Dynamo contro Dynamo: la guerra fredda del calcio nella DDR
Giu 8, 2025

Tra campi, potere e passione. Dresda, un qualsiasi inverno degli anni ‘80. Il cielo è basso e grigio, la nebbia avvolge il Rudolf-Harbig-Stadion come un mantello. I tamburi battono lenti, quasi a scandire una marcia. In campo, però, non c’è nulla di lento: c’è tensione, muscoli tesi, occhi stretti e un odio silenzioso che si taglia con il coltello. È il giorno della sfida più sentita della Oberliga, il campionato della DDR: Dynamo Dresda contro Dynamo Berlino.

La Dynamo Dresda nel 1982

Due nomi identici, un’anima divisa. Entrambe le squadre portano lo stemma della “SG Dynamo”, la polisportiva legata alla polizia e alla Stasi. Ma se Dresda era la figlia del popolo, con radici profonde nell’Est operaio e nei quartieri popolari, Berlino Est era la prediletta del potere, l’arma sportiva di Erich Mielke, onnipotente capo della Stasi. Il calcio non era solo sport: era politica, propaganda, potere.

La “rosa” della Dynamo Berlino nel 1985

Un derby che derby non era. Non si trattava di una rivalità cittadina. Non era un classico derby, ma aveva la carica di una guerra civile: la DDR contro sé stessa. Da una parte, i gialloneri di Dresda, amati in tutta la Sassonia, seguiti da tifosi fieri e rumorosi. Dall’altra, i rosso-granata di Berlino, sostenuti artificialmente dal regime, spesso accusati (non a torto) di vincere con l’aiuto degli arbitri e dei “consigli” della Stasi.

Il potentissimo Erich Mielke, capo della Stasi e tifoso e “protettore” della Dynamo Berlino

Tra il 1979 e il 1988, Dynamo Berlino vinse dieci titoli consecutivi. Una striscia sospetta. Troppo regolare. Troppo “perfetta”. Nel 1978 la Dynamo Dresda aveva vinto il titolo, a Mielke non era andato giù. Grugnì livoroso: “Godetevelo pure, perché sarà l’ultimo”.

Dresda, che negli anni ‘70 era stata regina con i suoi campioni popolari come Hans-Jürgen Kreische e Dixi Dörner, si ritrovava a rincorrere, spesso tra polemiche e decisioni arbitrali dubbie.

Un fotogramma delle tante sfide tra le due Dynamo della DDR

Il 1986 fu l’anno dell’apice della spudoratezza dei berlinesi. Dresda sino alla fine del girone d’andata riuscì a conservare le speranze scudetto, poi calò. Il Lokomotive Lipsia arrivò secondo con due punti di distacco dalla Dynamo Berlino. Il 22 marzo c’era stato lo scontro diretto: i berlinesi stavano perdendo per via del gol di Olaf Marschall, ma pareggiarono con un calcio di rigore ottenuto a tempo di recupero abbondantemente scaduto. Montò la protesta in tutta la Germania dell’Est. Il regime aveva fatto la sua parte.


Ma in campo non c’erano solo calciatori. C’erano storie. C’erano uomini che sapevano di essere pedine. Alcuni, come il portiere Jens Ramme di Dresda, confessarono anni dopo le pressioni subite. Altri rimasero zitti, prigionieri di una maglia pesante come una divisa.

Una fase di gioco del controverso incontro tra Lokomotive Lipsia e DYnamo Berlino del 22 marzo 1986, il cui risultato (1-1 con la Dynamo Berlino che segnò un rigore concesso a tempo già scaduto) risulterà determinante per il verdetto finale del campionato



Ogni Dynamo-Berlino contro Dynamo-Dresda era un atto teatrale di un dramma più grande: la frattura tra consenso e imposizione, tra il tifo spontaneo e il potere costruito a tavolino.

Con la caduta della DDR nel 1989, tutto cambiò. La Dynamo Berlino, privata del suo scudo invisibile, sprofondò nelle serie inferiori. La Dynamo Dresda, invece, con l’amore ancora vivo dei suoi tifosi, riuscì ad approdare alla Bundesliga per qualche stagione. E non a caso fu il primo club della DDR a vincere l’Oberliga nel 1990 dopo la caduta del Muro.



Ma ogni volta che le due squadre si incontrano ancora oggi – magari in coppa, magari tra i fantasmi delle categorie minori – quel passato ritorna. Ritorna nei cori, nei ricordi, negli sguardi.

Perché una Dynamo è stata del regime, l’altra del popolo. Ma entrambe sono state l’anima contraddittoria della DDR.

Mario Bocchio

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