Potevano cambiare gli allenatori ma quel posto sulla fascia destra era suo. Magari doveva sudare all’inizio per conquistarlo ma poi Alessandro Birindelli alla fine convinceva sempre tutti. Undici anni alla Juventus, tre scudetti vinti (più due revocati), tre Supercoppe italiane, una Coppa Intertoto. Deve molto a Spalletti, l’ex terzino bianconero. Fu don Luciano a segnalarlo a Lippi, quando Birindelli giocava in Toscana tra Empoli e Pisa nel ‘97. A TuttoJuve Birindelli ha ricordato: “La mia storia inizia a San Frediano, un paese in provincia di Pisa. Mi piaceva il judo e, per un po’, ho praticato entrambi. Poi, ho dovuto scegliere ed ho continuato con il calcio a Empoli, dove ho seguito la trafila delle giovanili, fino alla prima squadra. È stata una vita molto dura. La mattina alle sette prendevo il treno per Pisa, portandomi libri e borsa da calcio. Una volta arrivato, mi infilavo di corsa nel parcheggio custodito per le bici, come tutti i pendolari. Pagavo mensilmente, oramai conoscevo chi mi teneva la roba da allenamento fino al pomeriggio. Alle tredici uscivo da scuola e avevo venti minuti per attraversare la città, lasciare il mio mezzo di trasporto e riprendere il treno. A Empoli, c’era mia madre che mi aspettava, con due panini pomodoro e mozzarella, poi via a giocare. L’ho fatto per tanti anni. Tornavo a casa distrutto, mai prima delle sette di sera. E dovevo ancora aprire i libri! Al terzo anno ho smesso; studiavo presso l’Istituto Professionale per il Commercio, ma ho dovuto scegliere”.
Il curriculum parla chiaro: 306 presenze e sei gol con la Juve con cui ha conosciuto anche la B dopo Calciopoli come ricordò a Juvenews.eu: “Provammo tutti grande amarezza e grande delusione perchè è come se ti togliessero il merito di tutto ciò che hai fatto, del tuo pane quotidiano, per questioni non di campo. Noi la nostra forza l’avevamo dimostrata pienamente durante le partite e arrivandoci attraverso sacrifici quotidiani. Per noi è stata una bella mazzata però per chi è rimasto c’è stata una grande soddisfazione di riportare subito questa squadra nel campionato che le competeva. Sono brutti ricordi però sono esperienze e ti servono poi per crescere in tutto l’ambiente. Ci sono stati dei momenti dove ho avuto l’opportunità di andar via dalla Juventus ma da tifoso in primis e poi pensando al club, sapevo che dovunque sarei andato avrei trovato sempre qualcosa di meno rispetto a dove ero. A me mi hanno sempre trattato bene, ho sempre rispettato l’ambiente e loro mi hanno ripagato appieno. Quando c’è un rapporto di sincerità, di onestà reciproca e di grande stima, non vedo perchè ci debba essere una separazione” .
Un solo grande rammarico: non aver potuto scendere in campo per l’ultima partita in bianconero prima dell’addio. Ranieri gli negò quella gioia: “Ci sono rimasto male, ma è finita lì. Se avessi voluto far polemica, l’avrei fatta tre minuti dopo. Sicuramente ci sono rimasto male, anche perché poi quando gli hanno chiesto il perché, la sua risposta è stata che in quel momento della gara aveva bisogno di un centrocampista. Cioè, l’ultima partita di campionato, capisci? La risposta dice tutto. Quello che ho dato lo so bene e penso che la gente abbia apprezzato. Giocando bene o giocando male, ho sempre dato il massimo”.