Vincenzo Sarno è un calciatore, di ruolo fa il trequartista. Una volta lo avrebbero chiamato “fantasista”.Oggi gioca ancora tra i dilettanti in Campania, nel ,Real Casalnuovo: è nato l’11 marzo del 1988 a Secondigliano, quartiere della periferia nord di Napoli. Quella di Vincenzo Sarno sembra una storia come tante, una carriera di un calciatore normale, un onesto mestierante che si guadagna da vivere tirando calci ad un pallone nelle categorie inferiori. Ma questa, in realtà, non è una storia come tante. Ce la racconta “Libero Pallone”. Quella di Vincenzo Sarno non è stata, nossignore, un’infanzia come tante. Per l’inizio di questa storia bisogna fare un salto indietro nel tempo lungo diciassette anni. È il 1999, per il calcio italiano sono ancora tempi di vacche grasse, di spese pazze sul mercato. Ma a far parlare (e indignare) mezza Italia, stavolta, non è un campione di caratura internazionale, non è un fuoriclasse da 30 gol a stagione. Il trasferimento dell’anno, nel 1999, è proprio quello di Vincenzo Sarno. Qualcuno, nella sua Secondigliano, lo nota.
È bravo Vincenzo, con il pallone ci sa proprio fare, non ha un gran fisico, ma la tecnica è da urlo. Su di lui piombano gli occhi del Torino: il piccolo “Enzino” convince gli scout granata, che decidono di portarlo all’ombra della Mole. A far rumore è la cifra che il Toro sborsa per averlo: 120 milioni di lire. Per un ragazzino di undici anni. La notizia fa il giro dello stivale e diventa quasi un caso. Vincenzo è sulla bocca di tutti, non mancano le polemiche sull’esorbitante somma pagata dai granata, ma Sarno diventa il personaggio del momento, una sorta di star. Tutti lo cercano, tutti voglio raccontare la favola del bambino prodigio che a undici anni lascia la sua terra per entrare dalla porta principale nel dorato mondo del calcio. Quel calcio dei milioni a palate, quelli che il Torino spende per assicurarsi le sue prestazioni. Sarno finisce addirittura nel salotto di “Porta a Porta”, dove Bruno Vespa lo invita a palleggiare, in diretta, in seconda serata, di fronte a milioni di italiani sintonizzati sulle reti Rai per conoscere tutti i dettagli della favola del piccolo fenomeno napoletano.
Dopo la comparsata a “Porta a Porta”, Sarno finisce anche a “Domenica In”, dove ad incalzarlo è Giancarlo Magalli. In quei giorni Vincenzo Sarno è ovunque, in tv, sui giornali, sulle pagine delle riviste sportive. La sua fotografia appare a fianco di quelle di Baggio, di Batistuta, di Del Piero, il Toro lo fa addirittura palleggiare sotto la curva Maratona, prima di una partita di campionato, come se Vincenzo fosse il colpo di mercato del secolo.
“Enzino” obbedisce, palleggia, ma ha solo undici anni, e fa un’enorme fatica a capire tutto ciò che sta succedendo intorno a lui. Sarno è mancino, fa il trequartista e viene da Napoli: tre elementi che nel pazzo mondo del pallone italiano bastano e avanzano per far scattare il paragone dei paragoni. Per tutti, “Enzino” è il “nuovo Maradona”. Le aspettative sul piccolo prodigio strapagato dal Torino sono alte, altissime. Troppo, troppo alte per un bambino di undici anni catapultato improvvisamente a 700 chilometri da casa. Essere all’altezza delle attese, nel folle ed irrazionale mondo del calcio, un mondo in cui oggi sei eroe e domani sei bidone, è difficile per tutti, figuriamoci per un bambino di undici anni. Figuriamoci, poi, se il riferimento in base al quale vieni giudicato è lui, Diego Armando Maradona, il più grande di tutti. Sarno è troppo piccolo per capire tutto quel che sta succedendo, le sue spalle sono troppo esili per reggere simili pressioni, troppo fragili per sostenere il peso di 120 milioni di lire. Come potrebbe farcela, il piccolo Vincenzo? Lui è solo un bambino, lui vuole solo giocare, vuole divertirsi. Per lui il calcio non è ancora una cosa seria, ed è giusto che sia così. A lui dei milioni e dei paragoni non importa niente. L’avventura in granata, così, dura appena tre mesi, il tempo di capire che un bambino di undici anni avrebbe dovuto essere tutelato, invece che sbattuto in prima pagina e in diretta nazionale a palleggiare per far divertire gli adulti come un saltimbanco. Tre mesi, poi Vincenzo rimette in valigia le sue cose e torna nella sua Secondigliano. Niente più inviti in tv, niente più palleggi sotto la curva al Delle Alpi, niente più interviste e prime pagine. Ma Secondigliano significa casa, significa ritornare a divertirsi con gli amici.
Cose che a undici anni valgono ben più di 120 milioni di lire. Vincenzo, a Secondigliano, rimane fino all’ottobre del 2002, quando un altro treno per il calcio che conta gli si para davanti sottoforma di chiamata della Roma: i giallorossi lo inseriscono nella formazione Giovanissimi Nazionali. Tutta la trafila nelle giovanili, poi, al momento di entrare in Primavera, l’anticamera della prima squadra, Sarno viene svincolato. Sarebbe una delusione per chiunque, lo è a maggior ragione per uno che, suo malgrado, si porta dietro l’etichetta di “nuovo Maradona”. È il 2005, Sarno non è ancora maggiorenne, ma ha alle spalle un’esperienza da far invidia ai veterani. A dargli una chance è la Sangiovannese, formazione toscana di serie C1: esperienza che si concluderà nel dicembre del 2007 con la rescissione consensuale, dopo due anni e mezzo senza squilli e una parentesi in prestito al Giulianova, sempre in C1. Nonostante tutto, però, a quasi dieci anni di distanza da quei folli tre mesi di celebrità, il nome di Vincenzo Sarno fa ancora gola. Nel gennaio del 2008, così, “Enzino” firma con il Brescia: una piazza importante, malgrado si trovi in serie B. Pochi mesi, due sole presenze, e l’esperienza con le Rondinelle è già al capolinea.
Vincenzo, che da bambino prodigio si sta ora trasformando in un autentico girovago del pallone, si rimette così in viaggio: destinazione Potenza, serie C1. Un’altra annata anonima, poi altro giro, altra corsa: a luglio del 2009 Sarno si accorda con la Pro Patria, in quella che nel frattempo è diventata la Prima Divisione. Un anno e mezzo, una retrocessione di mezzo, poi il fallimento del club bustocco costringe Sarno a cambiare ancora casa. Nel gennaio del 2011 arriva la chiamata della Reggina, in serie B, ma un anno dopo ecco un altro trasferimento. In Prima Divisione, alla Virtus Lanciano. Ha solo 24 anni Vincenzo, ma ha già cambiato sette squadre: non trova pace, la sua carriera, non riesce a trovare continuità, non riesce ad esplodere, quello che tredici anni prima l’Italia del pallone aveva etichettato come “nuovo Maradona”.
Esplosione che non arriva nemmeno a Lanciano, sebbene Vincenzo contribuisca alla promozione della squadra in serie B. Nel 2012-‘13 Sarno ritorna in amaranto, a Reggio Calabria: un buon numero di presenze in serie B, senza però mai stupire. Èun buon giocatore, il fantasista di Secondigliano, ma si porta dietro un fardello pesante, un fardello che porta allenatori, dirigenti e tifosi ad aspettarsi da lui sempre qualcosa in più. Nel 2013-‘14 Sarno risale lo stivale e si ferma a Chiavari: la stagione con l’Entella è ottima, con 21 presenze ed un gol il napoletano è tra i protagonisti della storica promozione dei liguri in serie B. Ma non è ancora il momento di fermarsi. Nell’estate del 2014, così, “Enzino” ritorna al sud. Ad accoglierlo è Foggia, una piazza affascinante e prestigiosa, anche in Lega Pro.
Con i satanelli, Vincenzo trova finalmente la sua casa calcistica. In maglia rossonera, sotto la guida di Roberto De Zerbi, Sarno regala finalmente sprazzi di quel cristallino talento che nel ’99 spinse il Torino a staccare un assegno da 120 milioni di lire per un bambino di undici anni. Ventidue reti in due anni, dribbling, assist, Sarno diventa una colonna del Foggia, un idolo della curva pugliese: non è il nuovo Maradona, “Enzino”, non lo sarà mai, ma i tifosi dello “Zaccheria” se lo tengono ugualmente stretto. È un ottimo giocatore, il guizzante napoletano: chissà quale sarebbe stato il suo cammino, senza il peso di un passato da star da portare sulle spalle. Chissà dove sarebbe potuto arrivare, se da bambino gli avessero permesso di essere semplicemente un bambino.
Lo stesso Vincenzo lo ha più volte ammesso: quei 120 milioni furono a lungo un peso, quell’improvvisa celebrità lo strappò dalla serenità che un undicenne dovrebbe avere. Il Foggia ha giocato la finale playoff di Lega Pro contro il Pisa per quella B che più volte lo ha corteggiato, lo ha sedotto, per poi abbandonarlo e rispedirlo giù, in Lega Pro. Crudelmente è stato ancora così.
Vincenzo, però, corre e suda per un obiettivo ancora più importante: quello di scrollarsi di dosso un’etichetta, quello di essere apprezzato solamente per quello che è, per ciò che dimostra sul rettangolo verde. L’obiettivo di essere giudicato per il suo presente, invece che in base al suo passato. Perchè lui non vuole essere il “bambino prodigio”, il bambino da 120 milioni o il “nuovo Maradona”. Lui voleva essere semplicemente Vincenzo Sarno, il numero 10 del Foggia. Lo è stato.