Ciro Muro, centrocampista cresciuto nelle giovanili del Napoli e calciatore azzurro a più riprese negli anni ’80, ha ripercorso la propria carriera ai microfoni del portale Gonfialarete.
“Il mio sogno, a dir la verità, era diventare il capitano del Napoli. Quando sono ritornato a Napoli mi sono detto: ‘Questo sarà il mio anno, ho fatto le mie esperienze fuori, sono tornato nella mia città e ora voglio essere come Juliano!’, poi purtroppo non è successo”.
Ciro Muro racconta il suo debutto e lo spogliatoio dello scudetto.
“Il mio debutto con il Napoli è stato un momento bellissimo. Era il 1983, sono passati tanti e tanti anni. Io stavo partendo con la Primavera, il mister mi chiamò dicendo: ‘Tu non parti con noi, resti con la prima squadra’. Il giorno dopo debuttai in Serie A contro la Roma e da napoletano fu una grande gioia. L’anno dopo sono andato via, a Monopoli a farmi un po’ le ossa in C1. Dopo sono tornato in A con il Pisa giocando 29 partite e poi sono tornato a Napoli. Mi chiamò Allodi per fare il vice di Maradona e quell’anno vinsi lo scudetto e la Coppa Italia. All’inizio pensavamo di poter arrivare nei primi quattro posti. Man mano che il campionato andava avanti ci rendevamo conto della nostra forza e abbiamo creduto che potevamo vincere questo scudetto. Poi in squadra avevamo il più forte di tutti, il Dio del calcio. La partita che mi è rimasta di più nel cuore è quella giocata contro la Juventus. Vincemmo in casa loro 3 a 1. Fu una gioia immensa anche perché vincere a Torino non era facile e da lì cambiò la nostra mentalità. Capimmo che potevamo fare qualcosa di importante”.
L’addio al Napoli: “colpa” di Maradona?
“Io ho fatto anche la fortuna di Zola. L’anno dopo lo scudetto ho cercato di andare via, non per Maradona ma perché era evidente che avevo poco spazio, avanti a me avevo il calciatore più grande del mondo. Ero giovane e volevo giocare. Se ci fosse stata un’altra persona probabilmente me la sarei giocata alla pari ma avendo lui davanti… giù il cappello. Decisi di cambiare, dopo arrivò Zola e fu la sua fortuna. Maradona faceva alcuni giochetti col pallone. Celestini gli parlava spesso di me e gli diceva: ‘Guarda c’è un ragazzo napoletano, ora sta giocando altrove, che è in grado di emularli’. Quando tornai a Napoli, Diego mi raccontò che aveva sentito tanto parlare di me, Celestini gli aveva riempito la testa col mio nome. Maradona stravedeva per me, rivedeva lo scugnizzo che era in lui. Percepiva che io ero un ragazzo che voleva arrivare, che aveva fame di calcio. Diego è stato un grande amico per me. Devo dire la verità, vederlo giocare era impressionante”.