Nel meraviglioso libro della storia del calcio ci sono uomini che hanno messo la loro firma su interi capitoli, giocatori che hanno invece scritto solamente alcuna pagina, ed altri, quasi dimenticati, un po’ più in disparte, che si sono limitati a vergare solamente alcune righe. Poche parole, scritte in fretta, prima di lasciare spazio ai grandi interpreti di questo sport, quelli che abitualmente si prendono la ribalta del palcoscenico. Tra questi giocatori c’è Matteo Serafini, un attaccante che, nella sconfinata galassia pallonara, non è che una piccola meteora: una meteora che però ha saputo lasciare una scia straordinariamente luminosa. È il 10 marzo del 2007, la serie B partita in estate non è un campionato normale: vi prende parte la Juventus, retrocessa dopo i fattacci di Calciopoli. Ma non solo, a quel torneo partecipano anche altre big del nostro calcio come Napoli e Genoa: la promozione diretta è roba per queste tre compagini, che alle concorrenti non lasciano che le briciole.
Non è una stagione normale anche per Matteo Serafini, – coma racconta “Libero Pallone”, attaccante nato a Brescia il 21 aprile 1978, che dopo dieci anni di carriera riesce finalmente a vestire la maglia delle Rondinelle, la squadra della sua città. Una carriera, quella di Matteo, che fin lì non si è mai allontanata più di tanto dai binari della normalità: la trafila nelle giovanili della Cremonese, l’esordio in serie C1 con i grigiorossi nel ’97, il passaggio al Livorno nel 2001 e, due anni dopo, l’approdo all’Arezzo, sotto la guida di Mario Somma, per quella che pare essere la sua definitiva maturazione calcistica: 14 gol in C1 valgono a Matteo la chiamata del Siena. La grande occasione in serie A si chiude però dopo 7 apparizioni senza gol: a gennaio del 2005 il Catania preleva Serafini, che in serie B totalizza 20 presenze e cinque reti. In estate un’altra chance nella massima serie: ad Empoli, però, Matteo fallisce ancora e capisce che probabilmente la sua dimensione ideale è il campionato cadetto. Nel 2006, quindi, ecco il fatidico passaggio al Brescia: a 28 anni Matteo Serafini cerca fortuna nella sua città, cerca lo squillo che ravvivi una carriera che fin lì è stata uguale a tante altre: normale, per l’appunto. Ma di normale, quel pomeriggio del 10 marzo 2007, non avrà nulla. In quel sabato pomeriggio primaverile al Rigamonti di Brescia si presenta la Juventus. Una Juventus che sta dominando il torneo, una Juventus che schiera tra gli altri Buffon, Chiellini, Nedved, Camoranesi, Del Piero, Trezeguet: tutto, fuorchè una squadra di serie B. Sfida proibitiva per il Brescia allenato da Serse Cosmi? No, non quel pomeriggio. Perchè quella che raccontiamo qui di seguito è la cronaca di un pomeriggio anormale.
Minuto 3: Serafini si invola in contropiede, ma Zebina e Boumsong stanno rientrando. Siamo dieci metri oltre la metà campo. Che farà Serafini? Proteggerà palla, aspetterà il sostegno di qualche compagno, al limite cercherà di prendersi un fallo. In condizioni normali, andrebbe così. Serafini, invece, vede Buffon, non uno qualunque, leggermente fuori dai pali. Ci prova. Colpo sotto. Da 40 metri. A Buffon. Gol. Brescia uno Juventus zero. Quello di Matteo è già un pomeriggio da ricordare. “Il colpo della vita, una cosa irripetibile” pensano tutti. Tutti, tranne Matteo, tranne gli Dei del pallone, che hanno deciso di regalare all’attaccante bresciano una storia che, decenni dopo, potrà raccontare ai nipotini. Minuto 26: Juventus tramortita, il Brescia spinge, angolo per le Rondinelle. Tocco corto per Hamsik, che nel 2007 non è ancora una macchina da assist, ma “solo” un giovane di belle speranze. Lo slovacco va sul fondo e da destra mette dentro un cross: un buon cross, ma di certo non uno di quelli che chiedono solamente di essere spinti dentro. Serve qualcosa di più, serve un’idea pazzesca per trasformare in assist un semplice traversone. Quell’idea viene a lui, Matteo Serafini. Mezza rovesciata col destro. A Buffon. Gol. Brescia due Juventus zero. Dopo il pallonetto da quaranta metri, ecco la mezza rovesciata. “Due eurogol a Buffon in nemmeno mezz’ora, è proprio la sua giornata!”. Già, è davvero la giornata di Matteo Serafini. E non è finita.
Minuto 46: il primo tempo è agli sgoccioli, c’è un’innocua punizione da metà campo a favore del Brescia. Palla in verticale, Serafini la addomestica e aggira Zebina. Cinque metri fuori dall’area, Matteo alza la testa. C’è lo spazio per calciare a rete, ma serve un tiro perfetto. Sì perchè il portiere è ben piazzato e, oltretutto, risponde al nome di Gigi Buffon. Matteo ci prova, perchè si sa, non c’è due senza tre. Esterno destro di controbalzo, la palla colpisce il palo alla sinistra del portiere della nazionale. Ecco, mica può andare sempre tutto bene. Mica è sempre domenica, anche perchè quel 10 marzo è un sabato. E invece no, va tutto bene, il sabato si trasforma in domenica. Palo-gol. Con un esterno destro di controbalzo da fuori area.
A Buffon. Brescia tre Juventus zero. “Questa è la partita perfetta, questa è una giornata indimenticabile per Matteo Serafini” urla Pierluigi Pardo in diretta Sky. Ed è proprio così, perchè il gol di Del Piero, nel secondo tempo, non rovina la festa del Brescia, la festa di Matteo Serafini. La Juventus stravincerà il campionato, le Rondinelle chiuderanno al sesto posto, ma quel 10 marzo 2007 rimarrà marchiato a fuoco nella storia del calcio italiano, della Juve, del Brescia e, soprattutto, di Matteo Serafini.
Già, perchè di pomeriggi così, nella carriera del bresciano, non ce ne saranno più: Vicenza, Piacenza, Pro Patria, Venezia le sue squadre, pochi gol in B, qualcuno in più in Prima Divisione, tanti (con i bustocchi) in Seconda Divisione. Poi la serie D, con la casacca del Venezia, contribuendo a riportare i lagunari tra i professionisti. Quindi ancora la Triestina e poi i dilettanti. Ma di fare tre gol, tre eurogol in un solo tempo a Buffon, non gli è più capitato, dopo il 10 marzo 2007. Non gli è più successo di battere i campioni del mondo, non gli è più successo di farsi beffe della squadra più titolata della nazione e del portiere più forte degli ultimi trent’anni. Andy Warhol parlava di “un quarto d’ora di celebrità”, Matteo Serafini ha esagerato, e di minuti ha deciso di prendersene addirittura 46. Ha scritto poche righe, Matteo, sul libro della storia del calcio: quanta qualità, però, in quelle poche parole scritte il 10 marzo del 2007.