Un piccolo grande attaccante uruguaiano: Carlos Pato Aguilera era basso di statura, solo 1,62 metri, ma certamente di metri ne aveva tre se parliamo di qualità calcistica.
Duck era un ragazzo prodigio nel River Plate di Montevideo. Era uno dei due nomi più mernzionati nel paese prima ancora di compiere 20 anni. Nel 1983 vinse la Copa América con la Nazionale, ma due anni prima aveva primeggiato nel Sudamericano con la Celeste Under 20.
Tra il 1985 e il 1988, Pato Aguilera alterna esperienze all’estero a ritorni in patria, nel Nacional. Gioca nel calcio colombiano per l’Independiente di Medellín, in Argentina per il Racing e ha tre intervalli in Nazionale prima di andare in Messico, nel Tecos di Guadalajara.
Torna in patria per essere l’attaccante del Peñarol, nel 1989 i gol sono dieci, ma viene eliminato nella Libertadores agli ottavi di finale. Viene anche convocato per due Mondiali con l’Uruguay: nel 1986 (dove però non viene mai utilizzato) e 1990 (dove è titolare).
Nel Nacional (a sinistra) e nel Peñarol
Successivamente viene ingaggiato dal Genoa per fare coppia d’attacco con Tomáš Skuhravý, ex Cecoslovacchia, formando un terzetto di stranieri di primissimo livello insieme al brasiliano Branco.
Quel Genoa è assoluto protagonista nella Coppa Uefa 1991-‘92, perché elimina il Liverpool nei quarti, anche se poi viene estromesso dall’Ajax in semifinale. Pato dimostra molta tecnica, velocità e di essere ottimo a procurare falli e rigori.
Figurine “Panini” versione Mondiali con Aguilera nell’Uruguay a Mexico ’86 e Italia ’90
Dopo tre stagioni, viene ingaggiato dal Torino, che ha fatto una grande annata culminata nella finalissima della Coppa Uefa contro l’Ajax, persa con due pareggi. Una beffa. Il piccolo uruguaiano riesce a vincere la Coppa Italia, eliminando in semifinale la Juventus. Poi batte la Roma in casa per 3-0 e perdendo in trasferta con un incredibile 5-3.
Aguilera continua nel Torino, ma è una partecipazione contenuta, firmando più volte la panchina che il campo.
Alla fine torna al calcio uruguaiano, nella squadra del suo cuore, il Peñarol, dove chiude la carriera. Diventa campione uruguaiano consecutivamente dal 1994 al 1997 e integra la squadra anche nel 1999 , anno in cui diventa ancora campione uruguagio.
Il 24 giugno 2000, al Centenario, si gioca la partita del suo addio, che si conclude con una vittoria per 6-2 del Peñarol sull’All-Star Team. I gol degli aurinegros sono di José María Franco, Gabriel Cedrés, Carlos Bueno in due occasioni e del premiato Pato, anche lui due volte. Per l’All-Star Team, vanno a segno il cileno Ivo Basay e la stella argentina Diego Armando Maradona.
Ma c’è anche una storia pesante durante il passaggio di Pato Aguilera in Italia. Viene arrestato con l’accusa di trarre profitto dalla prostituzione. Viene rilasciato giorni dopo, ma è costretto a scontare gli arresti domiciliari. Pato viene rilasciato solo per esercitare la sua professione.
Tuttavia, non può festeggiare la salvezza in Serie A con gli altri giocatori e i tifosi dopo la vittoria per 2-0 sull’Ascoli. Alla fine della partita è stato scortato a casa dalla polizia.
Nel 1996 viene condannato a due anni di carcere e ad una multa, ma non sconta la pena perché non si trova più in Italia. Nel 2007 riceve l’indulto dal governo italiano.
Carlos Alberto Aguilera rimane l’ idolo, elevato alla categoria del mito, dai tifosi del Genoa. Il suo tempo con la maglia del Grifone è rimasto impresso negli animi dei tifosi che, ancora oggi, lo venerano ancor più che nei suoi giorni gloriosi da calciatore, offuscati anche dai problemi di droga e giudiziari.
Furono tre anni di idillio permanente, con prestazioni memorabili, culminate nella grande vittoria ottenuta contro il Liverpool ad Anfield Road, con il Genoa prima squadra italiana a vincere sul mitico palcoscenico.
Mario Bocchio