Se così non fosse sarebbe semplicemente un altro sport. Pallavolo, basket, baseball … scegliete voi. Nel calcio puoi anche perdere e comunque lasciare un segno indelebile nella memoria dei tanti che hanno saputo apprezzare, appunto, la bellezza.
Se così non fosse non sarebbero nel “mito” squadre come la grande Ungheria di Puskás o Hidegkuti, o la grande Olanda di Cruyff e Neeskens o, in casa nostra il Milan di Sacchi (che comunque “qualcosina” ha vinto !).
Ángel Cappa è un allenatore che ha fatto della “bellezza del gioco” il suo imperativo principale. Il suo curriculum non è certo a livello dei grandissimi del calcio mondiale tantomeno argentino, anzi. Nella sua trentennale carriera di allenatore ha vinto “ben” due titoli; in Sudafrica e in Perù!
Ma chiedete a qualsiasi tifoso di calcio argentino quale squadra ha più impressionato per la “bellezza” negli ultimi quindici anni e la risposta sarà quasi sempre la stessa; l’Huracán di Ángel Cappa. Non esiste discussione calcistica in Argentina dove il suo nome non salti fuori … a tal punto che più di un osservatore afferma che pare esista un “prima” o un “dopo” l’ Huracán di Ángel Cappa.
Ángel Cappa, laureato in filosofia e in psicopedagogia infantile, è un uomo, come si diceva una volta, tutto di un pezzo. Se deve parlare parla, senza risparmiare niente e nessuno. Può essere talmente diretto a volte da risultare offensivo. Ha semplicemente le idee chiare, da sempre, da quando nel 1978 dovette interrompere la sua carriera di calciatore dell’Olimpo di Bahia a 32 anni per scappare in Spagna in quanto “sovversivo e nemico della Patria” … la Patria del sanguinario Videla e dei suoi carnefici.
L’ Huracán di Cappa – come scrive Remo Gandolfi – non ha vinto nulla in nessuno dei due cicli di Cappa “al mando” del club (1986-‘87 e 2008-‘09) ma “El Globo” condotto da Ángel Cappa soprattutto nel biennio ultimo ha letteralmente impressionato per il suo calcio. Che poi non sia arrivato il trionfo in un Clausura (quello vinto dal Vélez nel 2009) solo per un gol (contestatissimo) a 5 minuti dalla fine dell’ultima partita poco sposta le cose in realtà; l’ Huracán di Cappa è stato in quel breve periodo l’equivalente del Barcellona in Europa a livello di qualità del gioco e di espressione di bellezza. Un giovanissimo Javier Pastore, Mario Bolatti e Patricio Toranzo i tre leaders degli “Angeli di Cappa” (così furono chiamati i giocatori di quell’ Huracán) che del “tiki-taka” erano i maestri assoluti … con una differenza importante; in Spagna i giocatori tecnici sono tutelati come in nessun altro campionato al mondo, gli arbitri intervengono sovente e in maniera decisa per impedire un calcio troppo fisico … in Argentina è esattamente l’opposto!
Gli arbitri fischiano pochissimo, il gioco è duro e “maschio” come in nessun’altro dei campionati principali del globo terrestre e il calcio voluto da Cappa è per questo motivo ancora più difficile da esprimere. Nonostante questo “El Globo” in quella stagione seppe esprimere un calcio offensivo e spettacolare come davvero poche volte si è visto nella storia recente del calcio argentino. Nella classica difesa a 4 tutti giocatori che sapevano “giocare a calcio”. Nessun “pelotazos arriba” ma una costruzione paziente del gioco da dietro, Bolatti come centrocampista difensivo piazzato davanti alla difesa (il classico “5” argentino”) con doti non comuni fisiche (190 cm) e di capacità di interdizione unite ad una visione di gioco e ad un senso geometrico davvero di prim’ordine. Davanti a lui due centrocampisti di grande tecnica e personalità come Patricio Toranzo e del venezuelano César Eduardo González.
Dietro la prima punta, il gigantesco Federico Nieto, eccellente nel suo gioco di sponda per gli inserimenti dei due “enganche” (rifinitori) voluti da Cappa; il piccolo e talentuoso Matias Defederico e soprattutto “El Flaco” Javier Pastore, assoluta rivelazione di quel campionato e capocannoniere della squadra con 7 reti. Huracán che con ogni probabilità avrebbe potuto ripetere le gesta dell’ultimo Huracán vincente, quello meraviglioso del 1973 di Brindisi, Houseman e Basile se non fosse che la situazione economica del club (e dell’Argentina intera) costrinse El Globo a cedere tutti i suoi giocatori migliori.
Ma se è con i suoi “angeli” che Cappa è entrato nella storia del calcio argentino non dobbiamo dimenticare gli inizi e dove Ángel Cappa si è forgiato. Lasciato il calcio giocato fu un altro famosissimo “Flaco”, César Menotti, che lo vuole al suo fianco nel 1981, in preparazione dei Mondiali di Spagna dove l’Argentina si presenta come campione in carica. Rimane al fianco di Menotti anche nell’esperienza del “Flaco” a Barcellona per poi accettare il suo primo incarico da primo allenatore con il Banfield nel 1985.
Menotti appare e riappare anche negli anni a venire … prima Cappa lo sostituisce per un breve interim al Boca Juniors e poi torna a lavorare al suo fianco nell’esperienza al Peñarol in Uruguay. Ma sono le 4 stagioni tra il 1992 e il 1996 quelle sicuramente più formative e importanti nella carriera di Ángel Cappa; quelle come mentore e guida tecnica e spirituale di un giovanissimo Jorge Valdano che nel 1992 inizia la sua avventura come allenatore del Tenerife. Valdano e Cappa; due uomini di spessore, intelligenza e cultura clamorosamente sopra la media non solo del mondo del calcio (spesso povero di queste peculiarità) ma per qualsiasi ambito sociale. La loro filosofia è chiarissima; si deve giocare un bel calcio. E quel Tenerife incanta tutti; fin dal momento in cui i due arrivano, con il Tenerife praticamente spacciato, e lo risollevano portandolo a chiudere quella Liga al tredicesimo posto … e giocando a calcio fin dal primo giorno e lanciando giocatori del valore di Juan Antonio Pizzi, di Diego Latorre e soprattutto del “angelo biondo” Fernando Redondo … tutti argentini!
Nella stagione successiva addirittura un incredibile quinto posto, con la qualificazione ad una coppa europea, prima ed ultima nella storia del piccolo club delle Canarie e in quella successiva un altro eccellente decimo posto con due “chicche” assolute; togliere al Real Madrid due titoli consecutivi praticamente già vinti! Proprio il Real Madrid vuole Valdano e Cappa al “mando” del club; e il Real Madrid vince immediatamente la Liga, “buttando dentro” due ragazzini come Raúl e Guti e giocando un calcio come a Madrid non si vedeva da parecchio tempo.
Il legame con Valdano, l’affinità di idee e di proposta calcistica si affermano anche nel tempio assoluto della concretezza e del denaro… anche se la pazienza di questo club è conosciutissima per essere praticamente nulla e così la stagione successiva si chiude il rapporto con Valdano e Cappa. Da lì il duo si scioglie e Cappa torna a dirigere in prima persona. Allena in 12 diversi clubs in 16 stagioni per chiudere (per ora?) la sua carriera di allenatore nel 2012 con l’Universidad de San Martín in Perù. Non si può però non accennare alla sua stagione nel River Plate dove, pur facendo meglio di tutti i suoi predecessori, vide la retrocessione del prestigioso club di Buenos Aires grazie al famoso “promedio”, la classifica basate sulle medie/punti delle precedenti 3 annate calcistiche.
“Ora vivo in Spagna, la terra che mi ha accolto quando scappai da Videla e dai suoi aguzzini. Guardo il calcio e lo commento e mi piace. Ma se arrivasse la proposta giusta, non una qualsiasi, potrei pensarci. Da un lato spero che questa proposta non arrivi, dall’altro so che se arrivasse potrei cadere in tentazione … se fosse l’ Huracán, ad esempio, dire di no mi diventerebbe difficile … molto difficile …”
Ángel Cappa, anche lui dichiaratamente di sinistra come Menotti, fu uno dei più strenui oppositori al regime dittatoriale di Videla e dei generali argentini. Per questa ragione fu costretto a lasciare l’Argentina nel 1978. Si salvò solamente grazie al fatto che l’ufficiale incaricato di arrestarlo come “sovversivo” lo riconobbe come calciatore dell’Olimpo di Bahia e con il famoso “Siga Cappa, siga” gli evitò l’arresto.
Cappa fu costretto a fuggire in Spagna ma l’anno seguente, nel 1979, dopo fu protagonista, insieme ad alcuni amici, di un gesto clamoroso e altrettanto pericoloso; durante un incontro della Nazionale argentina contro l’Olanda disputato in Svizzera riuscì a piazzare in tribuna un grandissimo striscione, ripetutamente inquadrato dalle televisioni, con la scritta “Videla asesino” che ebbe non poche ripercussioni in Patria.
Chiamato ad esprimersi sul governo argentino di Cristina Kirchner la risposta fu “Non ho molti elementi di giudizio, ma se i nemici di questo governo sono dentro Wall Street o sono i ricchi dei quartieri benestanti di Buenos Aires che festeggiarono la morte di Néstor Kirchner … beh, allora questo governo mi è molto simpatico !”.
“Vincere è importante e bello. Ma vincere e giocare bene vale il doppio. Puoi vincere anche giocando male, in modo volgare … ma solo se hai grandi giocatori. Mourinho al Real Madrid ne è stata l’espressione massima”.
“Il grande giocatore deve integrarsi nel collettivo … e il collettivo entrare nella testa del grande giocatore” “Iniesta disse che Messi è il migliore perché gioca nel Barcellona e che il Barcellona è la più forte perché ci gioca Messi”.
“Pier Paolo Pasolini (che Ángel Cappa adora!, NdR) disse una volta che il calcio europeo era prosa, quello sudamericano era poesia. Purtroppo non è più così … il calcio si assomiglia troppo, dappertutto e la poesia non è più di un continente o di una nazione ma di qualche singolo ‘vate’”.
Sul calcio spagnolo: “Il Barcellona sa quello che vuole. Il Real Madrid no. Non ha una identità. Vuole solo essere il più grande spendendo più di tutti. Mata, Negredo e Morata (mai valorizzati da club pur essendo cresciuti nella cantera) sono 3 esempi chiarissimi”.
Sulla sua esperienza (vittoriosa) in Sudafrica, nel Mamelodi Sundowns: “Fu meravigliosa. Ricordo la prima partita di campionato … là si parlava inglese e io sapevo si e no 5-6 parole … provai a fare un discorso alla squadra prima di scendere in campo. Alla fine vincemmo la partita e l’unica cosa che dissi ai calciatori a fine partita fu ‘Sapete perché oggi abbiamo vinto? perché per fortuna vostra non avete capito una parola di quello che vi ho detto prima!’”.
Filosofia e calcio per Ángel Cappa 1: “Se il calcio non sa essere allegria allora non serve a nulla”.
Filosofia e calcio per Ángel Cappa 2: “Non si può ridurre il calcio ad un risultato come non si può ridurre l’amore ad un orgasmo”.
Fonte Il Misterone