Perché adoriamo il calcio? Per le emozioni dei novanta minuti o della loro somma al termine di una stagione? Sarebbe troppo poco, troppo banale. Amiamo il calcio per le storie che ci offre: quelle grandi, dei trionfi e dei loro protagonisti e quelle delle sconfitte e delle cadute, come il rigore di Baggio ad esempio. Già, ma non solo: anche perché altrimenti rubriche come questa, che racconta storie “piccole”, non avrebbero senso. Quella del rigore di Pasadena – come sottolinea Cristiano Vella – è parte della grande storia di Baggio, forse la più grande e bella storia calcistica italiana: ma il calcio è anche tutto ciò che si muove e si snoda attorno alle grandi storie, con storie più piccole. Come quella di un altro rigore di Baggio: apparentemente anonimo (e segnato) che vale il 4 a 0 della Juve col Genoa, nella serie A 1993-‘94. Apparentemente anonimo perché quel gol, il terzo del Divin Codino in quella partita, è il suo gol numero 100 in Serie A e perché prima di tirarlo ormai sul 3 a 0 Baggio si è trovato a un bivio: tirarlo e segnare il suo centesimo gol in A o lasciarlo a chi quel rigore se l’era conquistato e cercava di scrivere non una storia, non ancora, ma almeno qualche parolina. Zoran Ban.
Già: è l’estate del 1993 e in casa Juve il mercato si divide tra grandi sogni e le esigenze dettate dalla realtà. Con decine di migliaia di operai Fiat in cassa integrazione sarebbe poco indicato fare acquisti miliardari: perciò le trattative per i big (Panucci, Deschamps, Bergkamp e soprattutto Bokšić) non decollano. Si punta sul risparmio e sui giovani: arrivano Sergio Porrini dall’Atalanta, Angelo Di Livio dal Padova e Andrea Fortunato dal Genoa per la prima squadra, più qualche ragazzino di belle speranze come Ciccio Baldini, Gianluca Francesconi, Alessio Tacchinardi, o di bellissime speranze, come Alex Del Piero. E una scommessa come Zoran Ban. Per Bokšić infatti servono almeno venti miliardi, e allora Franco Landri, uno di quegli scopritori di talenti d’altri tempi, silenziosi e mai appariscenti, suggerisce il nome di Ban. Gioca nel Rijeka, la squadra di Fiume, sua città natale, non ha neanche 20 anni e lo chiamano “il nuovo Bokšić”. Landri lo vede segnare una doppietta alla Dinamo Zagabria sotto i suoi occhi e inizia a seguirlo: Zoran è un attaccante dal gran fisico e con un gran bel sinistro, per 1 miliardo e mezzo di lire si può fare.
E si può anche mandare in prestito per osservarne l’evoluzione: magari al Lecce o anche al Piacenza. Alla fine però il Trap decide di tenerlo: con campionato, Coppa Italia e Coppa Uefa da giocare e con Platt, Casiraghi e Di Canio in uscita più Vialli non al top fisicamente meglio cautelarsi. D’altronde Ban non pretende di giocare: è un ragazzino, con fidanzata Sanjia al seguito, e considerando che in patria la situazione è disastrosa “girare a Torino in 500 o andare al cinema mi sembrava già il paradiso” dichiarerà. I pochi ingressi in campo sono sempre a contorno di prestazioni opache: Trapattoni al centro preferisce sempre Ravanelli, a sinistra c’è Möller… e se proprio c’è da far giocare un ragazzino, c’è Alex Del Piero. La sua azione più degna di nota, infatti, è il rigore conquistato contro il Genoa, con dribbling di prima sull’avversario che lo stende e il tentativo di strappare a Baggio quello che poi sarebbe diventato il centesimo gol di Roby in Serie A.
Ma Baggio lo fulmina con uno sguardo: quel pallone è suo, quel rigore è suo…ma porterà a cena Ban e Sanjia qualche sera dopo: con i due ventenni in visibilio, ovviamente, per il solo fatto di sedere al ristorante con un Pallone d’Oro. A fine stagione però arriva la bocciatura: la Serie A non è per Zoran, che sarà ceduto al Belenenses, dove gioca 9 volte segnando due gol, poi al Boavista dove di gol ne segna 4 in 16 partite. L’opportunità di rilanciarsi in Italia arriva nel 1996, nel Pescara di Delio Rossi, ma arriva solo un gol all’ultima giornata in 9 presenze. Molto meglio in Belgio: dove tra Mouscron, Genk e Mons segna 46 gol in 7 stagioni. A fine carriera una nuova opportunità di giocare in Italia: col Foggia guidato da Giuseppe Giannini, e inizia benissimo con 2 gol in 5 partite, ma poi segue il cuore, ritirandosi per stare accanto alla sua Sanjia, ormai sua moglie, alle prese con problemi di salute. Oggi è agente di calciatori e ha 49 anni, ed è ancora amico di Baggio: non poteva essere diversamente d’altronde, avendogli regalato il suo centesimo gol in Serie A.
Fonte Il Fatto Quotidiano