Cinque anni dopo Gianni De Biasi con l’Albania, tocca a un altro commissario tecnico italiano provare a ritagliarsi uno spazio nella fase finale del campionato europeo. Marco Rossi è ormai una star in Ungheria, dove ha allenato la Honvéd tra il 2013 il 2017, conquistando nell’ultima stagione titolo nazionale e premio di miglior allenatore. Titoli che gli sono valsi nel 2018 la chiamata come ct della Nazionale, portata alla fase finale di Euro 2020 dopo aver vinto il playoff da sfavorita contro l’Islanda. Il sorteggio non è stato tenero, con Francia, Germania e Portogallo come avversarie, ma nel gruppo c’è talento e voglia di arrivare.
La stessa che ha l’ex difensore di Brescia e Sampdoria che, intervistato dal Corriere della Sera, ha rivelato di essere stato ignorato dal calcio italiano, dove ha allenato solo in terza serie e in Serie D fino al 2011. “Dall’Italia mi ha chiamato solo l’ex presidente del Lumezzane che mi diede la prima opportunità in C1. Per poter avere chance di allenare in Italia devi avere requisiti e conoscenze che non ho saputo coltivare: andare all’estero è stata un’esigenza” l’amaro sfogo di Rossi, che ha poi rivelato di aver appreso qualcosa da due maestri della panchina come Mircea Lucescu e Marcelo Bielsa, suoi allenatori rispettivamente al Brescia e in Messico all’America: “Non so quanto riesco a portare in campo di quello che ho appreso da loro, ma mi sono rimaste due cose: cercare di capire e rispettare le situazioni ambientali e di vita quando lavori in un’altra cultura calcistica e non smettere mai di aggiornarmi e migliorarmi. Perché il calcio sembra facile, ma è fatto di dettagli che cambiano in continuazione”.
Come calciatore, Marco Rossi (che è nato in Piemonte a Druento) è cresciuto nel vivaio del Torino: esordisce in Serie A nella stagione 1983-‘84 in Torino-Ascoli (0-0), il 18 marzo 1984. Passa al Campania dove rimane tre stagioni in Serie C1. Nel 1987 va al Catanzaro, neopromosso in Serie B: i calabresi, da matricola, mancano di un punto la promozione in Serie A, e Rossi è titolare in difesa.
Nel 1988 è la volta del Brescia, dove disputa cinque campionati consecutivi conquistando la promozione in Serie A nel 1992. Nel 1993, dopo la retrocessione delle Rondinelle, viene ceduto alla Sampdoria per 2,5 miliardi di lire, e vi resta per due stagioni nella massima serie. Alla scadenza del contratto, a 31 anni, si trasferisce all’estero, prima in Messico all’América, poi in Germania all’Eintracht Francoforte. Nel 1997 torna in Italia per concludere la carriera da professionista al Piacenza, con cui conquista la salvezza in Serie A in una stagione condizionata da ripetuti infortuni. Gioca tre stagioni nei dilettanti, una con l’Ospitaletto (retrocessione in Eccellenza a causa dell’ultimo posto) e due a Salò (in Eccellenza lombarda). La carriera da allenatore si apre con la Berretti del Lumezzane. Successivamente viene promosso alla guida della prima squadra in Serie C1, dove rimane dall’estate 2004 a marzo 2006 quando è esonerato a causa del penultimo posto in classifica. Nel 2006 è assunto dalla Pro Patria: è esonerato e poi richiamato. Nel torneo 2008-‘09 è alla guida dello Spezia, in Serie D, ottenendo il secondo posto e i conseguenti playoff. La squadra è però eliminata. Da gennaio 2009 allena la Scafatese, in Lega Pro Seconda Divisione: a fine aprile viene sollevato dall’incarico, per poi essere reintegrato dopo alcune ore alla guida dei campani, con cui ottiene la salvezza. Ad agosto 2010 assume la guida della Cavese, venendo esonerato il 14 febbraio successivo con la squadra ultima in classifica, a causa dei sette punti di penalizzazione inflitti dalla federazione. Segue un periodo di inattività in cui medita di lasciare il calcio per lavorare nello studio di commercialista del fratello. Poi il 1º giugno 2012 arriva la chiamata da parte della Honvéd.