È il 16 aprile 1961, Torino, una domenica piovosa. È in programma il match clou della ventottesima giornata di campionato, Juventus-Inter. La Juve è in testa alla classifica. Ha 40 punti, frutto della potenza di Charles, la classe di Boniperti e l’estro di Sívori. L’Inter è distanziata di sole quattro lunghezze, ma è tutt’altro che rassegnata. Si tratta dell’Inter di Helenio Herrera, di Picchi, di Bolchi, Bicicli, Firmani e del giovanissimo Corso.
Partita delicatissima e decisiva, dunque. Una vittoria della Juventus vuol dire scudetto, una vittoria dei nerazzurri equivarrebbe a rimettere tutto in gioco. L’incontro viene definito dai media dell’epoca come “la partita dell’anno” e, la risposta del pubblico è straordinaria, la Juve vende più di 61.000 biglietti per un incasso record, ma si capisce subito che gli spettatori sono molti di più.
L’arbitro Gambarotta fischia il calcio d’inizio e l’Inter incomincia subito alla grande, mettendo in difficoltà i padroni di casa. Il pubblico si scalda, applaude, partecipa divertito allo spettacolo fino a quando non riesce più a stare al suo posto. Ma non per l’entusiasmo, ma perchè non riesce a starci fisicamente.
Gli spettatori si accalcano alle reti, schiacciano, spingono e alla fine non meno di 5000 persone non trovano altra soluzione che quella di scavalcare e andarsi a piazzare ai bordi del campo, alcuni si piazzano addirittura sopra le tribune. È la mezz’ora del primo tempo. I giocatori vengono colti da un impeto di paura. Anche l’arbitro si spaventa. Il direttore di gara pensa con terrore a cosa potrebbe succedere nel momento in cui dovesse assegnare un calcio di rigore e ordina immediatamente la sospensione del gioco.
I dirigenti della Juve impartiscono ordini dall’altoparlante di allontanarsi dal campo, ma non c’è posto. Dopo dieci minuti si riprende la gara ma il tentativo è di breve durata, due minuti scarsi e poi tutti negli spogliatoi. Poco più tardi Gambarotta deciderà di sospendere la partita. Qui incomincia il giallo. Il 26 aprile il giudice sportivo ritiene responsabile la Juve di quanto si è verificato e quindi deve subire la sconfitta a tavolino per 0-2. Il club bianconero non molla, e fa un reclamo alla Caf, la Corte d’appello federale.
La questione si fa delicata. L’Inter è convinta di essere in una botte di ferro e ricorda, che proprio l’anno precedente la Juve era stata protagonista di un episodio al contrario al Comunale di Bergamo. Ma, il 3 giugno, la svolta. alla vigilia del turno decisivo, la Caf cancella la sentenza di primo grado decidendo di far ripetere la partita. Per l’Inter fu uno choc terribile, la squadra si demoralizzò e, il giorno dopo, perse 2-0 a Catania, mentre la Juve pareggiava in casa col Bari e portava 3 punti il suo vantaggio. Significava scudetto per la Juve e rabbia per l’Inter.
Angelo Moratti si infuriò con Umberto Agnelli e per protesta schierò undici ragazzini che vennero subissati di gol dallo squadrone bianconero. La gara terminò 9-1, autore dell’unica rete nerazzurra un giovane promettente, Sandro Mazzola, che bagnò il suo esordio in serie A con un gol dal dischetto. Sívori segnò sei reti. Boniperti giocò con il cuore gonfio di amarezza per questa sconfitta dello sport, e alla fine della partita, rientrato negli spogliatoi, si tolse letteralmente le scarpe, le porse al magazziniere e gli disse: “le metta via, non gioco più”. E lasciò per sempre il calcio giocato per dedicarsi in veste di presidente, alla creazione di un mondo calcistico migliore. Umberto Agnelli si dimise da ruolo di presidente della Federazione, carica che ricopriva insieme a quella di presidente della Juve.