Per gli appassionati di calcio meno fanatici il nome di Adriano Lombardi viene associato alla vicenda di un documento di identità misteriosamente sparito prima di un Milan-Avellino, stagione 1978-’79, oppure, più tristemente, a quello dell’ennesimo sportivo da aggregare alla penosa lista delle vittime del morbo di Lou Gehrig.
Eppure Adriano Lombardi è stato soprattutto uno di quei fuoriclasse di provincia capaci di illuminare l’erba dei campi da gioco meno celebrati dai media, ma forse proprio per questo teatri di scontri più accesi e veraci. Un protagonista del calcio degli anni Settanta, capace di portare classe ed eleganza in categorie da corsa e pedate negli stinchi, improvvisi guizzi di luce su ghiaccio e fango. Un esempio di personalità, rigore e carattere tanto da guadagnarsi la stima e il rispetto di compagni, avversari, tifosi e allenatori. E se il Partenio porta oggi il nome di quel “Rosso” partito dalla lontana Ponsacco un motivo ci sarà. Campionato 1978-’79, l’esordio in Serie A dell’Avellino a San Siro contro il Milan. Scelta la formazione da mandare in campo, il tecnico irpino Rino Marchesi affida il numero dieci sulle spalle di Lombardi, con conseguente distinta consegnata all’arbitro Mattei di Macerata.
Poiché non ci sono ancora i cartellini federali (non ancora pervenuti alle società) la distinta è compilata tramite documenti d’identità, manca, però, quello di Lombardi: “L’avrete voi”incalza il “Rosso di Ponsacco” nei confronti di Stazi (dirigente accompagnatore) che ribatte: “Te l’abbiamo restituito“. Mentre la polemica interna resta, bisogna trovare una soluzione. Negli spogliatoi si presenta un notaio di Avellino per il riconoscimento, ma non può testimoniare perché fuori dal distretto di competenza. Nel concitato pre-match si cerca anche una polaroid in modo da preparare una foto per chissà quale documento.
Lombardi perde la pazienza. Mattei è inflessibile e, secondo la Gazzetta dello Sport, dichiara: “Lombardi, la conosco benissimo, però a norma di regolamento senza un documento ufficiale di riconoscimento non posso autorizzarla ad andare in campo”. Nascono contraddizione e smentite. La lega, in una comunicazione del 26 luglio 1978, scrive: “Per i giocatori sprovvisti di tessera federale e di un documento d’identità è necessario, sempre che gli stessi siano riconosciuti personalmente dall’arbitro, una dichiarazione scritta dell’arbitro stesso”.. Se Mattei ha veramente detto tale frase a Lombardi, avrebbe dovuto, e potuto, farlo giocare tramite una sua dichiarazione. Lombardi non gioca, si parla addirittura di una ripetizione della gara in quanto l’Avellino, forzatamente, ha dovuto rinunciare al suo capitano.
La società, volontariamente, non attua nessun ricorso; Arcangelo Iapicca, al termine della gara, commenterà: “Siamo sportivi e accettiamo il verdetto del campo”. Per la cronaca il Milan vinse 1-0 con rete di Buriani all’80’. Lombardi ha vestito la maglia dell’Avellino dal 1975 al ’79, e soprattutto fa parte di quella squadra, che nonostante i grandi mezzi economici, riuscì a conquistare la promozione in Serie A nella stagione 1977-’78.
Nato a Ponsacco (Pisa) il 7 agosto del 1945, mosse i suoi primi passi da calciatore nelle giovanili della Fiorentina. Dopo una prima esperienza a Cesena (C, 1965), indossò le maglie di varie formazioni, con le maggiori soddisfazioni ottenute con quelle di Piacenza e Como, con le quali vinse rispettivamente un campionato di C (1968-’69) ed uno di B (1974-’75). Senza debuttare in A, fu ceduto dai lariani all’Avellino nella sessione autunnale del 1975.
In Irpinia restò fino al 1979 (121 presenze e 13 gol complessivi), togliendosi la soddisfazione di vincere da protagonista il torneo cadetto nel 1977-’78 e di debuttare finalmente in Serie A (alla veneranda età di 33 anni) nella stagione successiva. Il tutto con la fascia da capitano al braccio. Nel 1979 salutò il mondo biancoverde per far ritorno al Como, con il quale vinse un nuovo campionato di B e dal quale si congedò dopo altre due stagioni vissute nella massima serie. Chiuse la sua carriera da calciatore nel 1983 in Svizzera con la maglia del Chiasso.
Appesi gli scarpini al chiodo intraprese, proprio sulla panchina del club svizzero, la carriera da allenatore, che toccò il suo punto massimo con la vittoria del campionato di Serie C alla guida della Casertana (1990-’91).
Anche da tecnico le strade di Lombardi si incrociarono con quelle dell’Avellino. In ben tre occasioni.
La prima in B nel 1989-’90 quando, chiamato a sostituire Nedo Sonetti, traghettò la squadra verso una faticosa salvezza.
La seconda in C nel 1992-’93, guidando la squadra per tutta la stagione (record vista l’instabilità della panchina biancoverde in quel periodo) fino al sesto posto finale. La terza e ultima sempre in C nel 1997-’98. Subentrato a Roberto Morinini all’inizio del girone di ritorno fu poi sostituito, nonostante il buon lavoro svolto, dal vulcanico presidente Antonio Sibilia con Aldo Cerantola a due giornate dalla fine di quel torneo. Chiuse la sua carriera da allenatore alla guida della Turris nel 2001, alla comparsa dei primi segnali della malattia.
La terribile Sla, sclerosi laterale amiotrofica, con la quale Lombardi, nominato nel frattempo presidente onorario dei Lupi, ha combattuto ardentemente da capitano coraggioso prima di arrendersi nella “sua” Mercogliano il 30 novembre 2007.
Nel 2008, ad un anno dalla scomparsa, il club biancoverde ritirò la sua maglia numero 10. Nel giugno del 2011, in occasione di una sfida amichevole tra vecchie glorie di Avellino e Fiorentina, ci fu invece la cerimonia di intitolazione dello stadio Partenio.