Paolo Carosi ha lasciato un patrimonio di ricordi indelebili nella storia biancoceleste.Prima come giocatore e poi come allenatore; certo non è entrato nella storia del calcio come ad esempio sono destinati ad entrare Trapattoni o Capello, ossia da allenatori che hanno conquistato tanti trofei, ma resterà per sempre nel cuore dei ragazzi da lui allenati e nel cuore dei tifosi della Lazio, società alla quale ha dedicato quasi per intero la sua vita professionale.
Nato a Tivoli l’8 aprile del 1938, Paolo Carosi è cresciuto nelle giovanili locali facendo tutta la trafila fino alla prima squadra. Notato da un osservatore della Lazio, nell’estate del 1958 entrò a far parte della corte di Fulvio Bernardini. Era l’anno del primo trofeo, anche se lui fu costretto ad osservare dalla tribuna le imprese in Coppa Italia di Lovati, Tozzi, Janich e Prini.
L’esordio in Serie A avvenne il 19 aprile del 1959, all’Olimpico contro l’Alessandria. La Lazio perse 2-0, ma il “Barone”, come verrà poi soprannominato dai tifosi, diede subito una buona impressione. Mediano ruvido e all’occorrenza anche difensore centrale, Carosi era uno di quei giocatori che non tirava mai indietro la gamba. Nella stagione1960-‘61 diventa titolare della squadra, ma la società attraversava una crisi economica pesantissima e indebolita in sede di calciomercato, nulla può per evitare la retrocessione in Serie B. In quel campionato la Lazio vinse due sole partite: il derby di ritorno e la trasferta del 19 febbraio 1961 a Napoli, quando il “Barone” segnò il suo primo gol in Serie A.
In seconda divisione Carosi fu uno dei punti fermi della squadra. Squadra che non riuscì a fare immediato in Serie A per via del gol fantasma di Seghedoni, che al Flaminio su punizione sfondò la rete della porta del Napoli e l’errore dell’arbitro Rigato, che non vede il gol, fu fatale. Per questioni di bilancio l’anno successivo Carosi passò all’Udinese durante il mercato autunnale, ma al termine della stagione il presidente Siliato lo riportò subito a Roma. Nell’estate del 1968, dopo un campionato anonimo di serie B, Carosi lascia definitivamente la Lazio, destinazione Catania. Tranne la breve parentesi di Udine ha giocato nella Lazio dalla stagione 1958-‘59 e quella 1967-‘68, totalizzando 197 presenze complessive tra campionato, Coppa Italia e Coppa delle Alpi, impreziosite da 3 gol.
Allenatore. Torna a Roma nei primi anni Settanta come tecnico per guidare la squadra Primavera. Nel 1975 la sua avventura più bella: vince lo scudetto di categoria, superando prima in semifinale la Roma di fronte a oltre 40.000 spettatori e poi la Juventus in finale. Di quella Lazio facevano parte Giordano e Manfredonia già aggregati anche alla prima squadra e un fuori quota del calibro di Vincenzo D’Amico oltre i vari Agostinelli o Montesi pronti per il grande salto.
Allenerà poi Avellino, Fiorentina, Cagliari e Bologna, prima di approdare sulla panchina della Lazio nella stagione 198-‘84, chiamato da Giorgio Chinaglia a campionato iniziato per sostituire Giancarlo Morrone, suo ex compagno di squadra. Il “Barone” portò la squadra a un’insperata salvezza. Fu l’ultima grande impresa in biancoceleste del tiburtino. L’anno successivo sarà esonerato. Paolo Carosi muore a Roma il 15 marzo 2010 all’età di 71 anni.