Sarà giornata di festa, ricordi e rievocazioni, l’esordio in porta con una neo promossa non si può scordare, certe esperienze ti rimangono tatuate sulla pelle. Il 21 agosto è una data che Massimo Piloni conosce molto bene. In primis perchè è il suo compleanno, ma è anche il giorno di Pescara-Napoli, la partita che – come racconta Davide Morgera su “Il Napolista” – lo ha visto esordire veramente in serie A con la squadra abruzzese. Fino ad allora il portiere marchigiano aveva collezionato la miseria di 12 presenze (con 11 reti subite ) in 6 anni di Juventus, giocando 7 volte nel ‘70-‘71 e 5 volte nel ‘71-‘72, mai da quando Zoff si trasferì da Napoli all’ombra della Mole. Chiuso da cannibali della porta come Anzolin, Tancredi, Carmignani e da Dino-sauro Zoff che gli lasciarono in eredità l’appellativo di “eterno dodicesimo”, la partita la guardava quasi sempre dalla panchina. Appunto, la solitudine del dodicesimo uomo.
Dopo aver difeso la porta del Pescara, del Rimini e della Fermana, Piloni chiuse la carriera ingloriosamente nel Chieti in Serie C2. Nel dopo calcio giocato, inoltre, non ebbe particolare fortuna. Ha allenato per qualche tempo portieri, tra questi anche Iezzo al Catania e Storari al Perugia, ma il suo curriculum vitae non gli dava molte chance. Chi lo aveva seguito sulle figurine Panini, esclusivamente dalla sezione “Riserve” in poi, aveva notato il suo giovanile volto perdere i capelli, invecchiare man mano, precocemente ingrossarsi prima con una barbetta mal rasata e poi con un barbone degno di un guerriero vichingo, dedito a birra, sidro e donnine.
Il guaio era che, con la barba e l’incipiente calvizie, era cresciuta anche la pancia. Evidentemente le troppe panchine non favorirono il suo aspetto fisico. E chi si lamentava, poco tempo fa, delle sporgenze di un imbolsito Higuain o delle rotondità del povero Sodinha non ha ancora visto il fisico di Piloni ai tempi d’oro. Kiraly, il portiere dell’Ungheria col pigiama, in confronto è uno scolaretto alle prime armi. Tra l’altro, si dice, il destino in un nome. Cosa è un pilone? Ci aiuta il dizionario : “Pilastro di grossa mole, massiccia struttura verticale, a pianta per lo più poligonale e fondamenta particolarmente robuste”. Nonostante questo, Pi-loni fu un Pi-lastro del Pescara neo promosso in Serie A che affrontò il Napoli e che si affidò a lui ed altri esperti quali il polmone di centrocampo Zucchini, il venezuelano Nobili, il core de Roma Orazi, il Baffo Bertarelli, lo scudettato Mancin ( Cagliari ‘69-7’0 ) per far crescere giovani di belle speranze come Grop, Galbiati, De Biasi (il tecnico attuale dell’Azerbaigian ), Mosti e Cinquetti.
L’ 11 settembre del 1977, quasi una vita fa. A Pescara c’è un sole che spacca le pietre, il pubblico abruzzese è molto civile, ci tiene a ben figurare nell’esordio di serie A. La cosa curiosa, di cui tanti tabellini prendono nota, è il continuo avviso dell’altoparlante che chiede un regolare afflusso degli spettatori provenienti sia da Napoli che da Pescara, forse si temono incidenti.
L’Adriatico sarà riempito da 25000 tifosi festanti, la metà almeno sono supporter degli azzurri. “Notizie dell’altro e dall’altro calcio” scriverebbe oggi Gianni Mura. Quello sport si inventò, per vari anni, un premio messo in palio da una nota azienda per colorare la prima giornata di campionato, ovvero assegnare 700 bottiglie di vino a chi faceva il primo gol del nuovo torneo.
Nel 1977-‘78 toccò ad un giocatore del Napoli, Livio Pin. Correva il 13′ del primo tempo, il Napoli, in completa tenuta bianca, ticchetta a centrocampo, geometrizza, ma cerca sempre l’affondo, è entrato in campo col piglio giusto, vuole sbloccare la partita, Di Marzio vuole dimostrare di essere il nuovo profeta in patria. Juliano, la vera chioccia dei diversi esordienti azzurri (Ferrario, Stanzione, Vinazzani, Restelli e lo stesso Pin erano parte dello svecchiamento voluto dalla società), si inventa una finta, si porta l’avversario dietro e libera lo spazio per il giocatore veneto che spara da fuori area da vero centravanti. Il pallone si insacca e Piloni, col suo peso, raccoglie la sfera in fondo al sacco pensando “questa è la vera serie A, altro che riserva alla Juve!”. Pin, prelevato dal Perugia dopo solo 18 presenze in A, fu anche il migliore in campo e Pacileo lo paragonò addirittura ad uno storico mediano degli azzurri, Bianchi, giudicandolo però “più svelto, con grinta, muscoloso, piede vigoroso e flessibile, con la giusta velocità”.
Lo squillante successo si rafforzò poi con la sa-ssata di Bruscolotti da Sa-ssano e si chiuse con la magia dell’altro vecchietto in squadra, Luciano Chiarugi, che scavalcò ancora Piloni con un beffardo pallonetto. Tre reti di scarto nel primo tempo, partita in cassaforte.
Repetto salverà l’onore della debuttante nella ripresa con una bella botta ravvicinata su cui Mattolini nulla potrà. Molto bella anche l’immagine finale di un Napoli schierato a centrocampo che, con le mani alzate, saluta i tifosi accorsi in Abruzzo, segno di un feeling mai perso tra squadra e tifoseria. Allora non c’era nemmeno “Un giorno all’improvviso” e l’entusiasmo appariva anche più contenuto. Forse Pin, nello spogliatoio, per festeggiare la vittoria, distribuì tra i compagni di squadra le 700 bottiglie di vino. O semplicemente ne tiene ancora qualcuna in cantina.