L’avvocato Federico Sordillo, da Pietradefusi, rimarrà per sempre il presidente della Federazione italiana durante il Mondiale 1982, anche se Enzo Bearzot non lo aveva scelto lui ed anzi lo aveva messo nel mirino da molto prima della spedizione in Spagna. L’avvocato campano fu eletto (4.077 voti su 4.339 votanti) numero uno della FIGC il 3 agosto del 1980, a scandalo del calcioscommesse ormai quasi totalmente definito come responsabilità e sanzioni. Candidato unico, come troppo spesso avveniva ed avviene nelle federazioni sportive, non certo un modello di democrazia. Prese il posto del grande Artemio Franchi che aveva deciso di concentrarsi sulla carriera internazionale, dal 1973 era presidente della UEFA, con il sogno di succedere ad Havelange al vertice della FIFA.
Sordillo – come scrive il Guerin Sportivo – penalista che aveva costruito la sua carriera a Milano, non era certo uno sconosciuto nel calcio, visto che per molti anni era stato dirigente del Milan, soprattutto nell’epoca Carraro, e che in una stagione (1971-‘72) del club rossonero era stato addirittura presidente prima di entrare alla FIGC come consigliere e poi come capo del Settore Tecnico. Certo non un eversore del sistema, Sordillo, che si trovò già servita dal suo predecessore la riapertura ai calciatori stranieri (nel 1982 l’allargamento a due per squadra, da lui osteggiato) e la gestione della vicenda scommesse, per cui fin da subito stoppò ogni richiesta di amnistia. Sulle prime fu considerato un presidente di transizione, schiacciato tra la figura di Franchi e quella di Carraro (all’epoca presidente del CONI), ma comunque Sordillo avrebbe legato il suo nome a ben tre edizioni del Mondiale.
La prima ovviamente fu quella del 1982. Sordillo non era esattamente un simpatizzante di Bearzot, come del resto una significativa parte dell’apparato federale, e dopo la brutta amichevole giocata dagli Azzurri contro lo Sporting Braga, a pochi giorni dall’inizio del Mondiale, sparò a zero contro la squadra: “Se questa è l’Italia, meglio accantonare le speranze”. Bearzot non la prese bene: “Chi scambia un allenamento con una partita non capisce di calcio”. Di sicuro non si era mai sentito e non si sarebbe mai sentito un presidente della FIGC motivare in questo modo l’Italia. Superfluo ricordare lo svolgimento del Mondiale 1982, con le significative parole di Sordillo dopo il 3-2 al Brasile: “Bearzot è un allenatore che ci invidiano tutti”. Contratto rinnovato fino al 1986, facendolo diventare responsabile di tutte le rappresentative azzurre e facendo sloggiare da Coverciano un altro anti-Bearzot come Italo Allodi.
La seconda edizione di un Mondiale legata a Sordillo fu quella del 1986 in Messico, con un’Italia a cui non riuscì la fusione fra i resti del 1982 e la generazione successiva. Dopo l’eliminazione contro la Francia, negli ottavi di finale, Sordillo si dimise e lasciò in eredità il prolungamento del contratto di Bearzot fino al 1990, che tanti problemi avrebbe creato e che comunque sarebbe stato onorato fino all’ultimo centesimo visto che Bearzot non si sarebbe dimesso. In positivo lasciò però in eredità anche un terzo Mondiale, quello di Italia ’90, visto che sotto la sua spinta nel 1984 l’Italia ne aveva ottenuto l’assegnazione battendo la concorrenza di molti paesi, anche se alla votazione finale erano arrivate soltanto l’Italia e l’Unione Sovietica. Una grande vittoria politica non solo di Sordillo, ma anche di Sordillo. Che ha lasciato questa terra nel 2004, quando già il calcio italiano lo aveva dimenticato.