La storia del calcio è piena di talenti che inseguono i propri sogni senza riuscire a concretizzarli o anche di mediocri che riescono a sfondare grazie al giusto ambiente o a una squadra che pare costruita su misura per compensarne i limiti. Poi ci sono quei buoni calciatori che hanno la sfortuna di capitare in un grande club nel momento più nero della sua storia. È proprio quest’ultimo il caso che rispecchia la prima parte della carriera di Ottorino Piotti, classe 1954, noto soprattutto per aver difeso la porta del Milan per quattro anni (1980-’84), inclusi i due della Serie B. Di lui parla un articolo apparso su “Il bazar del calcio”.
Estremo difensore in puro stile anni ottanta, epoca in cui i requisiti richiesti ad un portiere erano l’agilità, l’istinto e il carisma (prima ancora dell’altezza), Piotti si fa notare fin dal settore giovanile a Gallarate (sua città natale), completando la “gavetta” tra il Como e una parentesi a Bolzano. La consacrazione per lui arriva nella stagione 1977-’78 quando, con la maglia dell’Avellino, conquista a 24 anni la prima storica promozione in A per il club irpino, giocando tutte e 38 le partite.
La sua sicurezza fra i pali e il coraggio nelle uscite (con un pizzico di follia) gli fanno guadagnare la riconferma per le tre stagioni seguenti, nella massima serie. Il debutto arriva il 1 ottobre 1978, proprio a San Siro contro il Milan (che dominerà quel campionato guadagnandosi la stella). I suoi guantoni neutralizzano ogni tentativo rossonero fino alla rete di Buriani a una decina di minuti dal termine. L’inizio dell’Avellino è in salita ma la prestazione di Piotti è notevole e via via che il campionato scorre, il portiere lombardo diviene certezza, con la nazionale olimpica pronta a strizzargli l’occhio più d’una volta.
Dopo un triennio durante il quale i “lupi verdi” mieteranno anche vittime illustri fra le le “big”, Ottorino Piotti firma un contratto con il Milan , rimasto “orfano” di Albertosi (stangato dalla sentenza sul calcioscommesse e giunto a fine carriera). La squadra rossonera viene retrocessa in Serie B dalla C.A.F. che emana un provvedimento punitivo anche nei confronti di diversi suoi tesserati (fra cui il presidente Colombo). La rosa viene ringiovanita e strutturata per una rapida risalita. Il campionato cadetto fila via liscio senza intoppi. Piotti continua a farsi notare per i suoi tuffi agili e plastici. Pur non essendo altissimo (182 cm) si dimostra una valida “diga” fra i pali grazie a uno stile “Tancredi” che prevede l’utilizzo del braccio di richiamo sulle palle angolate. Tuttavia le cose si complicano nuovamente l’anno successivo. L’infortunio di Franco Baresi e una cronica sterilità offensiva del Milan portano a una nuova amarissima retrocessione (questa volta sul campo). La nuova ascesa è ancora più rapida ed esaltante della precedente grazie a una cavalcata trionfale costellata di goleade (ben 5 giocatori rossoneri terminano in doppia cifra nelle marcature).
Per Piotti inizia però un lungo periodo di incomprensioni col presidente Farina e si trova costretto a dividere la maglia da titolare col “baffo” Nuciari (neo-acquisto dalla Ternana) che viene riproposto fra i pali della porta rossonera anche nelle prime giornate del successivo campionato in A. La squadra però non decolla. Blissett (arrivato dal Watford) si rivela impalpabile e Gerets (“perla” del mercato) viene squalificato per calcioscommesse. Mentre Piotti riconquista il ruolo da numero uno (anche per demeriti di Nuciari), col presidente Farina persistono le discrepanze che porteranno al divorzio alla fine del campionato.
Ottorino Piotti diventa un calciatore dell’Atalanta, squadra per la quale sarà caposaldo per quasi quattro anni. La Dea alterna picchi altissimi a momenti di buio totale. Emblematica la stagione 1986-’87 al termine della quale l’Atalanta incappa nella retrocessione pur disputando una magnifica Coppa Italia che la vedrà sconfitta solamente in finale dal Napoli neo-campione d’Italia.
Proprio da quella sconfitta in finale però, vengono gettate le basi per la più bella impresa compiuta da una “cenerentola” europea. La partecipazione del Napoli alla Coppa dei Campioni le libera un posto nella Coppa delle Coppe. Sarà una cavalcata esaltante fino alle semifinali (mai raggiunte da una squadra militante in una serie B europea).
È l’Atalanta di Mondonico, Stromberg, Nicolini ma anche di Piotti, che è più volte costretto agli straordinari per difendere la propria porta ottenendo il clean-sheet nei primi tre turni casalinghi della competizione. Purtroppo i belgi del Malines “domano” i bergamaschi (vinceranno la coppa, a sorpresa, in finale contro l’Ajax) a un passo dal sogno, con un doppio 1-2. In campionato arriva perlomeno il premio di consolazione grazie alla promozione in Serie A. Piotti viene confermato in rosa come dodicesimo per lasciare spazio al rampante Ferron.
Dopo altri due anni (6 in totale trascorsi a Bergamo), nel 1990 passa al Genoa per chiudere la sua esperienza da giocatore con qualche “spicciolo” di presenza in campo. Oggi, Ottorino Piotti è un procuratore di calciatori con esperienze anche da dirigente e visionatore; si focalizza soprattutto ai campionati minori, perché lo sa bene, lui, che la gavetta aiuta a crescere ed è proprio nei campi di Serie B e C che spesso si celano diamanti allo stato grezzo. A lui non è andata male in fondo ma resta qualche rimpianto.
E chissà come sarebbe stata la sua parentesi al Milan se solo vi fosse approdato due anni dopo, quando iniziò ufficialmente l’era Berlusconi.