Undici mesi. Dal 17 agosto al 16 luglio. Una Liga così lunga, anomala e complicata non era mai stata giocata. La pandemia di coronavirus ha reso il titolo numero 34 del Real Madrid il più speciale, e non solo per le circostanze. Confermando anche che alcuni dei vecchi valori bianchi (solidarietà, sacrificio, spirito di squadra) fanno di una squadra la squadra campione. La sfida di Zinedine Zidane è stata molto più grande di quella che ha affrontato quando aveva assunto la squadra per la prima volta. Ha preso in mano un gruppo senza fiducia. Tuttavia, la deludente (nella migliore delle ipotesi) stagione precedente ha lasciato dubbi sullo scheletro della squadra. Courtois, Marcelo, Modric, Kroos, Bale …
L’allenatore francese ha investito in quasi tutti e il risultato è stato eccezionale, anche se gli inizi non sono stati facili. Sembra molto distante il 17 agosto a Balaídos, con l’espulsione di Modric secondo le nuove regole , e il grande gol di Kroos da una lunga distanza. Una vittoria senza continuità, perché la squadra mancava di coerenza. Con Gareth Bale e James Rodríguez in lista, nonostante il giudizio negativo dell’allenatore, il Madrid ha rischiato di pareggiare le partite perché non erano serrati in difesa. Nella prima fase Eden Hazard e Luka Jovic avrebbero sovuto fare la differenza.
Per qualità e investimenti. Il primo a causa di infortuni e il secondo a causa della mancanza di adattamento, non hanno invece avuto una partecipazione rilevante. Ferland Mendy, al contrario, ha contribuito positivamente grazie alla sua esuberanza fisica.
La sconfitta per 1-0 a Maiorca è stata un cardine in questa stagione. Scatenò lo sdegno di molti tifosi madrileni. Da allora e fino a febbraio, il Madrid non è rientrato nella Liga, concatenando vittorie convincenti (come il 2-1 a Siviglia) e pareggi di spessore, ma valutati deludenti (1-1 al Mestalla, 0-0 nel Clásico e 0-0 contro l’Athletic).
L’inizio di febbraio ha portato in dote il derby, con il Cholo al Bernabéu. Un fulmine tra Mendy e Vinícius incoronato da Benzema, sempre più leader del gruppo, ha posto fine alla striscia dell’argentino a Concha Espina. Non era abbastanza. Alcune settimane dopo, contro il Levante il Real ha raccolto la seconda sconfitta.
Con un gioco migliore rispetto a Maiorca, anche con alcune controversie arbitrali. Poca giustificazione per un’altra grande delusione. Quella sconfitta ha reso imprevedibile il Clásico, con il Barcellona alla ricerca di una reazione dopo essere caduto in Supercoppa e aver licenziato Valverde. Setien, un apostolo del Cruyffism e custode dello stile, è apparso come la minaccia perfetta. Madrid è emersa lucente, tirata a lustro per le grandi serate, capace di saper soffrire nei momenti di un Barça brillante e lo ha dominato in maniera chiacciante nel secondo tempo. Vinícius e Mariano hanno segnato per una vittoria indiscutibile, che ha portato il Real al comando. Durato una settimana. Nella peggior partita dell’annata, contro il Betis a Villamarín, la sconfitta per 2-1 ha restituito la leadership al Barça e i dubbi ai tifosi dei Blancos. La chiusura di tutte le attività a causa della diffusione del coronavirus ha csotretto il mondo nelle case durante due mesi di incertezza, terrore e morte. È stata considerata la possibilità di terminare la competizione, come è stato fatto in altri sport in altri paesi. Ma prima di prendere decisioni irrevocabili, si è deciso di attendere l’evoluzione della pandemia. La graduale riduzione delle infezioni ha permesso alla vita di riprendersi a poco a poco, e con essa prima sessioni individuali di allenamento, poi in piccoli gruppi, con una data che all’inizio sembrava impossibile: il 12 giugno, sempre a porte chiuse.
Il Real Madrid ha fatto molto bene in quei mesi difficili. Nel post lockdown è stato il migliore senza discussione, con vittorie, con una solidità che non veniva ricordata da tempo, sprigionando una grande forza collettiva. Naturalmente, nello sforzo globale Sergio Ramos è apparso come il leader. Il capitano è diventato il difensore con il punteggio di rendimento più alto della storia ed è stato in grado di trasferire la sua gerarchia in tutti i settori del campo. Al suo fianco, un blocco irreprensibile nella fase difensiva, con Courtois, Varane, Carvajal e Casemiro come inseparabili. Sapevano isolarsi dal rumore, a volte insopportabile, dalle decisioni arbitrali e dalle azioni riviste al Var.
Il Real Madrid ha mostrato forza e versatilità. Ha vinto con gli estremi come con cinque centrocampisti. Se dovessimo scegliere un giocatore-simbolo, allora non abbiamo alcun dubbio nell’indicare Karim Benzema, che senza Ronaldo ha finalmente potuto prendersi la scena tutta per sè. Attaccante, anzi, giocatore totale: primo difensore sui tiri piazzati, centrocampista aggiunto in fase di non possesso e straordinario finalizzatore. Autore di una stagione super.
Il team di Zidane ha dimostrato di essere la squadra migliore e il gruppo più forte, fisicamente e psicologicamente. Lo ha fatto sull’erba. Fu ripetuto come un mantra al tempo del dominio del Barça che la Liga incorona il migliore. Bene, quello questa volta è il Real Madrid. Il migliore.
Mario Bocchio