno da consigliarmi?», chiede Morace. «C’è Boscaglia: in Eccellenza non sa far altro che vincere».
Tra i dilettanti siciliani di allora, il nome di Boscaglia va per la maggiore grazie al suo lavoro prima con le giovanili del Gela, la squadra del suo paese, poi con Akragas (conquista la Coppa Italia regionale), Alcamo e Nissa (entrambe portate dall’Eccellenza alla serie D). È l’estate del 2009 e Boscaglia sente di avere le qualità per allenare ad alti livelli e soprattutto che Morace gli sta offrendo una grande occasione. Cinque anni prima, quando accetta in novembre la proposta dell’Akragas, d’accordo con la famiglia cede il negozio di articoli sportivi che aveva a Gela. Il nuovo allenatore ha carta bianca, aiutato dal ripescaggio in serie D. Boscaglia sceglie giocatori giovani, che hanno fame, pronti a far gruppo.
E qualche esperto. Tra questi c’è Giacomo Filippi, stazza da corazziere, difensore centrale, e il terzino Antonino Daì: il primo si fermerà in C1 e diventerà suo vice; il secondo è l’unico superstite della scalata che, tra il 2009 e il 2013, porterà i granata dalla serie D alla serie B, conquistata nonostante l’atroce beffa del 2011-’12, quando il Trapani dilapida 8 punti di vantaggio sullo Spezia a 9 giornate dalla fine ed è costretto ai play-off, persi al «Provinciale» contro il Lanciano di Carmine Gautieri: 1-1 in Abruzzo, 1-3 in casa.
Negli spogliatoi granata, dopo quella debacle, non vola una mosca. Ma quando entra il presidente Morace tranquilizza tutti: «Si riparte l’anno prossimo per vincere». E Boscaglia: «Comandante, garantito che vinceremo!», la risposta. Di solito a una scoppola del genere segue un anno di stenti. Invece il Trapani, nel 2012-’13, conquista in carrozza la prima, storica promozione in serie B. Boscaglia la dedica alla memoria del fratello Angelo, scomparso prematuramente e al quale è dedicata la curva dello stadio di Gela, il paese d’origine in cui Boscaglia ha mosso i primi passi da giocatore e allenatore. Al debutto tra i cadetti il Trapani lotta a lungo per i play-off, sfumati nel finale. Nel marzo dello scorso anno l’esonero a favore di Serse Cosmi.
Boscaglia a Trapani ha messo radici. Abita in centro, in una casa con vista sul porto e il mare limpido e cristallino di Sicilia. Ha sempre vissuto la città. Non si è mai fatto mancare una passeggiata su corso Vittorio Emanuele, la via principale, o sul lungomare dei Bastioni; o una cena nel suo ristorante preferito, «Al solito posto», di proprietà di Vito Basciano, fratello di Pietro, presidente della società cittadina di basket, serie A2. Boscaglia studia a fondo gli schemi del basket.
La sera del primo novembre 2014, poche ore dopo aver battuto il Brescia al “Provinciale” (3-2), al tavolo con lui c’è Lino Lardo, coach della Pallacanestro Trapani, nel 2003 miglior allenatore della A1 con Reggio Calabria: «Piacere: ma un giorno le piacerebbe allenare Brescia?», la domanda alla presentazione. «Nella vita non si sa mai», la risposta.
Oggi Boscaglia si gode ancora la soddisfazione di aver riportato l’Entella di Chiavari in B, dopo appena un anno di permanenza in un campionato che non avrebbe nemmeno dovuto disputare per via del mancato ripescaggio tra i cadetti. La vicenda del club ligure è stata paradigmatica del caos del calcio nel nostro paese.
Vincenzo Corbetta