Nato a Spalato il 22 Marzo del 1953 e cresciuto nella squadra della sua città, Ivica Surjak, debuttò nel massimo campionato slavo a soli 17 anni. Ragazzone dal fisico imponente (190 cm), ma con piedi e testa da centrocampista, era dotato di un sinistro di rara precisione e potenza, grazie al quale riusciva a disegnare traiettorie imprendibili sui calci piazzati.
Surjak (a destra), capitano della Jugoslavia, saluta Dino Zoff prima della gara contro l’Italia del 1978.
Autentico leader e fantasista sopraffino fu, per tutti gli anni settanta, il cardine attorno al quale si costruì l’Hajduk di Spalato che conquistò tre campionati (’74-’75-’79) e cinque coppe nazionali (’72-’73-’74-76-’77) in soli sette anni; inoltre, fu eletto miglior calciatore slavo del 1976.
Surjak nel Paris Saint Germain.
Nel 1981, dopo 10 stagioni, 272 presenze e 52 reti con la maglia dell’Hajduk, si trasferì al Paris Saint Germain; a 28 anni era ormai un giocatore completo, esperto, abile nel gestire le partite e capace di sbloccare il risultato in un qualsiasi momento con una delle sue “bordate” da fuori.
Nell’estate del 1982, con gli Azzurri freschi di titolo mondiale, l’Italia era una meta gradita a tutti i calciatori stranieri e quando l’Udinese si fece avanti per assicurarsi le prestazioni dello slavo, Ivica non esitò un secondo e firmò immediatamente il contratto che lo avrebbe legato ai friulani.
Non risentì minimamente dell’impatto con il campionato italiano e, anzi, offrì fin da subito ottime prestazioni distinguendosi per la capacità di smistare palloni illuminando il gioco; c’era solo una cosa gli riusciva meno bene del solito: i calci piazzati.
Infatti, troppo spesso le sue punizioni si infrangevano sulla traversa, troppo spesso rispetto agli anni precedenti e troppo spesso rispetto a quanto gli succedeva in allenamento, inoltre, questa singolare tendenza sembrava notevolmente accentuarsi quando giocava al Friuli.
Nell’ Udinese 1982-’83.
Casualità?…sfortuna?…tensione?…potevano essere tutte motivazioni plausibili, ma nessuna di essa rispondeva a pieno alla domanda…perché sempre al Friuli?
Sul momento non fu dato molto peso alla questione, ma quando i legni colpiti dallo slavo iniziarono ad essere un numero considerevole, la domanda iniziò a ronzare anche nella testa Mr. Ferrari…perché sempre al Friuli?
Dopo aver attentamente valutato tutte le possibili cause e non essere riuscito a trarre nessuna conclusione plausibile, Mr. Ferrari, decise di tagliare la testa al toro e, anche se la cosa poteva sembrare strana e stupida da fare, mandò uno dei suoi collaboratori a misurare l’altezza delle porte.
Quando, poco dopo, gli venne comunicato che erano 4/5 cm più basse della misura regolamentare, lo stupore si manifestò sul suo viso e subito dopo si tramutò in paura, perché se la notizia fosse trapelata l’Udinese sarebbe quasi sicuramente incorsa in sanzioni disciplinari.
Il tecnico friulano Enzo Ferrari.
Il problema fu immediatamente ovviato e quando la notizia iniziò a venir fuori, ormai si trattava di una tesi del tutto indimostrabile.
L’Udinese chiuse quel campionato con un ottimo sesto posto, che significava che l’obiettivo della società, abbandonare i bassifondi della classifica in cambio di posizioni più dignitose, era stato perfettamente raggiunto. Surjak contribuì in modo decisivo al conseguimento di quel risultato e il suo apporto sarebbe stato anche maggiore se solo le porte avessero avuto l’altezza regolamentare fin dall’inizio.
In ogni caso, questo curioso e singolare aneddoto, non fa altro che avvalorare la precisione e la calibrazione del tiro del buon Ivica, il centrocampista con la dinamite nei piedi, la mezzala dalle lunghe leve, il fantasista con il fisico da stopper!
Il buon risultato conseguito dai bianconeri fece lievitare le ambizioni della società che, nell’estate seguente, si mise sulle tracce di Arthur Antunes de Coimbra in arte Zico, ma la situazione di stallo sul trasferimento del brasiliano creata dalla Lega, oltre a far scendere in piazza i friulani al grido di: “O Zico, O Austria!”, pose Surjak in un limbo d’incertezza…avrebbe dovuto lasciare il posto a Zico, perché all’epoca si potevano avere soltanto due stranieri in squadra, ma sarebbe dovuto restare se, e fino a quando, il trasferimento non si fosse concretizzato.Lo slavo accettò di buon grado questa disagevole situazione ed è alquanto singolare come…beh…questa la raccontiamo un’altra volta…
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