Ci sono storie che potevano raccontare di partite e di fantastiche vittorie giocate da fuoriclasse ma che, per un beffardo scherzo del destino, si sono trovate a vivere lo spazio di una partita… queste sono le cosiddette “sliding doors”, cioè quello che poteva essere ma che non è stato, storie futuribili, mai accaduate ma che sono vivissime nell’immaginario dei tifosi biancoblu.
Questo racconto parla del grande sogno di vedere un asso del calcio e un campione del mondo con la maglia della Pro Patria, di quello che avrebbero potuto ma che non sono riusciti a fare. Due calciatori figli delle scuole calcistiche più importanti negli anni 50: quella danubiana e quella sudamericana. Questa è la storia di Laszlo Kubala e di Ernesto Vidal. Laszlo Kubala nacque il 10 giugno 1927 a Budapest, da padre ungherese e madre slovacca e ben presto si mise in evidenza come talento puro tra le fila della squadra del dopolavoro della fabbrica dove era un giovane operaio apprendista.
Ben presto le sue gesta fecero il giro di Budapest e Laszlo venne ingaggiato dal Ferencvaros, facendo il suo esordio nella serie maggiore ungherese il 29 aprile 1945 e facendosi notare come giovane talento dalla classe sopraffina, tanto che nella primavera del 1946 accettò la corte dello Slovan Bratislava in Cecoslovacchia, la nazione di origine della sua famiglia. Un anno dopo fece il suo primo incontro con l’Italia, giocando contro gli azzurri a Bari una delle sei partite che disputò con la maglia della Cecoslovacchia. Fece ritorno in Ungheria nel 1948 per giocare con il Vasas Budapest, per vestire la maglia della nazionale magiara e la divisa dell’esercito, per svolgere la sua funzione di guardia ai reparti di confine: questo gli permise di fuggire dal giogo sovietico su un camion di rifugiati per passare clandestinamente in Austria e poi in Svizzera. Il presidente della Pro Patria di allora, Giuseppe Cerana, intuì che c’era la possibilità di ingaggiare uno dei più forti talenti del calcio mondiale e mandò a Zurigo uno dei suoi emissari per far sottoscrivere a Kubala un contratto che lo legava alla Pro Patria, mentre la Fifa decise di squalificare a vita Kubala.
A Busto Kubala disputò un’amichevole contro la Juventus, incantò il pubblico ma non riuscì mai a vestire la maglia biancoblu in campionato, allenandosi con i compagni ma rimanendo fermo tra il 1949 e il 1950. A maggio del 1949 fu invitato dal Grande Torino di Ferruccio Novo a disputare un’amichevole che i granata avrebbero giocato in Portogallo contro il Benfica; Laszlo dovette rinunciare all’ultimo minuto a causa della malattia del figlio Branko… il destino così non si prese con se’ anche il funambolico danubiano che un anno dopo venne ingaggiato dal Barcellona.
Il peso politico degli azulgrana si dimostrò ben più convincente di quello della Pro Patria e Kubala ottenne lo sconto della pena: dalla squalifica a vita a un anno… praticamente quello passato a Busto Arsizio e incantando i tifosi biancoblu solo in allenamento. In Spagna Kubala giocò 186 partite segnando 131 reti, vincendo quattro campionati e cinque coppe di Spagna; acquisendo la cittadinanza spagnola riuscì a vestire la maglia della nazionale spagnola (la terza della sua carriera!) per 19 partite e 11 reti… per valutare la sua grandezza basti pensare che i tifosi del Barcellona lo scelsero come giocatore più rappresentativo degli azulgrana in occasione della festa del centenario della società.
Ernesto Vidal, ovvero il prototipo del calciatore sfortunato, dell’atleta che ha pagato sotto forma di infortuni il pedaggio alla dea bendata in attesa impietosa alla cassa. Vidal nacque a Buie d’Istria nel 1923, ed emigrò giovanissimo in Argentina al seguito della famiglia; la sua carriera calcistica iniziò allo Sportivo Belgrano per poi continuare al Rosario Central. Trasferitosi in Uruguay, dove prese la cittadinanza, militò in una delle squadre più importanti della nazione: il Peñarol,. Con la squadra di Montevideo vinse il campionato nazionale nel 1944, 1945 e 1951 e prese parte al campionato del mondo 1950 in Brasile. In questo primo campionato mondiale del dopoguerra Vidal partì come titolare della maglia numero 11 dello schieramento offensivo della “Celeste”. Ala scattante e potente, abile sotto porta e dotata di un tiro efficace, mise a segno uno degli otto gol con i quali l’Uruguay sotterrò la modesta Bolivia, giocò ancora contro la Svezia, ma un banale infortunio di gioco lo costrinse a rinunciare alla finale mondiale contro il favoritissimo Brasile.
Al suo posto fu schierato il diciottenne Moran, che fece così parte dell’undici che ammutolì i 200.000 brasiliani presenti al Maracanà, pronti a festeggiare la nazionale verdeoro.
A distanza di tre anni dal trionfo mondiale, nel 1953, Vidal tornò in Italia dove fu ingaggiato dalla Fiorentina che cercava disperatamente di aumentare la pericolosità del proprio attacco: furono proprio rivolti in quel settore i maggiori sforzi dei dirigenti viola, i quali oltre a Vidal acquistarono la mezzala Gren e gli attaccanti Gratton e Bacci. La piccola ala uruguayana (Vidal era alto 1.63 per un peso di 70 kg.), dimostrò subito di sapersi ben adattare al campionato italiano e collezionò 24 presenze con 5 reti alla sua prima stagione. Confermato per l’anno seguente si vide bloccato ancora una volta dalla sfortuna, in una piovosa domenica di gennaio (13 gennaio 1955, Fiorentina – Torino) uno scontro con Moltrasio del Torino ebbe effetti devastanti: frattura della tibia sinistra.
Seguì una lenta rieducazione, al termine della quale le strade di Vidal e della Pro Patria si congiunsero… nel novembre 1955 la società bustocca, alla frenetica ricerca di elementi che fossero in grado di rigenerare un attacco asfittico, provò diversi elementi tra i quali veri e proprie meteore come Porcel (argentino), Myntty (finlandese) e Pancrazi (italo-ungherese), o vecchie volpi come il ceco Korostelev, a quell’epoca tesserato per il Parma. Fu con il ceco e con Vidal che la Pro volle affrontare in amichevole il Legnano per un test definitivo. L’uruguayano era tentennante se giocare o meno, vuoi per l’infortunio e vuoi perchè era in attesa di firmare un contratto prima di giocare qualsiasi partita, sollevando in questo modo delle perplessità tra i tifosi e la stampa vicina ai tigrotti “un signore questo” scrisse Dado Como, “che vuole il contratto prima e che non intende giocare in prova, con la scusa che non è preparato (…) che Vidal stia a sottilizzare non è simpatico”. Il risultato fu comunque che Vidal non giocò l’amichevole ma venne ingaggiato, mentre Korostelev giocò contro il Legnano ma la Lega ne impedì il tesseramento per questioni burocratiche.
Con l’inizio del mese di dicembre la tifoseria bustocca, delusa dai risultati negativi della squadra (la Pro Patria era ultima con 4 punti in 10 partite ed era reduce da uno 0-6 contro il Torino) si risvegliò un poco per l’ingaggio di Vidal e quello del centravanti Vicariotto, in prestito dal Milan.
A corto di preparazione Vidal fu in forse fino all’ultimo per la gara d’esordio dell’8 dicembre contro il Milan ed in effetti non figurò tra i giocatori che scesero in campo tra la nebbia; in quella giornata la situazione metereologica peggiorò a tal punto che la partita dovette essere rinviata, cosa che permise a Vidal di debuttare contro i rossoneri tre giorni dopo. Il primo tempo della gara di ripetizione si concluse con un Vidal veloce e pronto nelle conclusioni pur se poco servito dai compagni; al ritorno dagli spogliatoi, al primo minuto del secondo tempo, su lungo lancio di Pantaleoni, Vidal scattò a rete in solitudine: giunto al limite dell’area fece per tirare quando il milanista Ganzer sopraggiunse dietro a lui in recupero… il risultato fu che lo sfortunato uruguayano si fratturò la tibia ed il perone sinistro, la stessa gamba del primo infortunio. Finì così la fugacissima esperienza in biancoblu di Vidal, che durò lo spazio di una sola partita e divenne l’emblema suo malgrado, di una stagione e di un giocatore senza dubbio sfortunati.
Andrea Fazzari