“Un presidente, c’è solo un presidente”, cantavano i tifosi del Catania con in testa un volto ben preciso, quello di un uomo che al club ha dato tantissimo, forse tutto, nel corso di tre periodi e un totale di 21 anni: Angelo Massimino. Un po’ padre-padrone, un po’ talent scout, personaggio genuino di un calcio che non c’è più, l’alone magico costruito intorno a lui è nato anche per certi aspetti folcloristici da cui non si può prescindere.
“A questa squadra manca l’amalgama? E allora compriamolo”, “Vado in un posto che non vi posso dire a comprare due brasiliani”. Su Massimino fioccano aneddoti e testimonianze al limite dell’inverosimile. Figlio di un costruttore edile, da giovane per due anni andrà a vivere in Argentina dove lavorerà come muratore. Dopo aver tentato di diventare calciatore lui stesso, il suo primo ingresso nel mondo del pallone è nel 1959 quando diventa proprietario della Scat, praticamente la squadra dopolavoristica dei tranvieri di Catania.
La ribattezza Massiminiana, prendendo spunto dal suo cognome, e dalla Prima Categoria la porta addirittura in Serie D nel giro di cinque anni. Il suo sogno sarebbe quello di arrivare a giocare un derby con il Catania, del resto a vedere la Massiminiana ci va molta più gente che non alle partite dei “cugini”.
Scopre un giovane attaccante del posto che fa la spola tra allenamenti e un lavoro come riparatore di termosifoni: si chiama Pietro Anastasi, poi andrà a Varese e alla Juventus, oltre che in Nazionale con cui diventerà campione d’Europa.
Nel 1969 Massimino diventa presidente del Catania e comincia la sua epopea. Subito arriva una promozione in A, ma tempo un anno ed ecco servita la retrocessione in B. Il pubblico si divide a metà tra chi lo adora e chi lo contesta, quando il club precipita addirittura in C si muove addirittura il sindaco della città, Ignazio Marcoccio. Massimino si sarebbe dimesso dalla carica, ma a furor di popolo viene richiamato.
Tra un saliscendi e un altro, nel 1983 arriva un’altra promozione in A, ma la stagione successiva è un disastro con una sola vittoria in 30 partite, nonostante la coppia di brasiliani Luvanor e Pedrinho e l’ingaggio di un giovane Andrea Carnevale. Dimessosi nel 1987, Massimino tornerà alla guida del club dal 1992 al 1996, fino alla morte avvenuta in un incidente stradale all’altezza di Scillato. Guidava il genero, uscito illeso, mentre il “presidentissimo” non aveva le cinture di sicurezza allacciate. Al suo funerale andranno in cinquemila, nel 2002 gli verrà intitolato lo stadio Cibali di Catania.
Fonte Guerin Sportivo