Nato a Castellammare Adriatico (Pescara), Mario Pizziolo si mise in luce nella Pistoiese come mediano destro. Nel 1929, quando sembrava sul punto di passare all’Ambrosiana, ci fu l’opposizione dei genitori per via dei suoi studi, preferendo la destinazione Fiorentina. Studi che effettivamente proseguirono conseguendo ben due lauree in Scienze politiche ed Economia e Commercio. In maglia viola vinse il campionato cadetto 1930-‘31,e negli anni successivi divenne un beniamino della tifoseria gigliata.
Al grande talento abbinava l’abilità nel rilancio, bravo in marcatura e col temperamento da vendere. Vittorio Pozzo non si fece sfuggire tanta bravura, lo convocò in azzurro nel 1933 garantendogli il posto da titolare ai Mondiali del 1934.
Il quarto di finale contro la Spagna risulta essere una delle partite più spigolose della storia dei Mondiali, e in quel frangente, purtroppo, Pizziolo subì un serio infortunio al ginocchio sinistro.
Dopo molti anni, sul libro “Azzurri 1990. Storia della Nazionale” così viene ricordato l’episodio attraverso una sua diretta testimonianza: “Pozzo mi chiese se me la sentivo di rientrare in campo. Risposi di sì, anche se in ogni momento avvertivo un dolore lancinante. La partita durò 120 minuti invece di 90… Mi sarebbe sembrato un mezzo tradimento se avessi lasciato la squadra in dieci, a quei tempi non potevano esserci sostituzioni”.
Dopo quell’infortunio andò sotto i ferri, riuscì a giocare altre due volte in azzurro. Poi, nell’agosto del 1936, in una partita pre-campionato a Rapallo lo stesso ginocchio si ruppe ancora costringendolo al ritiro definitivo.
Ma la vicenda che lascia allibiti fu proprio lui a raccontarla pochi giorni prima di morire: “Alle sofferenze fisiche si aggiunsero quelle morali. La squadra azzurra conquistò il titolo mondiale e Pozzo si battè perché anche io potessi partecipare ai festeggiamenti ufficiali. Quell’invito non mi arrivò mai e non so chi ringraziare, se il governo dell’epoca oppure i dirigenti della federazione. Non mi arrivò nemmeno la medaglia d’oro che mi spettava di diritto per aver giocato due partite della fase finale. Mi sono battuto per anni e anni perché l’ingiustizia fosse cancellata. Alla fine ho ricevuto una copia di quella medaglia. È stata una soddisfazione, ma il trascorrere del tempo non ha cancellato l’amarezza per non aver potuto gioire del trionfo insieme ai miei compagni”.
Come detto, Pizziolo morì pochi giorni dopo questa testimonianza. Era malato da tempo, viveva in miseria al punto tale che lo stato gli aveva concesso i benefici della legge Bacchelli per meriti sportivi.
Antonio Priore