I tifosi dela Juventus e dell’Atalanta, quelli che hanno i capelli bianchi e quelli che sono appassionati della storia dei club, ricorderanno sicuramente la figura di Umberto Colombo. È morto all’età di 88 anni l’ex centrocampista che in carriera ha vissuto i momenti più esaltanti con le maglie a righe di bianconeri e bergamaschi, brevi invece le esperienze con Monza ed Hellas Verona. Dieci anni a Torino (dal 1951 al 1961) altri cinque tra le fila della Dea (fino al 1966) che si snocciolano in un periodo storico particolare del Paese che nel dopoguerra trova la forza per rialzarsi dalle devastazione del secondo conflitto mondiale fino al boom degli Anni Sessanta.
È in quella fase che Colombo calca i campi, lo fa mettendo in bacheca 3 scudetti, 3 Coppe Italia (di cui una con l’Atalanta, 3-1 a San Siro contro il Torino) e altrettante convocazioni in nazionale. Nato a Como, spiegò che da ragazzino il sogno era indossare la casacca dei lariani e di essere molto legato ai colori degli orobici.
“C’era la possibilità di andare alla Lazio, alla Sampdoria o all’Atalanta. Scelsi l’Atalanta perché la consideravo già allora una squadra di rango”, disse a Bergamo TV. Il talento e la fortuna hanno fatto sì che prima vestisse la divisa della Vecchia Signora e assaporasse anche il clima delle competizioni europee (contro Vienna e Cska Sofia in Coppa dei Campioni, Sporting negli anni all’Atalanta).
Tre i match con l’Italia – come fa notare Maurizio De Santis su “Fanpage” – 1-1 con l’Ungheria, 3-0 alla Svizzera, ko per 3-1 contro la Spagna. Le statistiche degli almanacchi raccontano che Colombo ha disputato 397 incontri – tra Serie A, Serie B, Coppa Italia, Coppa dei Campioni e Coppa delle Coppe – e segnato 36 gol (di cui 24 nel massimo campionato italiano). Giocatore di lotta e di governo, quando l’interpretazione del ruolo e i ritmi erano completamente diversi rispetto a quelli attuali. Un altro calcio, altri uomini.