Due capolavori cancellati: quando l’arbitro fermò l’arte del calcio
Dic 2, 2025


Rummenigge e Platini, due gesti irripetibili svaniti nel fischio di Volker Roth: storie di bellezza negata e destini incrociati

Quando la partita Inter-Rangers Glasgow finì, l’arbitro si avvicinò a Karl-Heinz Rummenigge e gli chiese la maglia: voleva regalarla al figlio. Una richiesta paradossale, considerando che pochi minuti prima aveva cancellato una delle prodezze più spettacolari della carriera del tedesco. Rummenigge era salito in aria con una leggerezza quasi acrobatica, la gamba destra protesa verso l’alto come in un salto da meeting olimpico.

La prodezza di “Kalle” vista da un’altra angolazione

Aveva colpito il pallone sopra la testa di un difensore scozzese, emergendo dalla coltre di fumo che allora era la scenografia tipica degli stadi europei. Volker Roth, però, classificò quel gesto come gioco pericoloso. Niente gol, niente gloria.

Come se si potesse andare davanti alla tela di Leonardo e passare una spugna sulla Gioconda appena dipinta.

L’arbitro Volker Roth

Un anno dopo, la scena si ripeté con Michel Platini. In finale di Coppa Intercontinentale contro l’Argentinos Juniors, il francese costruì un’azione degna di un museo: stop di petto, pallonetto a scavalcare Pavoni, sinistro al volo nell’angolo. Un’opera compiuta in tre tocchi, smontata in un istante dallo stesso arbitro, Roth, che ancora una volta vide soltanto un gesto troppo rischioso. Platini rimase immobile, quasi pietrificato, come una scultura che si scopre improvvisamente privata di un pezzo.

La delusione mista ad incredulità di Rummenigge a fine partita

La carriera del tedesco occidentale Volker Roth, nato nell’ex Ddr, nella vita borghese grossista di acciaio e prodotti sanitari, si sarebbe chiusa nel 1986 con un altro episodio destinato a far discutere: un rigore assegnato al Werder Brema al 90’ dell’ultima giornata, fallo di mano dubbio, titolo in bilico.

La celebre risposta di Platini all’annullamento del suo gol

Michael Kutzop, infallibile specialista, calciò fuori. Il destino del campionato cambiò lì, e con esso il corso della sua vita: dopo il ritiro, sarebbe tornato all’azienda di famiglia, dove ha lavorato fino alla morte, quasi un anno fa.

Due gol che non esistono nei tabellini, ma che continuano a vivere nel racconto di chi ama il calcio come un’arte fragile, esposta ai fischi del caso.

Mario Bocchio

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