Dopo Fortunato Torrisi, l’arrivo a Chieti del centravanti Pietro Michesi rappresentò un altro bel colpo per il club abruzzese. Pietro Michesi, nato a Roma il 10 marzo 1950, presentava credenziali importanti. Veniva dalla serie A dove aveva giocato e segnato con la maglia giallorossa del Catanzaro. Il suo primo gol in serie A Michesi lo aveva realizzato il 9 gennaio 1977 Catanzaro-Foggia 3-1 sul campo neutro di Reggio Calabria.
Michesi nel Chieti ha disputato 33 partite mettendo a segno 7 reti. In serie A ha collezionato 19 presenze (tutte col Catanzaro), in B 89 (e 14 gol) con Brindisi, Brescia e lo stesso Catanzaro. Nel 2018 Franco Zappacosta lo aveva intervistato per il sito Tifochieti.com.
Pietro cosa ti convinse ad accettare il trasferimento dalla serie A alla C? Il passo indietro sembrò piuttosto strano.
“Ci furono due persone che esercitarono nei miei confronti una pressione fortissima, una continua opera di persuasione. Il primo a contattarmi fu Antonio Giammarinaro, un tecnico che stimavo moltissimo. Era uno schietto, non le mandava a dire, preferiva un rapporto molto franco con il gruppo. Mi conosceva dal periodo in cui giocavo nel Brindisi e lui era al Bari. Mi telefonava quasi tutti i giorni, mi voleva ad ogni costo, il che era in fondo anche un motivo di gratificazione personale. L’altro che martellava era Carmine Rodomonti, il direttore sportivo del Chieti, bella figura di professionista. Uomo perbene, ci legava un rapporto di stima reciproca. Inoltre era già nato il mio primo figlio e volevo riavvicinarmi a Roma. Chieti da questo punto di vista mi sembrava la piazza giusta. E poi mi cedevano in prestito, le porte per categorie superiori non mi si chiudevano definitivamente. A Chieti c’era un interessante progetto tecnico, grandi aspirazioni. Per tutte queste ragioni mi ritrovai a indossare la maglia neroverde”.
Mai pentito della scelta?
“Mai. A Chieti mi sono trovato benissimo, è stata un’annata stupenda sotto tutti i punti di vista. Conservo bellissimi ricordi. La città mi piaceva, gente cordiale, simpatica. A livello sportivo probabilmente avremmo potuto ottenere di più ma forse il gruppo non era competitivo ai più alti livelli. C’erano alcune squadre meglio attrezzate. La partenza fu eccellente, poi non riuscimmo a tenere il passo, comunque finimmo con l’ottenere l’ammissione nella nuova C1, traguardo di una certa importanza. Anche sul piano personale potevo dare di più ma un guaio condizionò il primo periodo della mia stagione”.
Cosa accadde?
“Diversi giocatori, c’ero anch’io tra questi, abitavano a Francavilla. Una sera, eravamo alcune famiglie, mangiammo del pesce, in particolare lumache di mare. Ebbi una brutta intossicazione, parlerei di avvelenamento devastante. Passai una notte e un giorno in bagno, poi visite, analisi, esami e ancora controlli in ospedale. Il bello fu che tra tutti quelli che erano seduti a tavola e avevano mangiato le stesse mie cose, nessuno accusò disturbi, soltanto io finii a pezzi. Persi cinque-sei chili di peso e a fatica riuscii a riprendermi. Così tornai a segnare dopo parecchie partite”.
Superati i problemi causati dall’intossicazione, Michesi tornò a ruggire verso la fine dell’anno, quando già la squadra, esonerato Giammarinaro, era stata affidata ad Ezio Volpi.
Quale è stato il gol che più ti resta nella memoria?
“Posso dirti che ho un ricordo forte del derby vinto contro il Giulianova per una serie di motivi. Segnai una rete molto bella, l’intesa con Panozzo funzionò a meraviglia, raggiunse il massimo e infine il loro allenatore mi disse: ‘Ma quanti anni hai? Quanto corri, non ti fermi mai…’. Bel complimento. Panozzo arrivò nel corso del mercato autunnale. Ci integravamo benissimo, io giocando più sulla fascia, lui agendo da punta centrale”.
Dopo Giammarinaro, arrivò Volpi. Qual è il tuo giudizio?
“Ottimo tecnico, di vasta esperienza. Diverso da Giammarinaro per carattere, ma umanamente e professionalmente anche lui di grande spessore. Poi, ti spiego, io non ho mai avuto problemi con gli allenatori, non ho mai rotto le scatole a nessuno, sono andato d’accordo con tutti”.
Hai parlato di squadra molto forte e di risultato inferiore alle aspettative.
“L’organico era di qualità, composto da giocatori per lo più importanti. Gente che aveva fatto o avrebbe fatto almeno la serie B. Ma altre formazioni avevano valori superiori. La stessa società era troppo giovane, non era strutturata in maniera tale da poter inseguire determinati obiettivi. Il presidente Marino era molto bravo, una bella persona e un imprenditore di successo, ma era entrato nel calcio da pochi mesi. Carmine Rodomonti era il più esperto, conosceva tutto e tutti, però era solo… Comunque l’ingresso in C1 nella stagione della riforma della categoria non fu da buttar via”.
Dal Chieti sei poi tornato al Catanzaro.
“Un giorno alla fine di un’amichevole contro l’Ascoli, mi avvicina Carletto Mazzone e mi fa ‘Oh, ma che ci fa uno come te in serie C? Sei sprecato…’ Gli risposi: ‘In serie C ci sto bene’. Nel ’78 assunse la guida del Catanzaro e mi volle riprendere. Ho poi chiuso la carriera ad Arezzo dove ho conosciuto mia moglie Mara”.
Dal matrimonio due figli.
“Simona è dipendente della Banca di Credito Cooperativo, dove ho lavorato anch’io quando ho smesso con il calcio. Paolo è responsabile di una delle sedi di un’importante azienda di servizi per il settore finanziario e commerciale”.
Romano, Michesi calcisticamente crebbe nella squadra della Borgata Finocchio del quartiere Casilina, poi la Bettini Quadraro, Da romanista una delle sue più grandi soddisfazioni fu il gol segnato all’Olimpico contro la Lazio, che permise al Catanzaro di portarsi a casa il successo. “Vi fu una punizione per noi al limite dell’area di rigore laziale, Improta mi passò la palla ed io feci partire un potente rasoterra che colpì il palo alla sinistra del portiere laziale Pulici distesosi per evitare il goal. Nel rimbalzo il pallone colpì la coscia del portiere laziale e finì in rete”