Ceuta e Melilla, enclavi spagnole delimitate dal Mediterraneo, da un lato, e dal Marocco, dall’altro, sono rimasti gli unici territori non insulari del continente africano appartenenti ad uno Stato europeo: i loro controversi recinti sono diventati il paradigma della sicurezza delle frontiere europee; i loro confini sono considerati i più protetti dell’Unione europea. Mentre sono tanti (troppi) i tentativi di saltare quei muri metallici, che spesso attirano l’attenzione dei media internazionali, all’interno di queste città incontriamo una realtà specifica e preoccupante.
La loro particolarità, se vogliamo singolarità, geografica ha favorito la costituzione di un aspetto eccezionale nella sfera politica, militare, legale, economica e sociale che ha portato a un equilibrio complesso e di difficile gestione. Tuttavia, questo equilibrio risulta sempre più fragile di fronte alle sfide che si presentano in questa fase storica: garantire la sicurezza dei confini fino al limite della legalità internazionale, un’economia debole, la crescita esponenziale della comunità islamica, la precarietà e l’emarginazione di alcune fasce sociali, per non dimenticare il pericolo della radicalizzazione jihadista, tutte sfide che. potrebbero cambiare la realtà delle due città nei prossimi anni.
A Ceuta e Melilla si gioca anche a calcio. L’Asociación Deportiva Ceuta oggi gioca nella Tercera División spagnola, la quarta categoria del campionato iberico, la più bassa ad essere gestita dalla federazione nazionale e la più alta ad essere di natura totalmente dilettantistica. Il club è stato fondato nel 1956, dopo una fusione tra Sociedad Deportiva Ceuta e Atlético Tetuán, con il nome di Club Atlético de Ceuta. Alla fine ha preso il posto del Tetuán in Segunda División, rimanendo nella categoria per sei stagioni. Dopo un anno alla Tercera División, l’Atlético Ceuta è tornato al secondo livello e ha vissuto altre cinque stagioni prima di subire la retrocessione nel 1968. Il club ha successivamente oscillato tra il quarto e il quinto livello, rimanendo nel primo per un breve periodo di tempo . Dopo essere stato collocato in quarta divisione nel 2012 a causa di una retrocessione “amministrativa”, l’Atlético Ceuta ha cercato di fondersi con l’AD Ceuta. Tuttavia, a causa degli alti debiti di quest’ultimo, il club è rimasto con lo stesso assetto, ma con lo staff e i giocatori dell’ Agrupación Deportiva. Nel 2013, il club è stato ufficialmente chiamato Agrupación Deportiva Ceuta Fútbol Club, ereditando i colori e il logo dell’ AD Ceuta.
A Ceuta, nel 1954, è nato José Martínez Sánchez detto “Pirri”, ruolo libero. Fu nazionale spagnolo per dodici anni. Detiene il primato di gol per un difensore con la maglia del Real Madrid (122 in 417 presenze), club di cui fu una bandiera per sedici anni, dal 1964 al 1980.
L’Union Deportiva Melilla gioca invece nella Segunda División B, la terza serie del campionato spagnolo. Nacque nel 1943 dalla fusione della Juventud Español e del Melilla Fútbol Club, per poi sciogliersi nel 1956. Dalle ceneri di quest’ultimo club sorse il Melilla Club de Fútbol, il quale nel 1976 si fuse con la Sociedad Deportiva Melilla (fondata nel 1971), dando vita all’attuale società. Nel 2018 è approdata ai sedicesimi di finale della Copa del Rey, venendo eliminata dal Real Madrid.
Economicamente dipendenti e privi del peso strategico di cui godevano nel passato, Ceuta e Melilla possiedono ancora parte del loro prestigio storico e simbolico. La loro sovranità è una questione non negoziabile per la Spagna, che le considera parte della sua integrità territoriale, così come le Isole Canarie, le Isole Chafarinas e Alhucemas e gli scogli di Velez de la Gomera. Con l’adesione di Madrid alla Comunità europea nel 1986, Ceuta e Melilla sono diventati gli unici territori della successiva Unione europea sul suolo africano. Tuttavia, la loro particolarità geografica ha comportato anomalie giuridiche, dato che entrambe le città sono al di fuori del regime tributario dell’Ue e fanno formalmente parte dell’area Schengen, la cui applicazione è però limitata, poiché i controlli alle frontiere vengono effettuati anche per chi lascia le città per dirigersi in Spagna.
L’ingresso prima nell’Ue e poi nello spazio Schengen ha avuto l’effetto, da una parte, di avvicinare queste città al continente europeo e di farle riconoscere da Bruxelles come territori speciali, ma, dall’altra parte, ha portato ad un significativo rafforzamento della sicurezza di un confine la cui impenetrabilità continua ad aumentare (sulla carta). La sicurezza di queste frontiere è un modello paradigmatico della Fortezza Europea: libertà di movimento all’interno del continente a spese di un controllo sempre più duro alle frontiere esterne.
A Ceuta e Melilla, inoltre, diverse Ong ed istituzioni internazionali hanno denunciato la violazione sistematica dei diritti umani collegata, anche, alle modalità di gestione dei flussi migratori. I rimpatri immediati, per chi cerca di oltrepassare le recinzioni metalliche, sono la pratica più diffusa, nonostante la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia condannato la Spagna nel 2017. Chi riesce nel tentativo di oltrepassare i confini, accedendo al territorio europeo, è destinato a dei centri di accoglienza sovraffollati dove l’attesa è eterna. Tuttavia, i tentativi non si fermano, continuano. Anche se la cordialità sembra prevalere e le pretese territoriali del Marocco mantengono un profilo basso, in alcuni momenti la dimensione di tali pretese ha acquisito una misura rilevante ed è diventata motivo di controversie, come successo nei primi anni 2000: ritiro dell’ambasciatore marocchino da Madrid, dispiegamento di gendarmi marocchini sull’Isola di Perejil e intervento dell’esercito spagnolo. La questione di fondo è l’interdipendenza non solo tra i due Paesi, ma tra le exclaves spagnole e gli adiacenti territori marocchini.
L’attività di contrabbando è uno dei principali mezzi di sostentamento economico sia delle due città che delle povere regioni marocchine confinanti, in particolar modo nel caso di Melilla. Nonostante sia illecita, questa attività è tollerata e persino incoraggiata da entrambi i governi, attraverso privilegi fiscali. Nell’agosto 2018, il governo marocchino ha deciso unilateralmente di chiudere le dogane commerciali con la città di Melilla, regolate da un accordo firmato nel 1956 (a differenza di Ceuta che non era parte di nessun accordo). Di conseguenza, c’è stata un’interruzione del commercio legale, secondo alcuni con l’obiettivo di favorire lo sviluppo commerciale del porto di Nador. La decisione marocchina è servita ad evidenziare la vulnerabilità dell’economia di Melilla, riaprendo il dibattito sulla tenuta socioeconomica delle exclaves.
Ceuta e Melilla sono le autonomie spagnole con il più alto tasso di disoccupazione, e più della metà dei lavoratori sono dipendenti pubblici. Ma non solo l’economia presenta un futuro incerto. La coesistenza sociale e la stabilità politica potrebbero essere sostanzialmente modificate nei prossimi anni visto il crescente peso demografico dell’islam. Naturalmente, la maggior parte dei musulmani sono di origine marocchina, quindi è prevedibile l’aumento del loro peso politico (e di conseguenza di quello del Marocco) finora marginale a scapito dei cittadini spagnoli. Tra le due comunità, il modello fino ad oggi è stato la coesistenza piuttosto che la convivenza, con una marcata segregazione spaziale e sociale: non sorprende che nelle due città siano state rilevate negli ultimi anni parecchi episodi di attività jihadista. Le tendenze attuali ci consentono di prevedere un cambiamento nell’identità politica, economica e sociale di questi territori a medio lungo termine. Nelle mani dei leader politici sta la responsabilità di rendere pacifica questa transizione.
Fonte: Affarinternazionali.it