“Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia”. Un coro immortale che riecheggia dagli anni ’70 e che accompagnerà la gente laziale per l’eternità. Perché Long John non è stato solo il bomber del primo storico scudetto: Giorgio Chinaglia è la prima icona biancoceleste, capopopolo per eccellenza, simbolo di gloria e rivalsa. La sua storia è un romanzo, un racconto che parte nella povertà in cui cresce a Pontecimato, nel casolare di famiglia in provincia di Carrara. Tre anni dopo la sua nascita, avvenuta il 24 gennaio 1947, con l’arrivo della piccola Rita, papà Mario decide di trasferirsi in Galles per cercare fortuna a Cardiff. Due anni più tardi – come racconta il “Guerin Sportivo” – lo raggiunge anche la moglie, mentre i due fratelli restano in Italia con nonna Clelia. Giorgio cresce dando calci al pallone, mentre i genitori racimolano i frutti del duro lavoro Oltremanica: con i risparmi riescono finalmente a portare i figli a Cardiff, ricomponendo così la famiglia nel 1955.
A Cardiff i ragazzi della St. Peter’s School lo chiamano “Giant” (il gigante). Cresce in un ambiente in cui porta l’etichetta di immigrato, ma dove riesce a farsi rispettare, formando spalle larghe e un carattere da leader. La svolta avviene grazie a un amico del papà, Andrea Del Nero, che lo porta a giocare nella squadra di quartiere. Viene presto notato, prima dai selezionatori del Cardiff City, poi da quelli dello Swansea, maglia con la quale debutta tra i professionisti nel 1964. Le due stagioni trascorse con i cigni non sono però felici: il giovane bomber gioca spesso con la squadra riserve e si lascia sempre più distrarre dalla vita notturna. Il papà, che cura gli interessi del figlio, prende la situazione in mano, parte per l’Italia e trova un accordo con la Massese. La soluzione è ideale: consente a Giorgio di tornare vicino casa e di poter giocare con meno distrazioni. Siamo nell’estate del ‘66, i toscani si preparano per il campionato di Serie C e sfidano in amichevole proprio la Lazio. Chinaglia, per un curioso segno del destino, mette a referto i suoi primi gol italiani contro la sua futura squadra, segnando una doppietta. Le sole 5 reti nel primo campionato da professionista non spaventano gli estimatori del ragazzo venuto dal Galles, che dalla stagione successiva si trasferisce all’Internapoli. Il capitano dei campani è Pino Wilson, che trascorse le due annate in cui Giorgio metterà a referto 28 gol, lo seguirà alla Lazio.
Nell’estate ‘69 è proprio la Lazio a bruciare la folta concorrenza per il bomber toscano: il presidente Lenzini versa 180 milioni per Giorgio e 110 più Martella per il cartellino di Pino Wilson. La nuova avventura di Long John parte alla grande: segna la prima rete in Serie A alla terza giornata, decidendo la gara dell’Olimpico contro il Milan campione d’Europa (1-0). A fine campionato conta 12 realizzazioni, entrando anche nella lista dei 40 di Valcareggi per il Mondiale messicano. Non partirà, ma si consolerà sposando in estate la sua amata Connie. La stagione seguente non è felice per la Lazio, che retrocede in Serie B, ma vive un decisivo avvicendamento in panchina. Il bomber, inconsapevole del legame indissolubile che presto instaurerà con il nuovo allenatore, non prende bene l’allontanamento di Juan Carlos Lorenzo. Giorgio la pensa come il popolo laziale, che accoglie con assoluto scetticismo l’arrivo di Tommaso Maestrelli. Nascerà un legame speciale tra Long John e Tommaso, che sarà l’unico a riuscire a tenere a bada il carattere sfrontato del bomber. Nel primo anno, mostrando un grande calcio, la Lazio torna dove le compete.
Maestrelli strappa la promozione all’ultima giornata sul campo del Bari, ma non c’è neanche il tempo di festeggiare che già bisogna ripartire: l’allenatore accompagna personalmente il suo bomber, perché Chinaglia ha segnato 21 reti in campionato ed è appena stato convocato per la prima volta in Nazionale. Tre giorni più tardi debutta a Sofia contro la Bulgaria, entrando nella ripresa al posto di Anastasi e regalando il pareggio agli azzurri. In quell’estate la Lazio pone le basi per lo scudetto: arrivano nella Capitale Pulici, Petrelli, Frustalupi, Garlaschelli e Re Cecconi. Il campionato 1972-‘73 della Banda Maestrelli è sensazionale: da neopromossa sfiora il titolo, concludendo a soli due punti dalla Juve campione d’Italia. La squadra gioca all’olandese, vince i due derby stagionali e Chinaglia chiude in doppia cifra con 10 reti.
Giorgio è ormai l’idolo incontrastato della tifoseria. La Lazio vola e al giro di boa del campionato 1973-‘74 si trova a un solo punto dalla vetta. Da ricordare la campagna europea, chiusa con una rissa nella serata dell’Olimpico contro gli inglesi dell’Ipswich. All’andata la Lazio aveva perso 4-0, ma al ritorno, sopra 2-0, sembrava nettamente padrona del campo. Un arbitraggio a dir poco discutibile dell’olandese Van der Kroft scaturì l’ira dei “bad boys” biancocelesti. L’accaduto impedì la partecipazione alla successiva Coppa dei Campioni. Con il senno del poi, un grande rimpianto. In campionato Long John decide il derby d’andata e si ripete in quello di ritorno. Quel giorno sfida tutto il popolo romanista, piantandosi sotto la Curva Sud e puntandogli contro il dito dopo aver segnato il gol vittoria. Già in precedenza bersagliato, dopo questo gesto Giorgio verrà letteralmente tormentato dai romanisti. Nella settimana che accompagna quel derby alla sfida del San Paolo contro il Napoli, deve addirittura trasferirsi a casa di Maestrelli per trovare un po’ di tranquillità. In campo, però, è implacabile: contro gli azzurri segna la tripletta che regala un punto fondamentale ai biancocelesti, ormai lanciatissimi verso il tricolore. L’apporto di Chinaglia nel girone di ritorno è stupefacente: 17 gol in 15 partite. Il 12 maggio 1974 è suo il rigore che stende il Foggia, nel giorno del primo storico scudetto. Un traguardo impensabile, raggiunto da un gruppo che fuori dal campo si divide in due clan, ma che sul rettangolo verde gioca in maniera armonica, compattato quasi per magia dall’artefice assoluto dell’impresa: Tommaso Maestrelli.
Nonostante la gloria e la fama raggiunta Giorgio non è più felice: “Non ce la faccio più, sono l’uomo più odiato d’Italia”. Questo anche grazie al suo sfrontato gesto nei confronti del Ct Valcareggi nei Mondiali tedeschi, mandato a quel paese in mondovisione dopo la sostituzione maldigerita durante la sfida contro Haiti. Maestrelli le prova tutte per calmare l’impeto del suo bomber, recandosi in Germania per star vicino a quello che ormai per lui è un figlio acquisito. Presto Long John comunica a Connie che il loro futuro sarà lontano: al termine del campionato 1974-‘75 si trasferiranno in America con i due bambini. L’avventura di Chinaglia in biancoceleste durerà invece fino all’aprile del ’76, quando deciderà definitivamente di partire per gli States, dove lo aspettano i New York Cosmos. In concomitanza con la fine della storia d’amore tra Chinaglia e la Lazio, a creare il magone nell’ambiente è la malattia di Tommaso Maestrelli, che il 2 dicembre 1976 lascia un vuoto incolmabile in tutto il popolo laziale e nella vita di Giorgio. Long John torna a Roma giusto in tempo per regalare al suo allenatore l’ultimo sorriso. Non fa nemmeno in tempo a immagazzinare il lutto, che arriva dall’Italia un’altra notizia assurda. È il 18 gennaio 1977 quando Pino Wilson lo chiama e gli comunica la tragica scomparsa dell’ex compagno Luciano Re Cecconi, morto a soli 29 anni in circostanze assurde.
Nella squadra americana Chinaglia si ritrova a far coppia nientemeno che con Pelé, la star brasiliana che lascerà il calcio al termine della stagione 1977. Negli States Giorgio è una stella assoluta e continua a segnare fino al 1983, mettendo in bacheca tre campionati e a referto la mostruosa cifra di 231 reti in 234 gare. Una volta appesi gli scarpini al chiodo lo aspetta un contratto da dirigente, ma intanto, dall’altra parte del mondo la Lazio che aveva vinto il campionato non esiste più. La squadra è retrocessa in Serie B e Chinaglia non vuole di certo stare a guardare. Tra l’entusiasmo generale, rassicurato dall’americano Steve Ross sulla partecipazione della Coca Cola e di alcuni possibili investitori nella causa biancoceleste, rileva la Lazio diventandone il nuovo presidente. La gente riacquista entusiasmo, riversandosi in massa all’aeroporto per accoglierlo e tornando a popolare le tribune dell’Olimpico. Nonostante tutti i buoni propositi sarà un fallimento. La Lazio farà la spola tra A e B, Long John lascerà nel 1986.
L’ultima parte della vita di Giorgio Chinaglia si divide tra una nuova vita sentimentale – conosce Angela, che presto diventerà sua moglie – e una grande voglia di rivalsa. Riprova senza fortuna a percorrere la strada della presidenza, diventando il patron del Foggia nel 2000, ma anche quest’avventura si rivela un fallimento. Senza successo tenta di riprovare nel 2004 con la Lazio, inserendosi nell’avvicendamento presidenziale tra Ugo Longo e Claudio Lotito: finisce allo sbaraglio. Nel frattempo, terminato anche il secondo matrimonio, continua a fare su e giù tra Roma e New York. Nel 2009 comincia a percepire i primi sintomi della malattia e decide di trasferirsi in Florida, a Naples, dove c’è un clima migliore rispetto alla Grande Mela. Qui si spegne, in solitudine, il 1° aprile del 2012, dopo essere sopravvissuto per miracolo a un infarto appena un mese prima. Oggi riposa nel cimitero di Prima Porta, ricongiunto al fianco del suo papà-allenatore, nella cappella della famiglia Maestrelli.