La fase finale del Campionato Europeo 1976 si disputa in quella che allora era la Jugoslavia. Si giocano solo le semifinali e le finali. L’Italia non si è qualificata.
A Belgrado, il 20 giugno 1976, la Cecoslovacchia batte a i rigori la Germania, campione d’Europa in carica, dopo il 2-2 dei tempi regolamentari. Passa alla storia il rigore di Panenka, il primo cucchiaio della storia, ma il grande protagonista della fase finale è il libero Anton Ondruš, capitano della Cecoslovacchia per la prima, e unica volta campione d’Europa. Su Il Giornale Alfio Caruso riassume in questo stralcio l’impresa cecoslovacca. Titolo: «Il testimone dell’Europa da Beckembauer a Ondruš ».
Anton Ondruš ha ventisei anni, un fisico stupendo che gli consentirebbe di giocare da terza linea in qualsiasi nazionale britannica, una laurea in giurisprudenza all’orizzonte. Su questo «armadio», dotato d’inconsueta mobilità spicca un volto da fanciullo.
«Andando sullo stesso aereo da Zagabria a Belgrado ci diceva che se non avessero battuto l’Olanda si sarebbe per anni e anni portato appresso il peso di quell’autogol che propiziò l’1-1» . Ondruš ha rappresentato l’immagine più appariscente di una squadra che Václav Ježek cinquantenne professore di educazione fisica, ha costruito pazientemente. Imbattuta dal ’74, ha collezionato una serie positiva di ventun partite.
Priva di grandissimi campioni, ha nella compattezza e nell’affiatamento l’arma migliore. Lavorando da profondo conoscitore della psicologia umana, Ježek (che in Olanda ha guidato il Den Haag) è riuscito nel difficile compito di farne un blocco monolitico anche fuori dal campo finendo con il coinvolgere mogli e fidanzate. Così si spiega come, pescando soltanto tra trecentomila tesserati, tanti sono in Cecoslovacchia, abbia potuto inventare la squadra campione d’Europa.