La notte di sabato 9 gennaio 2015 ho appreso dalla tv la triste notizia che l’ex giocatore del Milan, Angelo Mario Anquilletti, ha disputato la sua ultima partita della vita per poi salire nell’Olimpo di uno stadio immaginario riposto nei nostri cuori di sportivi. L’ha fatto con la solita discrezione, nel suo stile di terzino gentiluomo che preferiva velocità e gioco d’anticipo sull’avversario, piuttosto che la marcatura rude.
Tra il 1966 al 1977 con il Milan del ”Paròn” Nereo Rocco e capitan Rivera, l’Anguilla rossonera, come amavano soprannominarlo i tifosi, ha vinto tutto: uno Scudetto, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, due Coppe delle Coppe, e quattro Coppe Italia. Una carriera fatta di 326 partite in Serie A e 41 in B. Nel 1968, pur non scendendo in campo, conquistò con la Nazionale azzurra il Campionato Europeo. “Qual è il ricordo più bello di quando giocava? “, gli chiedeva tempo fa un cronista: “ I due gol con il Levski di Sofia nella Coppa delle Coppe. Non mi sembrava vero.” Angelo Anquilletti lo avevo conosciuto nel 2013 quando si divertiva ancora a calcare il tappeto verde giocando per “Solidarietà è…”, una Onlus di San Giovanni Ilarione in provincia di Verona che aiuta tuttora la missione di Suor Paola in Brasile. S’impegnava, insomma, per beneficenza e per pura passione.
Angelo era una persona socievole dalla battuta facile, affabile, che non faceva pesare con nessuno il suo passato di grande campione; un uomo semplicemente positivo che infondeva subito fiducia e simpatia. Il 21 giugno 2014 era giunto a Thiene con la sua squadra per la partita di beneficenza che avevo organizzato tra “Solidarietà… è” e le vecchie glorie del Thiene nell’ambito della sagra di San Giovanni, patrono della città. Angelo non era sceso in campo perché non se la sentiva. Nonostante ciò, nella serata post partita era rimasto volentieri al ristorante condividendo la goliardica compagnia a cena, gioviale come sempre.
L’ho rivisto poi l‘11 ottobre 2014 a San Giovanni Ilarione in occasione della partita tra la sua squadra “Solidarietà…è” e la NIM, Nazionale Italiana Magistrati, ma oramai aveva già appeso le scarpette al chiodo. La sera, nel dopo partita e verso la fine della cena conviviale, il capitano della NIM, Piero Calabrò, lo ha chiamato al suo fianco e, di fronte al folto grippo di commensali presente, ha tenuto un bel discorso d’elogio alla carriera e all’uomo, donandogli la maglia della Nazionale Magistrati quale tributo d’onore.
Lui ha ringraziando tutti e ha espresso il suo commosso pensiero di commiato. Poi non l’ho più rivisto… Leggendo tra le varie interviste da Anquilletti rilasciate a fine carriera, mi è particolarmente piaciuta quella del giornalista che gli domanda quale sia stata l’espulsione più lunga. Angelo, rispondendo tra il meravigliato e fatalista, disse compiaciuto: “Nessuna espulsione, io credo di essere stato uno dei pochi giocatori che non è mai stato né ammonito né squalificato. Forse, vanto quel record lì.”
Per me è stato davvero un onore incontrare un campione genuino come Anquilletti e qualche sera limpida di questo inverno caratterizzato da un virus che fa riflettere, scrutando in cielo dentro il mio campo visivo e con lo sguardo nostalgico, cerco la stella da record che più d’ogni altra brilla.
Giuseppe (Joe) Bonato