Fu ad Aberdeen che nacque il mito di Sir Alex
Set 13, 2022

Siamo nel 1978 e Alex Ferguson viene contattato da una squadra all’epoca piccola e senza pretese, l’Aberdeen. I dirigenti del club in crisi lo hanno notato notato una volta sulla panchina del St. Mirren. E’ lì che Ferguson aveva smesso di giocare nel 1975 e per tre anni aveva accettato di restare alle dipendenze della società per cominciare la carriera di allenatore. Ora arrivano questi signori chiedendogli: “Alexander, hai 37 anni, sei giovane. Noi abbiamo bisogno di uno senza grosse pretese, ma che abbia voglia di far tornare questa squadra a livelli accettabili“. Otto anni dopo l’Aberdeen aveva vinto tre volte il campionato di prima divisione scozzese. Un mezzo miracolo in un torneo nel quale da più di cent’anni l’albo d’oro è affare a due: Rangers o Celtic, Celtic o Rangers.

Willie Miller e Alex Ferguson festeggiano il ritorno alla vittoria dell’Aberdeen nel campionato 1979-’80

E nella stagione 1979-’80 Fergie riporta il titolo in patria dopo 24 anni, conquistato dopo un emozionante testa a testa con il Celtic, in corsa fino all’ultimo. Eppure, la stagione non comincia nel migliore dei modi per l’Aberdeen, sconfitto 1-0 all’esordio dal Patrick Thistle e proprio dai biancoverdi alla sesta giornata, quando McLeish e compagni incassano la terza sconfitta stagionale. Periodo nero che diventa nerissimo con il nefasto bimestre ottobre-novembre caratterizzato da una sola vittoria (3-1 al Kilmarnock, ndr) e due sconfitte consecutive rimediate contro Dundee United e Morton. L’ 1-0 al Rangers firmato da Archibald pare alleviare il dolore, ma ancora il Morton inaugura l’anno nuovo nella peggior maniera ai ragazzi di Ferguson, sconfitti per la terza volta sulle 4 sfide previste dal campionato scozzese dai biancocelesti, che si guadagnano così la patente di bestia nera dei dons. La tempesta però sta per terminare: la risalita riparte ancora una volta contro i Rangers, sconfitti 3-2 per mano di Archibald, Strachan e Hamilton, poi comincia lo spettacolo: dal 15 marzo in poi i rossi non ne sbagliano più una, viaggiando al ritmo di tre vittorie consecutive e un pareggio. Il Morton viene finalmente vendicato dall’ 1-0 firmato Jarvie, che entra nel tabellino in 7 occasioni su 8 partite, anche contro il Celtic, sconfitto due volte nel giro di 18 giorni, che lascia la prima piazza proprio nell’ultimo scontro diretto alla 32sima giornata giocato il 23 aprile. La vettura rossa, ormai, ha imboccato la corsia di sorpasso e passa per prima sotto la bandiera a scacchi con una fragorosa accelerata, il 5-0 rifilato all’Hibernian (dove il bomber Archibald segna il suo centro numero 22, ndr) che regala il secondo titolo della storia all’Aberdeen e il primo “importante” della propria carriera ad un 39enne Alex Ferguson, che fino ad allora aveva vinto solo un titolo nella seconda divisione scozzese con il Saint-Mirren.
E’ festa grande per il team di Dick Donald, a cui qualche mese prima era sfuggito il double solo nella ripetizione della finale di Coppa di Lega contro il Dundee United, impostosi 3-0 tra le mura amiche dopo lo 0-0 della prima, giocata all’ Hampden Park. Poco male, resta la soddisfazione di essersela giocata fino all’ultimo e di aver eliminato le favoritissime Rangers e Celtic una dietro l’altra con 4 vittorie nei doppi confronti. Alex Ferguson, nato a Glasgow, agli inizi degli anni ’80, al timone del suo Aberdeen comincia a spodestare le regnanti della capitale.

Scottish Cup 198-’83

Nei successivi due campionati scozzesi, il Celtic, a parziale vendetta dello “scippo” subito, trionfa entrambe le volte proprio davanti ai dons, a cui nella primavera dell’82 non basta un filotto irripetibile di 15 vittorie nelle 16 partite finali per accaparrarsi il titolo. Pazienza, la consolazione arriva dalla Scottish Cup, il terzo trofeo nazionale, dove proprio i biancoverdi vengono eliminati agli ottavi dalla semirovesciata di Hewitt, mentre l’attuale ct scozzese Gordon Strachan, all’epoca 25enne, regala ai suoi il passaggio alle semifinali (doppietta nel 4-2 al Kilmarnock ai quarti, ndr), contro il St. Mirren, il passato di Ferguson, rispedito a casa dal 3-2 nella ripetizione della sfida dopo l’1-1 della prima. La finale è contro il Rangers Glasgow, che si porta pure in vantaggio ma viene poi strapazzato per 4-1 dalla palombella di Strachan, capocannoniere di stagione con 20 reti, l’incornata diMcGhee, e i tocchi ravvicinati di McLeish e Cooper.
L’Aberdeen porta dunque a casa la sua terza Coppa di Scozia, il secondo trofeo dell’era Ferguson, a coronamento di una stagione comunque soddisfacente con la medaglia d’argento in campionato e il raggiungimento dei quarti di finale della Coppa Uefa, dove l’Aberdeen viene eliminato dall’Amburgo. Tredici mesi più tardi, Simpson e compagni concedono addirittura il bis: si ripete la scena dell’anno precedente, col Rangers sconfitto in finale dopo che la stessa sorte era capitata ai “cugini” del Celtic, eliminati dalla zuccata di Weir. Stavolta, però, la gara è molto più sofferta e lo 0-0 non si schioda nei minuti regolamentari; allo scadere del secondo tempo supplementare, il numero 10, Black di cognome ma “white” di carnagione, riceve dalla destra e incorna la rete che vale il secondo sigillo consecutivo nella terza competizione nazionale, vinta dopo un cammino fatto di sole vittorie (4-1 all’Hibernian, 1-0 al Dundee e 2-1 al Patrick Thistle) e con l’impagabile soddisfazione di aver sconfitto ancora una volta le favorite una dietro l’altra.
Il 21 maggio l’Aberdeen alza al cielo la seconda Scottish Cup consecutiva. Dieci giorni prima, però, i cavalieri rossi avevano sollevato verso l’alto un trofeo ben più importante.

Il tecnico scozzese, negli anni ’80, protagonista di un ciclo di vittorie indimenticabile con i Dons: dieci trofei in sette anni

Scorrendo il tabellone iniziale, l’edizione della Coppa delle Coppe 1982-’83 sembra avere già scritta una finale che sarebbe a dir poco storica: il clasico spagnolo Real Madrid-Barcellona, una contro l’altra, eccezionalmente l’una insieme all’altra (al torneo accedeva solo una squadra per nazione, ndr), coi catalani partecipanti di diritto perchè campioni in carica e i merengues detentori della Coppa del Re. Aldilà della Manica, però, l’esordio nella competizione è straripante per l’Aberdeen, che supera i primi 3 turni ad eliminazione diretta vincendo 5 gare su 6, realizzando 15 reti e subendone una soltanto: il Sion viene spazzato via da un clamoroso 7-0 nel Regno Unito bissato dal 4-1 in Svizzera, gli albanesi della Dinamo Tirana soccombono di misura (1-0 e 0-0), mentre il Lech Poznan viene colpito dal 2-0 rimediato in Scozia e affondato dalla sconfitta casalinga di misura firmata da Bell. Dai quarti in poi, si comincia a fare sul serio: sulla strada degli scozzesi transita il Bayern di Monaco. La prima si gioca in Germania, dove Miller riesce a tenere la porta inviolata e conservare un prezioso 0-0 ai suoi; al ritorno, i bavaresi passano in vantaggio con un missile scagliato dalla distanza da Augenthaler, poi lo stesso difensore tedesco fa hara-kiri e regala il pari a Simpson. I tedeschi vedono la qualificazione grazie ad un altro golazo, realizzato da Pfugler, ma il rosso cuore degli scozzesi pulsa ancora: McLeish ristabilisce la parità con un colpo di testa su punizione, il risultato finale però premierebbe sempre il Bayern, autore di due gol in trasferta; Ferguson indovina la mossa decisiva gettando nella mischia Hewitt perchè proprio lui, nel finale, raccoglie un pallone vagante in area e in mezza rovesciata riesce a far passare la sfera tra le gambe di Muller, regalando una semifinale da brivido contro i belgi del Waterschei. Pratica archiviata già all’andata, quando si rimette in moto la macchina da gol scozzese per un esagerato 5-1 rifilato ai malcapitati gialloneri, che dopo 4 minuti sono già sotto di due reti, frutto del tap-in a porta vuota di Black e della bellissima serpentina in area di Simpson. Nella ripresa, una doppietta di McGhee e Weir timbrano la cinquina mentre l’islandese Gusmundsson ricorda a tutti che in campo c’è anche il Waterschei; serve solo per gli almanacchi lo 0-0 del ritorno che spalanca le porte della finale contro il Real Madrid: il clasico sfuma perchè il Barça si ferma agli ottavi, ma comunque nella migliore delle ipotesi le due rivali si sarebbero scontrate in semifinale.

Si gioca allo stadio “Ullevi” di Goteborg, dove il campo è reso quasi impraticabile dalla pioggia. Black è in grande spolvero: il centravanti britannico prima colpisce una traversa e poi dopo 8 minuti sblocca la partita con un tocco ravvicinato su azione d’angolo, approfittando di un liscio del terzino madridista Juan Josè. L’Aberdeen è sorprendentemente avanti, ma chi di errore ferisce, di errore perisce, visto che al quarto d’ora, McLeish opera un goffo passaggio verso la propria porta sul quale si avventa Santillana che anticipa in uscita Leighton, il quale non può far altro che stenderlo: l’arbitro, l’italiano Gianfranco Menegali, decreta il legittimo rigore, Juanito trasforma e si torna in parità. I blancos, guidati in panchina dal compianto Di Stefano, appaiono svogliati e sottotono, McMaster e compagni giocano una grande partita e sfiorano più volte il nuovo vantaggio, ma Agustin tiene a bada gli attacchi britannici e congela il risultato sull’1-1. Sono necessari i supplementari. Manca Black? Non c’è problema, ci pensa Hewitt, il risolutore delle sfide difficili, entrato in campo proprio in luogo del numero 10, mandato in campo da quel volpone di Ferguson per togliere le castagne dal fuoco, a 7 dal termine, quando approfitta dell’unica incertezza dell’estremo difensore spagnolo e trasforma in oro il suggerimento dalla sinistra di McGhee: è il primo euro-trionfo della storia per l’Aberdeen, che diventa la seconda compagine della Scozia dopo il Rangers ad alzare la Coppa delle Coppe. Sir Alex entra nella storia del club britannico.
Come i Rangers, più dei Rangers e più di ogni altra squadra scozzese. Ferguson prende per mano il suo Aberdeen e lo porta all’altare della gloria nel dicembre dell’83, quando i dons diventano l’unico team scozzese ad avere non uno ma ben due trofei internazionali in bacheca, con la Supercoppa europea vinta strappata all’Amburgo (trionfatore in Coppa dei Campioni a spese della Juventus, ndr), contro cui i britannici si prendono una gustosa rivincita. La doppia sfida, dopo lo 0-0 dell’andata, si decide al ritorno, al “Pittodrie Stadium”, dove Simpson porta in vantaggio i suoi ad inizio ripresa risolvendo una convulsa azione in area di rigore e McGhee firma il raddoppio sul flipper scaturito da corner: è il quinto trofeo conquistato dall’Aberdeen in 3 anni.

Dicembre 1983: arriva anche la Supercoppa europea

Dopo le scorribande internazionali, i cavalieri dettano di nuovo legge nel proprio territorio tornando a vincere la Scottish Premier Division dopo 3 anni di digiuno in un campionato letteralmente dominato. Basti pensare che, nonostante i 3 punti raccolti nelle ultime 4 giornate, Weir e soci concludono il torneo 7 lunghezze sopra gli eterni rivali del Celtic. Il 1984 sarà ricordato come l’anno di McGhee, che si laurea capocannoniere della squadra per il secondo anno consecutivo con ben 24 reti; in questa stagione l’Aberdeen viaggia a forza 5, come il 5-0 rifilato al St. Johnstone (addirittura doppio) e St. Mirren e le cinquine servite alle compagini della città di Dundee (5-2 al Dundee e 5-1 al Dundee United). Tante reti che alla fine valgono il secondo miglior attacco dietro al Celtic, mentre la difesa con soli 21 centri al passivo è indiscutibilmente la migliore del torneo. Il duello coi biancoverdi si protrae anche al di fuori del campionato, visto che i Bhoys eliminano Stark e compagni dalla Coppa di Lega, imponendosi di misura in semifinale; ma nella Coppa di Scozia, ormai l’habitat naturale dei rossi, non c’è storia: dopo Kilmarnock, Clyde, Dundee United e Dundee, anche il Celtic capitola sotto i colpi di McGhee e del solito Black, autori del 2-1 che porta in dote la terza Scottish Cup consecutiva, un’impresa che, squadre capitoline a parte, non si registrava dal secolo precedente: la festa continua in casa Aberdeen e non c’è nessuna voglia di interromperla.

Dopo il magico tris in coppa, la banda Ferguson concede il bis anche in campionato, stravinto nuovamente con 59 punti totalizzati, frutto di 27 vittorie in 36 partite. Un torneo quasi mai in bilico, col primato che da subito prende la direzione Aberdeen, con le 7 vittorie nelle prime 8 giornate ottenute dai dons, sempre saldamente al comando, che si concedono solo una piccola distrazione a dicembre, dove racimolano la miseria di 2 punti in 4 partite, prima di ricominciare a prendere a pallonate le avversarie. La società scozzese prosegue ininterrottamente la produzione di goleador: giubilato McGhee, accasatosi all’Amburgo, il pichichi della squadra, con 24 reti totali, diventa McDougall, punta di diamante di un attacco famelico in cui anche Stark e, manco a dirlo, Black toccheranno quota 20. Il bilancio complessivo per Angus e compagni è di 89 reti realizzate e di 26 subite, miglior attacco e miglior difesa in una stagione dove spicca il clamoroso 5-1 contro i Rangers ed il 4-2 rifilato al Celtic, che otterrà per l’ennesima volta la seconda piazza. Il mitico Fergie firma di suo pugno un’altra pagina storica in terra scozzese: tralasciando le solite note, l’Aberdeen, insieme al Dumbarton e l’Hibernian, è la terza squadra ad aver vinto due titoli scozzesi di fila, con il quarto titolo nazionale in bacheca diventa la prima (insieme a Hearts ed Hibernian) dietro le imprendibili capitoline e tuttora resta l’ultimo club diverso da Celtic e Rangers, ad aver trionfato in campionato. Sulla torta, però, manca ancora la ciliegina.

Nasce il mito di Sir Alex

In quella che sarà la sua ultima stagione alla guida dei cavalieri rossi, Ferguson non può non terminare in il lavoro con un trionfo. Tra i trofei nazionali, il tallone d’Achille per il manager di Glasgow è sempre stata la Coppa di Lega, l’unico tassello mancante per il mosaico perfetto; tassello che verrà puntualmente incollato da sir Alex alla sua maniera, in maniera impeccabile, con la Scottish League Cup conquistata dai suoi grazie a un filotto implacabile di 6 vittorie su 6 e nemmeno un gol incassato. L’inizio, in agosto, è roboante, con l’Ayr United asfaltato dal 5-0 firmato dalle doppiette di Stark e McDougall, poi il 2-0 al St. Johnstone e i tre 1-0 consecutivi contro l’Heart of Midlothiane Dundee United (andata e ritorno); ad attendere i dons in finale c’è un avversario inedito, l’Hibernian. La resistenza degli uomini in verde è poca cosa contro lo strapotere di Black, l’uomo delle finali, che non poteva non mancare nel tabellino di questa sfida, decisa non da una ma da sue due reti, entrambe a porta vuota, l’una di testa e l’altra di piede, in mezzo il momentaneo 2-0 di Stark. Arriva un’altra coppa in casa Aberdeen, proprio quella che mancava, vinta in scioltezza senza sbavature. Quasi come fosse una cosa normale. Arriva il nono trofeo in cinque anni.
Ma le gioie non sono finite qui: dopo l’amara eliminazione dalla Coppa dei Campioni, dove la semifinale sfugge agli scozzesi per il gol segnato in trasferta (2-2 e 0-0 contro il Goteborg, ndr), l’Aberdeen trova consolazione calcando il suo palcoscenico prediletto, la Coppa di Scozia. Il Montrose viene liquidato con un inappellabile 4-1, Abroath e Dundee sono regolati di misura, in semifinale all’Hibernian non riesce la vendetta, anzi i verdi portano a casa un nuovo 3-0 firmato ancora da Stark e Black più il sigillo finale di Miller. L’atto conclusivo della competizione è contro l’Heart of Midlothian. Il veterano Hewitt, uno dei senatori della squadra, ritorna ad indossare lo smoking di gala e spacca subito in due la partita con un tracciante mancino che non lascia scampo al portiere avversario, per poi ripetersi con un tocco facile facile a porta vuota dopo un’ottima progressione sulla sinistra di Neale Cooper. L’ Iron Man Billy Stark chiude i giochi grazie alla zuccata in tuffo: l’Aberdeen conquista la quarta Coppa di Scozia in 5 edizioni.

1985-’86: arriva un’altra Scottish Cup

Cala il sipario sull’epopea Ferguson, che conclude la sua avventura all’Aberdeen con un double di coppe nazionale. Il tecnico scozzese, dopo 7 lunghi anni rossi come la passione, lascia l’Aberdeen e la sua terra natale per sposare un nuovo matrimonio colorato di rosso, il rosso fuoco del Manchester United, dove Alex esporterà il suo calcio vincente e regalerà trofei su trofei anche ai Red Devils, diventando l’inarrivabile sir Alex Ferguson, il Cavaliere per eccellenza.
“Nessuno è profeta in patria”. Questa massima è stata in parte smentita dal grande manager scozzese, allenatore affacciatosi alla ribalta internazionale nei primi anni ’80, periodo d’oro in cui il suo Aberdeen ha conquistato 10 trofei in 7 stagioni: 3 campionati, 4 Coppe di Scozia, una Coppa di Lega scozzese, una Coppa delle Coppe ed una Supercoppa europea. Una scorpacciata irripetibile, un periodo indimenticabile, un traguardo indelebile per l’Aberdeen e per la Scozia intera, che per un buon decennio ha smesso di vedere solo trionfi targati Rangers o Celtic e si è trovata sotto gli occhi una nuova, inedita, affascinante storia tutta da gustare.

Vai all’articolo originale

Condividi su: