Natale Bianchedi racconta il suo viaggio nella patria di Escobar per osservare la squadra di Maturana prima del match di Tokyo: un lavoro che non riuscì a portare a termine perché il campionato era fermo dopo l’omicidio di un arbitro. Un fatto di sangue che colpirà anche altri protagonisti di quella partita. Ecco il racconto nell’articolo di Alberto Facchinetti su “Il Fatto quotidiano”.
A Medellin avrebbe dovuto visionare l’Atletico Nacional, perché il 17 dicembre 1989 era in programma a Tokyo la finale di Coppa Intercontinentale tra il Milan e la squadra colombiana. Arrigo Sacchi mandava sempre in avanscoperta il suo fido osservatore Natale Bianchedi. Entrambi romagnoli, avevano la stessa visione di calcio. Bianchedi si muoveva sempre in anticipo di qualche settimana rispetto alla partita.
Arrivato in Colombia a metà novembre scoprì però che ci sarebbe stato ben poco da vedere. Il campionato era stato appena sospeso, l’arbitro Alvaro Ortega era stato ammazzato da un uomo del narcotrafficante Pablo Escobar dopo aver annullato un gol all’Independiente Medellin in una partita contro l’America de Calì. Il calcio aveva lasciato spazio alla tragedia. Ma oramai sul posto, Bianchedi rimase in Colombia, senza vedere un pallone per dieci giorni. “A Medellin ho passato le vacanze più belle della mia vita – racconta oggi – Viaggiavo con un tassista privato che mi portava a vedere i posti più belli della città, alloggiavo all’Hotel Intercontinental e pasteggiavo tutti i giorni con aragoste flambé. A me piaceva lavorare da solo senza altri colleghi. Gli stormi in branco non ingrassano, si dice in Romagna. Se sei in compagnia devi metterti d’accordo sugli orari, sulla scelta dei ristoranti. Non fa per me”.
Natale Bianchedi era l’unico battitore libero previsto da Sacchi nel suo team. Silvio Berlusconi gli invidiava un certo stile di vita e lo chiamava il Ministro degli Esteri del Milan. Un gran personaggio, Bianchedi. Con una capacità di capire il calcio davvero fuori dal comune. “Mi sono divertito tantissimo – dice l’ottantaquattrenne Bianchedi – A 28 anni ho smesso di fare il calciatore perché non ne avevo la testa e sono diventato il più giovane vitellone di Ravenna. Poi ho allenato in quarta serie e più tardi Arrigo mi ha voluto con sé al Milan e in Nazionale”.
Tornato a Milano da Medellin senza alcuna relazione sulla squadra avversaria, risalì in aereo con la squadra in direzione Tokyo. Trentadue anni fa il Milan di Sacchi si giocava la Coppa Intercontinentale, trofeo che ancora mancava nella bacheca berlusconiana. Il Nacional aveva vinto in maggio la Libertadores ai rigori sull’Olimpia Asunción. La squadra era diretta da un allenatore che Sacchi stimava molto, Francisco Maturana aveva le sue stesse idee calcistiche. Il pallone colombiano tra gli Ottanta e Novanta stava vivendo un periodo fantastico come gioco e calciatori, anche se dietro incombeva per tanti di quei protagonisti un destino terribile. Senza Gullit infortunato, tra Milan e Nacional fu una partita noiosissima. Zero a zero alla fine dei tempi regolamentari.
Sacchi aveva tolto Fuser, in campo col quattro, per inserire Chicco Evani. È sua la punizione mancina che pochi minuti dalla fine dei tempi supplementari fa esultare gli undici rossoneri e tutta la panchina, compreso uno scatenato Galliani che entra in campo correndo come un forsennato. Dieci giorni prima Evani aveva regalato al Milan, sempre su calcio da fermo, anche la Supercoppa Europea.
“Vissi la partita con una tensione particolare – ricorda Bianchedi – A me è piaciuta, fu interessantissima. Le due squadre si equivalevano: corte e molto pressing. Con il campionato fermo loro erano atleticamente meno preparati rispetto a noi. Maturana, con cui poi sarei diventato amico, lasciava maggiore libertà in fase offensiva, il Milan invece era molto legato ai dettami di Arrigo. La classica gara dove chi sbaglia perde”.
Evani sarà eletto il migliore in campo. Il Milan di Sacchi avrebbe portato a casa la Coppa Intercontinentale anche l’anno successivo. Il Nacional l’Intercontinentale non la vincerà più. Il portiere Higuita, el Loco che partecipava alla manovra e talvolta parava con la mossa dello scorpione, venne arrestato nel 1993: nove mesi nel carcere Modelo di Bogotá per omissione di denuncia di un sequestro.
Il difensore Andrés Escobar venne ammazzato nel 1994 fuori da un locale dopo essere stato protagonista di un autogol con la maglia della Nazionale ai mondiali americani. Nel 2004 venne ucciso anche l’attaccante Albeiro Usuriaga, che col Milan era stato inserito a partita in corso per creare un po’ di scompiglio tra i difensori rossoneri. Il Palomo era stato un grandissimo protagonista del trionfo in Libertadores. Su quel successo aveva messo la firma anche Felipe Pérez Urrea, non in campo a Tokyo. El Pipe venne steso da otto colpi d’arma da fuoco appena uscito di prigione nel 1996.